Antifona d’ingresso
Sii fedele, Signore, alla tua alleanza, non dimenticare mai la vita dei tuoi poveri. Sorgi, Signore, difendi la tua causa, non dimenticare le suppliche di coloro che t’invocano. (Sal 74,20.19.22.23)
Colletta
Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’e-redità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Oppure:
Arda nei nostri cuori, o Padre, la stessa fede che spinse Abramo a vivere sulla terra come pellegrino, e non si spenga la nostra lampada, perché vigilanti nell’attesa della tua ora siamo introdotti da te nella patria eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Prima Lettura Sap 18,6-9
Come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te.
Il libro della Sapienza offre, nella lettura odierna, una meditazione sull’e-vento della liberazione, intesa come la realizzazione storica delle promesse antiche. L’opera di Dio, che porta Israele verso la libertà, si svolge nella notte, ed è ancora nella notte che si compirà la seconda e definitiva opera di liberazione del popolo, che avrà luogo nella manifestazione escatologica del Messia.
Dal libro della Sapienza
La notte [della liberazione] fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri. Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 32 (33)
Rit. Beato il popolo scelto dal Signore.
Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità. Rit.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. Rit.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. Rit.
Seconda Lettura Eb 11,1-2.8-19
Egli aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
La seconda lettura affronta il tema della fede. La virtù teologale della fede appare come la base necessaria per non “addormentarsi” nel trambusto delle esigenze della vita quotidiana. La fede è quello stimolo continuo che tiene svegli, perché ci rende sicuri di ottenere ciò che speriamo. I patriarchi, a cui si riferisce l’autore della lettera, vissero e morirono nella fede, come dimostra il fatto che non desiderarono di ritornare alla terra di origine, ma restarono in attesa di qualcosa di migliore, ossia della patria Celeste.
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo. Parola di Dio.
Canto al Vangelo Mt 24,42a.44
Alleluia, alleluia.
Vegliate e tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Alleluia.
Vangelo Lc 12,32-48
Anche voi tenetevi pronti.
Nel brano evangelico, il discorso di Gesù si apre con un chiaro invito ad alienarsi dai beni terreni, a cui il cuore dell’uomo è ordinariamente legato. È comunque una verità il fatto che il desiderio produca un legame di dipendenza dalle cose desiderate. Se le cose desiderate si trovano “in basso”, l’uomo si ritrova condizionato dalle cose basse, perdendo la sua libertà; se, invece, le cose desiderate si trovano “in alto”, l’uomo riacquista la sua libertà, perché l’uomo è sollevato verso l’alto dai suoi stessi desideri. In questo senso, Gesù invita i suoi discepoli ad accumulare tesori in cielo, cioè a desiderare le cose di lassù, perché l’opera divina della santificazione dell’uo-mo inizia dal desiderio.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Parola del Signore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
La notte [della liberazione] fu preannunciata – Giovanni Paolo II (U-dienza Generale, 23 gennaio 2003): La sapienza è come una lampada che illumina le nostre scelte morali di ogni giorno e ci conduce sulla retta via, a «conoscere che cosa è gradito agli occhi del Signore e ciò che è conforme ai suoi decreti» (cfr Sap 9,9). Per questo la Liturgia ci fa pregare con le parole del Libro della Sapienza all’inizio di una giornata, proprio perché Dio con la sua sapienza sia accanto a noi e «ci assista e affianchi nella fatica» quotidiana (cfr Sap 9,10), svelandoci il bene e il male, il giusto e l’ingiusto. Con la mano nella mano della Sapienza divina noi ci inoltriamo fiduciosi nel mondo. A lei ci aggrappiamo, amandola di amore sponsale sull’esempio di Salomone che, sempre secondo il Libro della Sapienza, confessava: «Questa (cioè la sapienza) ho amato e ricercato fin dalla mia giovinezza, ho cercato di prendermela come sposa, mi sono innamorato della sua bellezza» (Sap 8,2).
