31 Agosto 2019 – Sabato, XXI del Tempo Ordinario – (1Ts 4,9-11; Sal 97[98]; Mt 25,14-30) – I Lettura: “L’amore fraterno, nell’ambito della comunità cristiana non è il risultato di un codice di comportamento, né tanto meno un insieme di buone maniere. Al contrario, l’amore cristiano, quello autenticamente teologale, non viene dal basso ma dall’alto; lo slancio dell’amore fraterno deriva essenzialmente da una spinta interna prodotta nel cuore umano dallo Spirito di Dio” (Cuffaro). Vangelo: Nella parabola dei talenti è chiaro il riferimento dei diversi personaggi. Gesù è l’uomo che intraprende il viaggio, i servi i credenti, i talenti il «patrimonio del padrone dato da amministrare in proporzione diverse “a ciascuno secondo le sue capacità”» (Clara Achille Cesarini). Non è degno del premio celeste chi non sente la responsabilità di far crescere il regno. L’inattività del servo malvagio, alla fine della vita, sarà giudicata con severità.
Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli rispose il padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
Riflessione: «Sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto». Una delle cose che maggiormente risalta nella parabola riportata oggi dalla Liturgia della Parola è lo stretto rapporto tra fedeltà e potere. Gesù sottolinea spesso che per essere fedeli nel molto, bisogna anzitutto essere fedeli nel poco, per avere autorità sul molto, bisogna anzitutto imparare ad imporsi sulle piccole cose. Cosa significa? Partiamo dalla fedeltà: se non riesco ad essere fedele nei piccoli impegni, se non educo la mia coscienza a rispettare le piccole promesse fatte, i piccoli fioretti decisi, inutile illudersi di essere fedeli agli impegni più grandi. La fine che faremo sarà simile a quella dell’Apostolo Pietro che pensava di rimanere fedele a Cristo al punto da dare la vita per lui e invece non riuscì a rimanere col Maestro nemmeno per fargli un po’ di compagnia nel Getsemani. È così con il potere, cioè con la capacità di comandare e sottomettere le forze della natura: anche qui vi è una questione di proporzione. Se infatti non sono capace di gestire un istinto, un rancore, un sentimento, se non riesco ad impormi su quanto deciso non permettendo al mio carattere, alla mia superficialità o condizionamenti esterni di stravolgere tutto… come posso mai pensare di poter spostare le montagne, di sconfiggere i vizi, di superare gli ostacoli della vita o la purificazione della croce?
Santo del giorno: 31 Agosto – San Domenico del Val Chierichetto, martire: “Di questa figura abbiamo solo la certezza del culto, leggendario tutto il resto.
Nato a Saragozza nel 1243, da una famiglia nobile – il padre, che era devoto di San Domenico, era il Notaio della Cattedrale – il bimbo cresceva in grazia e bontà e venne presto ammesso alla schiera dei chierichetti della Cattedrale. Nel Giovedì Santo del 1250 nella chiesa si celebrava la Passione di Cristo e Domenichino, finite le funzioni, si avviò per tornare a casa, ma in quel periodo lotte fratricide di religione dividevano i cristiani e i loro fratelli maggiori, gli ebrei. Un gruppo di israeliti lo rapirono e lo portarono sulle sponde dell’Ebro.
Spogliato e vituperato, egli invocava il nome di Gesù e come Gesù egli venne crocifisso su un muro e gli venne inferta anche una ferita al costato. Il piccolo martire morì lentamente e i suoi assassini, quando si accorsero che era ormai morto, lo strapparono dal muro e ne gettarono il corpo nel vicino fiume.
Intanto i genitori lo cercavano disperati ma lo trovarono solo quando un pescatore, abbagliato da una luce che splendeva sulle acque, avvicinatosi con la barca, trovò il piccolo corpo del martire. Domenichino venne ben presto onorato in tutta la Spagna, diventando patrono degli scolari e dei chierichetti.
In altri tempi nel giorno della sua festa, i fanciulli potevano adornare la Cappella in cui era sepolto e offrire ai canonici, sopra un piatto d’argento, dei fiori, simbolo della purezza del piccolo martire; poi presentavano le sue reliquie alla venerazione e al bacio dei devoti. L’urna passava per la città portata a spalla dai chierichetti e l’arcivescovo di Saragozzza accoglieva le reliquie e dopo forniva ai fanciulli un rinfresco e regalava loro 50 ducati per le spese sostenute per la festa.
Non molti anni dopo il martirio, una sera, in un angolo della Cappella del piccolo Santo, un uomo era seduto cupo, solo e piangeva ininterrottamente. Quell’uomo era uno degli ebrei che avevano ucciso il piccolo, il più feroce. Il ricordo di quella sera non lo aveva mai abbandonato e rivedeva chiaramente tutta la scena. Chiedeva grazia a quel piccolo martire con tutto il suo cuore e San Domenichino gli diede la forza di confessare apertamente la sua colpa, di convertirsi al Cristianesimo, ottenendo il perdono del suo atto inumano” (Patrizia Fontana Roca).
Preghiamo: O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…