14 Agosto 2019 – Mercoledì, XIX del Tempo Ordinario – S. Massimiliano Maria Kolbe (Memoria) – (Dt 34,1-12; Sal 65[66]; Mt 18,15-20) – I Lettura: L’autore del Deuteronòmio delinea brevemente gli ultimi momenti della vita di Mosè e ne approfitta per tracciare, in un quadro geografico ben specifico, i confini di quella terra che Dio aveva promesso agli Ebrei e che ormai, con la morte del profeta, erano in procinto di conquistare. Mosè resta per sempre, fino alla fine, il servo del Signore che grazie alla sua fedeltà, favorisce la salvezza del suo popolo. Vangelo: Nel Vangelo della odierna liturgia, Gesù offre un insegnamento in merito all’uso di certe regole di disciplina comunitaria. Se è facile accorgersi del peccato del fratello, non sempre è semplice correggerlo e comunque mai bisogna giudicarlo. Gesù insegna che chiunque vede un fratello che pecca, debba avvicinarlo a tu per tu per aiutarlo a ravvedersi; se ciò non bastasse lo faccia alla presenza di due o tre fratelli e se non dovesse bastare ancora, in presenza di tutta la comunità. Lo scopo della correzione fraterna è quindi quello di salvare chi pecca, suscitando il dolore per la mancanza commessa, ma il giudizio sul prossimo rimane sempre a Dio.
Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Riflessione: «… dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». È la bellezza della Chiesa, della comunità dei figli di Dio. È la presenza certa e operante di Dio in mezzo a noi. È la gioia dello stare insieme nel nome del Signore: «Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,4-6). Dove si è una sola cosa in Cristo, egli è presente. Ecco perché al cristiano non basta credere in Dio, ma ha bisogno di stare con i fratelli; ecco perché possiamo pregare nel chiuso della nostra stanza, certi che il Padre ci ascolta, ma è necessario alzare la nostra preghiera nell’assemblea affinché sia Cristo a pregare in noi e con noi. Ecco perché ogni azione liturgica è sempre comunitaria, perché Cristo capo e noi sue membra, siamo il Corpo che il Padre ci ha dato per manifestare la sua gloria nel mondo. Ma c’è un’altra meravigliosa presenza di Cristo: egli è presente nei coniugi cristiani, nella famiglia radunata nel nome del Signore. Sposarsi in Chiesa, ricevere il Sacramento delle nozze, non è un semplice documento finalizzato a regolare un’unione di amore. Impariamo, viviamo e testimoniamolo ai nostri giovani: sposarsi in Cristo significa renderlo presente, vivo e operante nelle nostre case, nei nostri figli, nei nostri rapporti, nella nostra vita! Ecco perché la famiglia cristiana è Chiesa domestica, perché essi sono riuniti nel nome del Signore: Gesù è presente nelle nostre case. Viviamo e testimoniamo questa bella realtà!
Santo del giorno: 14 Agosto – San Massimiliano Maria (Rajmund) Kolbe, Sacerdote francescano, martire: Massimiliano Maria Kolbe nasce nel 1894 a Zdunska-Wola, in Polonia. Entra nell’ordine dei francescani e, mentre l’Europa si avvia a un secondo conflitto mondiale, svolge un intenso apostolato missionario in Europa e in Asia. Ammalato di tubercolosi, Kolbe dà vita al «Cavaliere dell’Immacolata», periodico che raggiunge in una decina d’anni una tiratura di milioni di copie. Nel 1941 è deportato ad Auschwitz. Qui è destinato ai lavori più umilianti, come il trasporto dei cadaveri al crematorio. Nel campo di sterminio Kolbe offre la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Muore pronunciando «Ave Maria». Sono le sue ultime parole, è il 14 agosto 1941. Giovanni Paolo II lo ha chiamato «patrono del nostro difficile secolo». La sua figura si pone al crocevia dei problemi emergenti del nostro tempo: la fame, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte.
Preghiamo: O Dio, che hai dato alla Chiesa e al mondo san Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e martire, ardente di amore per la Vergine Immacolata, interamente dedito alla missione apostolica e al servizio eroico del prossimo, per sua intercessione concedi a noi, a gloria del tuo nome, di impegnarci senza riserva al bene