Abramo “padre di tutti i credenti” – CCC 145: La lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede degli antenati, insiste particolarmente sulla fede di Abramo: «Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava» (Eb 11,8). Per fede soggiornò come straniero e pellegrino nella Terra promessa. Per fede Sara ricevette la possibilità di concepire il figlio della Promessa. Per fede, infine, Abramo offrì in sacrificio il suo unico figlio.
La fede – Catechismo degli Adulti 87-88: La fede è atteggiamento esistenziale: ci dà la convinzione di essere amati, ci libera dalla solitudine e dall’angoscia del nulla, ci dispone ad accettare noi stessi e ad amare gli altri, ci dà il coraggio di sfidare l’ignoto… Credere è aprirsi, uscire da se stessi, fidarsi, obbedire, rischiare, mettersi in cammino verso le cose «che non si vedono» (Eb 11,1), andare dietro a Gesù «autore e perfezionatore della fede» (Eb 12,2). È assumere un atteggiamento di accoglienza operosa, che consente a Dio di fare storia insieme a noi, al di là delle umane possibilità.
La fede dono di Dio – Catechismo degli Adulti 90-91: La fede è dono dello Spirito Santo, che la previene, la suscita, la sostiene, l’aiuta a crescere. È lui che illumina l’intelligenza, attrae la volontà, rivolge il cuore a Dio, facendo accettare con gioia e comprendere sempre meglio la rivelazione storica di Cristo, senza aggiungere ad essa nulla di estraneo. Qualcuno potrebbe pensare: se la fede è un dono, forse io non l’ho ricevuto ed è per questo che non credo. C’è da dire, anzitutto, che i confini tra fede e incredulità nel cuore delle persone non sono ben marcati, un po’ come in quell’uomo che diceva a Gesù: «Credo, aiutami nella mia incredulità» (Mc 9,24). I credenti sono tentati di non credere e i non credenti sono tentati di credere. Qualcuno pensa di non credere e invece crede, almeno a livello di disponibilità e adesione implicita; altri pensano di credere e invece danno soltanto un’adesione teorica, senza vita.
La vigilanza – CCC 2730: Positivamente, la lotta contro il nostro io possessivo e dominatore è la vigilanza, la sobrietà del cuore. Quando Gesù insiste sulla vigilanza, essa è sempre relativa a lui, alla sua venuta nell’ul-timo giorno ed ogni giorno: «Oggi». Lo Sposo viene a mezzanotte; la luce che non deve spegnersi è quella della fede: «Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto”» (Sal 27,8).
È il momento della fede pura – CCC 2731: Un’altra difficoltà, specialmente per coloro che vogliono sinceramente pregare, è l’aridità. Fa parte dell’orazione nella quale il cuore è insensibile, senza gusto per i pensieri, i ricordi e i sentimenti anche spirituali, che rimane con Gesù nell’agonia e nella tomba. «Il chicco di grano, […] se muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Se l’aridità è dovuta alla mancanza di radice, perché la parola è caduta sulla pietra, il combattimento rientra nel campo della conversione.
Preghiera dei Fedeli (proposta)
Fratelli e sorelle, chiediamo a Dio di darci un cuore vigilante e una fede grande per ascoltare e obbedire alla sua parola, forti nella speranza della sua venuta. Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore!
– Per la Chiesa e i suoi pastori: perché siano vicini ai morenti, con il conforto della Parola e il dono dei sacramenti. Preghiamo. Rit.
– Per i cristiani che dimenticano la loro fede: tra le preoccupazioni, la fretta, il denaro, non si dimentichino che sono in cammino verso Dio. Preghiamo. Rit.
– Per i malati e i sofferenti: li aiuti ad avere una serenità profonda il pensiero che stiamo andando verso Dio, e che, qualunque cosa ci capiti, siamo nelle sue mani. Preghiamo. Rit.
