luglio, meditazioni

19 Luglio 2019

19 Luglio 2019 – Venerdì, XV del Tempo Ordinario – (Es 11,10-12,14; Sal 115[116]; Mt 12,1-8) – I Lettura: La seguente lettura ci mette dinanzi ad un testo fondamentale che è l’istituzione della Pasqua. Nonostante i tanti prodigi che avevano compiuto Mosè e Aronne, il cuore del faraone rimane ostinato. Questa ostinazione è figura del cammino di liberazione dal peccato verso la grazia, il quale lotta contro Satana che in tutti i modi cerca di non mollare la sua preda. Anche per gli Israeliti la liberazione arriva dopo una lunga lotta contro l’ostina-zione del faraone; solo nella misura in cui vengono liberati posso celebrare il culto. È allora che viene istituita la Pasqua. Il calendario della liturgia ebraica, stabilisce l’inizio dei mesi con l’istituzione di tale festa. Vangelo: Il brano del Vangelo di oggi riporta la prima disputa fra i farisei e Gesù in merito al sabato, il quale era considerato dall’ebreo come segno di alleanza con Dio, quindi lo santificavano vivendo il riposo assoluto. La trasgressione degli apostoli non stava tanto nel fatto di aver raccolto delle spighe in giorno di sabato (il quale era concesso farlo a mani nude), ma che lo fecero utilizzando qualche strumento. Gesù ne approfitta per insegnare che la misericordia è al di sopra del sacrificio: la Legge è fatta per l’uomo e non l’uomo per la Legge.

Il Figlio dell’uomo è signore del sabato Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Riflessione: «Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio». Non basterebbe una vita per contemplare le meraviglie di Dio. Da quelle più naturali e quotidiane (il creato, una bella giornata di sole, il dono della pioggia, i colori e i profumi di un prato, la leggerezza della neve…) a quelle più spirituali e impensabili (la sua misericordia, il suo perdono, la sua divina e reale presenza eucaristica, la grandezza del sacerdozio ministeriale, la certezza della sua fedeltà eterna…). Sì, ribadisco, non basterebbe non solo l’intera vita terrena ma nemmeno l’intera eternità per saziarsi nel contemplare la grandezza di Dio, per terminare le lodi che merita e glorificarlo per ciò che ha compiuto per noi! Eppure quanti lamenti contro di lui, quante ribellioni e perfino bestemmie, quanta disconoscenza, indifferenza e disobbedienza alla sua Parola! Poveri quei Farisei che invece di magnificare Dio per aver avuto la grazia, inutilmente sperata dai loro padri, di vedere, udire e toccare fisicamente il Cristo di Dio, stanno invece lì a borbottare, a criticare, a lamentarsi, a giudicare, a scandalizzarsi! Ma ancor più poveri e meschini noi quando, incapaci di aprirci alla lode, passiamo la nostra vita tra lamenti e inutili agitazioni, tra delusioni e amarezze.

Santo del giorno: 19 Luglio – Sant’Arsenio il Grande, Eremita: “Arsenio era nato a Roma intorno al 354 da nobile famiglia senatoria. Nel 383 l’imperatore Teodosio lo volle a Costantinopoli per affidargli l’educazione dei figli Arcadio e Onorio. Vi restò undici anni, fino al 394, quando in seguito a una profonda crisi spirituale ottenne l’esonero da quell’incarico per ritirarsi nel deserto egiziano. Chiedendo a Dio una sicura via per giungere alla salvezza, una voce misteriosa gli avrebbe risposto: «Fuggi gli uomini». Il quarantenne Arsenio seguì alla lettera il consiglio: sbarcato ad Alessandria d’Egitto, si aggregò alla comunità degli anacoreti di Scete, in pieno deserto. Trascorreva notti intere in preghiera e meditazione: una preghiera fatta più di lacrime che di parole, poiché egli ebbe da Dio il “dono del pianto”. Dal 434 al 450, che si presume sia l’anno della morte, Arsenio dovette vivere lontano dalla tranquilla Scete, invasa da una tribù libica. Morì a Troe presso Menfi. Di lui, oltre a una cronistoria e a sagge massime, riferite da Daniele di Pharan, amico di due discepoli di Arsenio, ci resta addirittura un ritratto in cui appare di bell’aspetto, maestosamente alto e asciutto” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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