luglio, meditazioni

18 Luglio 2019

18 Luglio 2019 – Giovedì, XV del Tempo Ordinario – (Es 3,13-20; Sal 104[105]; Mt 11,28-30) – I Lettura: A Mosè viene fatto il grande dono di conoscere il nome di Dio, nome che esprime la disposizione a consegnarsi all’uomo per comunicare salvezza e liberazione. Nella mentalità ebraica la conoscenza del nome di una persona corrisponde, in un certo senso, ad esercitare un potere su quella persona stessa. La rivelazione del nome è dunque il primo èsodo: prima di invitare Israele a incamminarsi verso la terra promessa, Dio si incammina verso di lui uscendo dal suo mistero. Vangelo: Coloro che erano stanchi e oppressi, lo erano a causa del peso della legge e le varie osservanze farisaiche che venivano loro imposte. I farisei legavano pesanti fardelli alla gente e loro non li toccavano neanche con un dito. Il giogo che offre Gesù non è tanto meno facile e né tanto meno leggero. La differenza sta nel fatto che Lui, per primo, lo ha portato sulle sue spalle e, come seconda cosa, ci promette di riportarlo insieme a noi, non ci lascia soli. Gesù invita a seguirlo perché è lui l’unico che rende tutto più leggero.

Io sono mite e umile di cuore Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Riflessione: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro». “La brevissima pericope evangelica di oggi è un gioiello che si trova solo nel Vangelo secondo Matteo, uno dei brani più consolanti, più incoraggianti e più speranzosi del messaggio di Gesù e dell’esempio della sua vita. Si tratta di un invito; l’invito è indirizzato a quelli che sono affaticati e oppressi, una condizione umana, materiale o spirituale, in cui si può trovare qualsiasi uomo, anche colui che si ritiene il più libero o il più perfetto. La fatica accompagna l’uomo lungo tutta la sua vita, e l’oppressione nelle sue mille forme (morale, psicologica, sociale, familiare), non lascia che l’uomo goda del tutto la perenne libertà a cui è stato chiamato. Per questo l’invito di Gesù è indirizzato a tutti gli uomini di tutti i tempi: un invito meraviglioso, il più necessario di tutti. Gesù ci da il motivo del suo invito: lui stesso ci ristorerà, ci consolerà, ci rinfrancherà. Gesù non dice di imitarlo nella sua carità o nella sua donazione, cosa che ci farebbe vedere la totale sproporzione tra la sua generosità e la nostra meschinità; chiede di seguirlo nella sua umiltà e semplicità, senza pretendere grandi cose o eccelsi traguardi, senza ritenersi troppo perfetti o santi” (Luigi De Candido).

Santo del giorno: 18 Luglio – Sant’Emiliano di Durostoro, Martire: Sant’Emiliano, martire di Durostoro, compare in varie antiche fonti quali il Martirologio Geronimiano, San Girolamo, Teodoreto, la “Cronaca Pasquale” e forse anche Sant’Ambrogio. Esiste una “passio” greca di questo santo la quale, pur non essendo priva di errori ed elementi leggendari, fu redatta basandosi su una più antica e forse contemporanea al santo, dunque essenzialmente attendibile nel racconto delle circostanza in cui avvenne il martirio di Emiliano. Al tempo dell’imperatore Giuliano l’Apostata, nella seconda metà del IV secolo, il vicario Capitolino si recò a Durostoro in Mesia, odierna Silistra in Romania, per farvi eseguire gli ordini imperiali di restaurazione del paganesimo ed a tal fine indisse una festa. Emiliano, figlio del prefetto della città Sabaziano, entrò in tempio incustodito e con un martello ridusse in frantumi la statua del dio pagano e l’altare. Pur di trovare un colpevole per infliggergli una punizione che risultasse per tutti esemplare, fu allora arrestato un contadino che casualmente passava di là, ma Emiliano a tal pnto preferì consegnarsi volontario e confessare di essere lui il colpevole dell’accaduto. Condotto al tribunale di Capitolino, fu crudelmente flagellato e condannato ad essere arso vivo, mentre al padre fu comminata la pena di una libbra d’argento da pagare all’erario per la sua disattenzione verso il figlio. La sentenza fu eseguita fuori città, sulle rive del Danubio, il 18 luglio 362.

Preghiamo: O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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