– Per la nostra comunità cristiana: sia vigile, attenta nel servizio ai bisognosi, e un segno del ritorno di Gesù tra gli uomini. Preghiamo. Rit.
Celebrante: Padre, tu sei presente in mezzo a noi. Tu ci ascolti. Il tuo regno cresca sempre più nei nostri cuori che si sforzano di essere attenti e aperti alla parola di tuo Figlio, che vive e regna nei secoli dei secoli.
Preghiera sulle offerte
Accogli con bontà, Signore, questi doni che tu stesso hai posto nelle mani della tua Chiesa, e con la tua potenza trasformali per noi in sacramento di salvezza. Per Cristo nostro Signore.
Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario VII (proposta)
La salvezza nell’obbedienza di Cristo.
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno.
Nella tua misericordia hai tanto amato gli uomini
da mandare il tuo Figlio come Redentore
a condividere in tutto, fuorché nel peccato,
la nostra condizione umana.
Così hai amato in noi ciò che tu amavi nel Figlio
e in lui, servo obbediente,
hai ricostituito l’alleanza
distrutta dalla disobbedienza del peccato.
Per questo mistero di salvezza,
uniti agli angeli e ai santi,
cantiamo con gioia
l’inno della tua lode: Santo…
Antifona alla comunione
Gerusalemme, loda il Signore, egli ti sazia con fiore di frumento. (Sal 147,12.14)
Oppure:
“Siate sempre pronti: simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze”. (Lc 12,35-36)
Preghiera dopo la comunione
La partecipazione a questi sacramenti salvi il tuo popolo, Signore, e lo confermi nella luce della tua verità. Per Cristo nostro Signore.
Un po’ di pane per camminare
Il tema attorno a cui ruotano tutte e tre le letture di questa XIX Domenica dell’Anno C è la retribuzione divina che avrà luogo in un giudizio finale, dove ciascun essere umano scoprirà l’effettivo valore della propria esperienza terrena.
Il brano evangelico è tratto da Lc 12, un capitolo alquanto composito, dove Gesù si trova davanti ad un’immensa folla e la ammaestra con vari argomenti. Le varie pericopi che compongono il testo odierno possono essere accomunate tutte sotto il tema dell’attesa di colui che deve tornare: lo sposo!
“Non temere, piccolo gregge”. Il verbo di apertura del discorso di Gesù è un medio imperativo presente negativo, al quale andrebbe dato questo senso: “Nel vostro interesse non continuate ad avere paura”. Questo tema era già presente all’inizio di Lc 12: “Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo” (Lc 12,4). La paura è il contrario della fede (Lc 8,24s.50). Il timor di Dio, principio di sapienza, è il tener conto della sua paternità nella propria vita quotidiana.
“Piccolo gregge”. Il popolo d’Israele è presentato spesso con la metafora del gregge. Essa sottintende che il pastore è Dio, che si prende cura del suo popolo (cfr Is 40,11). Parlando di «piccolo gregge» (12,32) Gesù ha in mente i discepoli.
In altri passi del NT (cfr At 20,28) il termine indica la Chiesa ed è usato per richiamare le responsabilità “pastorali” dei capi delle comunità. Per escludere ogni trionfalismo, il detto definisce il gregge che riceve il regno come doppiamente piccolo: con l’aggettivo “mikron – piccolo”, e col diminutivo “poím-nion – piccolo gregge”, che andrebbe tradotto alla lettera: “gregge piccolo piccolo”. “Mê foboũ – Non temere”. La paura e le preoccupazioni sono comprensibili, perché il «piccolo gregge», come il «resto» d’I-sraele, rimane fragile e minacciato.
Ma, più forte delle minacce, la benevolenza divina ha operato il paradosso, il capovolgimento promesso dal Magnificat (cfr Lc 1,49-55). Proprio a questo «piccolo gregge», sottomesso e oppresso, il Padre dà il regno.