luglio, meditazioni

6 Luglio 2019

6 Luglio 2019 – Sabato, XIII del Tempo Ordinario – (Gen 27,1-5.15-29; Sal 134[135]; Mt 9,14-17) – I Lettura: Dio sceglie per i suoi progetti coloro che stanno all’ultimo posto, dimostrandosi capace di costruire cose grandi con strumenti deboli: Ismaele, il maggiore, dovette lasciare il diritto di primogenitura ad Isacco; Manasse, invece, ad Èfraim; Israele è scelto da Dio pur essendo il più piccolo di tutti i popoli e Davide è scelto nonostante sia il più piccolo della famiglia. Anche qui Giacobbe, il minore, è scelto da Dio per continuare la linea della benedizione patriarcale data ad Abramo. Vangelo: Con le due immagini, del pezzo di stoffa grezza e del vino nuovo, Gesù ribadisce l’inconciliabilità del suo vangelo con le antiche strutture religiose e il loro contenuto. Il vangelo non può essere una pezza nuova su un vestito vecchio né un vino nuovo messo in un contenitore vecchio. Per questo tutti i tentativi di conciliare la novità del Vangelo con le vecchie strutture del giudaismo o di qualsiasi altra religione sono destinati al fallimento.

Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Riflessione: «Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio». “Perdonare i peccati e accogliere ogni persona nel suo mistero di sofferenza e, persino, di erranza è una radicale novità. Questa novità destabilizza quanti sono abituati alla semplice ripetizione di uno schema in cui tutto è già previsto e inquadrato. Un simile atteggiamento non solo crea imbarazzo, ma sin da subito, diventa motivo di rifiuto. Lo stile con cui Gesù annuncia il Regno di Dio si fonda sulla legge della libertà (cfr. Gc 2,12) che permette un modo nuovo di entrare in relazione con le persone e con le situazioni concrete. Questo stile ha tutto il colore e il sapore di un vino nuovo che però rischia di spaccare i vecchi otri… La similitudine usata dal Signore Gesù è tanto semplice quanto esigente. L’otre cui si riferisce la piccola parabola è un recipiente di pelli morbide le quali sono ancora capaci di dilatarsi per favorire il respiro del vino novello in continua ebollizione. Se fosse, invece, secco e rigido a causa della usura del tempo, l’otre non avrebbe più l’elasticità necessaria a sopportare la vivace pressione del vino nuovo. Così non potrebbe che spaccarsi facendo perdere il vino e l’otre” (Congr. IVC e SVA, Per vino nuovo otri nuovi, 2). Essere vecchi è proprio di chi si sclerotizza chiudendosi ad ogni novità e accoglienza, piuttosto pronto a spaccarsi ma non a lasciarsi rinnovare.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La penitenza interiore – CCC 1430-1432: Come già nei profeti, l’appello di Gesù alla conversione e alla penitenza non riguarda anzitutto opere esteriori, «il sacco e la cenere», i digiuni e le mortificazioni, ma la conversione del cuore, la penitenza interiore. Senza di essa, le opere di penitenza rimangono sterili e menzognere; la conversione interiore spinge invece all’espressione di questo atteggiamento in segni visibili, gesti e opere di penitenza. La penitenza interiore è un radicale nuovo orientamento di tutta la vita, un ritorno, una conversione a Dio con tutto il cuore, una rottura con il peccato, un’avversione per il male, insieme con la riprovazione nei confronti delle cattive azioni che abbiamo commesse. Nello stesso tempo, essa comporta il desiderio e la risoluzione di cambiare vita con la speranza nella misericordia di Dio e la fiducia nell’aiuto della sua grazia. Questa conversione del cuore è accompagnata da un dolore e da una tristezza salutari, che i Padri hanno chiamato «animi cruciatus [afflizione dello spirito]», «compunctio cordis [contrizione del cuore]». Il cuore dell’uomo è pesante e indurito. Bisogna che Dio conceda all’uomo un cuore nuovo. La conversione è anzitutto un’opera della grazia di Dio che fa ritornare a lui i nostri cuori: «Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo» (Lam 5,21). Dio ci dona la forza di ricominciare. È scoprendo la grandezza dell’amore di Dio che il nostro cuore viene scosso dall’orrore e dal peso del peccato e comincia a temere di offendere Dio con il peccato e di essere separato da lui. Il cuore umano si converte guardando a colui che è stato trafitto dai nostri peccati. «Teniamo fisso lo sguardo sul sangue di Cristo, e consideriamo quanto sia prezioso per Dio, suo Padre; infatti, sparso per la nostra salvezza, offrì al mondo intero la grazia della conversione».

La nuova Legge – CCC 1972: La Legge nuova è chiamata legge d’amore, perché fa agire in virtù dell’amore che lo Spirito Santo infonde, più che sotto la spinta del timore; legge di grazia, perché, per mezzo della fede e dei sacramenti, conferisce la forza della grazia per agire; legge di libertà, perché ci libera dalle osservanze rituali e giuridiche della Legge antica, ci porta ad agire spontaneamente sotto l’impulso della carità, ed infine ci fa passare dalla condizione di servo «che non sa quello che fa il suo padrone» a quella di amico di Cristo «perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15), o ancora alla condizione di figlio erede.

Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? – Giovanni Paolo II (Lettera alle Famiglie, 1994 – Anno della Famiglia): Lo Sposo è, dunque, lo stesso Dio che si è fatto uomo. Nell’Antica Alleanza, Jahvè si presenta come lo Sposo di Israele, popolo eletto: uno Sposo tenero ed esigente, geloso e fedele. Tutti i tradimenti, le diserzioni e le idolatrie di Israele, descritte dai Profeti in modo drammatico e suggestivo, non riescono a spegnere l’amore con cui il Dio-Sposo “ama sino alla fine” (cfr. Gv 13,1). La conferma e il compimento della comunione sponsale tra Dio e il suo popolo si hanno in Cristo, nella Nuova Alleanza. Cristo ci assicura che lo Sposo è con noi (cfr. Mt 9,15). È con noi tutti, è con la Chiesa. La Chiesa diventa sposa: sposa di Cristo. Questa sposa, di cui parla la Lettera agli Efesini, si fa presente in ogni battezzato ed è come una persona che si offre allo sguardo del suo Sposo: “Ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei… al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5,25-27). L’amore, con cui lo Sposo “ha amato sino alla fine” la Chiesa, fa sì che essa sia sempre nuovamente santa nei suoi santi, anche se non cessa di essere una Chiesa di peccatori. Anche i peccatori, “i pubblicani e le prostitute”, sono chiamati alla santità, come attesta Cristo stesso nel Vangelo (Mt 21,31). Tutti sono chiamati a diventare Chiesa gloriosa, santa ed immacolata. “Siate santi – dice il Signore – perché io sono santo” (Lv 11,44; cfr. 1Pt 1,16).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Digiuno incompleto – “Se digiuni due giorni, non ti credere per questo migliore di chi non ha digiunato. Tu digiuni e magari t’arrabbi; un altro mangia, ma forse pratica la dolcezza; tu sfoghi la tensione dello spirito e la fame dello stomaco altercando; lui, al contrario, si nutre con moderazione e rende grazie a Dio. Perciò Isaia esclama ogni giorno: Non è questo il digiuno che io ho scelto, dice il Signore [Is 58,5], e ancora: “Nei giorni di digiuno si scoprono le vostre pretese; voi tormentate i dipendenti, digiunate fra processi e litigi, e prendete a pugni il debole: che vi serve digiunare in mio onore?” [Is 58,3-4]. Che razza di digiuno vuoi che sia quello che lascia persistere immutata l’ira, non dico un’intera notte, ma un intero ciclo lunare e di più? Quando rifletti su te stessa, non fondare la tua gloria sulla caduta altrui, ma sul valore stesso della tua azione” (Girolamo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù, con la «parabola del vestito e dell’otre», rintuzza il cieco attaccamento dei Farisei alle loro tradizioni: ancora una volta non hanno capito la novità della Buona Novella che dichiara apertamente tramontate le vecchie pratiche religiose ormai incapaci di contenere il nuovo spirito che deve animare il discepolo. È l’immagine del vino nuovo, più di quella del panno non follato, a rendere più evidente il contrasto tra il vecchio e il nuovo. Con l’immagine del vestito vecchio e del vino nuovo, Gesù dichiara sorpassate e inutili tutte le numerosissime, ossessionanti e minute prescrizioni giudaiche: erano diventate ormai vecchi e logori contenitori incapaci di contenere le nuove forze fermentatrici, proprie della predicazione cristiana. Non vi può essere accordo o compromesso tra le leggi e le leggine mosaiche e il Vangelo, rivelazione ultima e definitiva dell’amore liberante di Dio: il vecchio è vecchio e va messo da parte; il vestito vecchio è frusto, liso ed è quindi inservibile. Gesù è venuto a tagliare i rami secchi non ad abolire la Legge in se stessa (Mt 5,17-19). Sono gli orpelli a dare fastidio, ad appesantire i cuori, ad intralciare il cammino; sono le tradizioni umane che deturpano il messaggio evangelico spogliandolo della sua bellezza e della sua novità.

Santo del giorno: 6 Luglio – Santa Maria Goretti, Vergine e martire: Nacque a Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890, figlia dei contadini Luigi Goretti e Assunta Carlini, Maria era la seconda di sei figli. I Goretti si trasferirono presto nell’Agro Pontino. Nel 1900 suo padre morì, la madre dovette iniziare a lavorare e lasciò a Maria l’incarico di badare alla casa e ai suoi fratelli. A undici anni Maria fece la Prima Comunione e maturò il proposito di morire prima di commettere dei peccati. Alessandro Serenelli, un giovane di 18 anni, s’innamorò di Maria. Il 5 luglio del 1902 la aggredì e tentò di violentarla. Alle sue resistenze la uccise accoltellandola. Maria morì dopo un’operazione, il giorno successivo, e prima di spirare perdonò Serenelli. L’assassino fu condannato a 30 anni di prigione. Si pentì e si convertì solo dopo aver sognato Maria che gli diceva avrebbe raggiunto il Paradiso. Quando fu scarcerato dopo 27 anni chiese perdono alla madre di Maria. Maria Goretti fu proclamata santa nel 1950 da Pio XII.

Preghiamo: O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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