luglio, meditazioni

4 Luglio 2019

4 Luglio 2019 – Giovedì, XIII del Tempo Ordinario – (Gen 22,1-19; Sal 114[115]; Mt 9,1-8) – I Lettura: Posto davanti a questa situazione fallimentare, Abramo, continua ad avere fede in Dio, «sperando contro ogni speranza». Anche se i tratti del volto di Dio a lui noti fino a quel momento sembrano confusi, egli persevera nella sua obbedienza fedele, a dispetto di una situazione che in quel momento si manifesta unicamente come incomprensibile. Abramo attraversa tutto questo eppure rimane saldo: da quel giorno si potrà dire che «figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede». Vangelo: Gesù mostra quale sia l’effetto del Regno, che tipo di signoria sia quella del Padre e in quale modo Lui traduca l’autorità che gli è stata data: guarigione, salvezza, liberazione dal male. Un insegnamento che chiama alla collaborazione e invita alla sequela, a un discepolato che, anzitutto, traduca in scelte di vita e in pratica concreta la propria adesione.

Resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico -, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Riflessione: «Abramo rispose: “Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!”». La Liturgia, oggi, ci invita a soffermare la nostra riflessione sulla fede in Dio. Nella prima Lettura abbiamo Abramo che ascolta il comando di Dio e con fede si appresta ad eseguirlo, per quanto esso sia crudele e violento, contro ogni logica e contro le promesse stesse di Dio, riguardo la discendenza. Nel Vangelo, invece, vediamo Gesù che opera un prodigio, anzi un duplice prodigio: spirituale prima e corporale poi. Ma alla parola pronunciata da Gesù, che avrebbe riempito di gioia chiunque, gli Scribi reagiscono accusandolo di bestemmia. Ecco la contraddizione: Abramo che avrebbe con ragione potuto esprimere tutto il suo disappunto, obbedisce e crede; gli Scribi che avrebbero dovuto gioire al pensiero che un uomo aveva ricevuto il perdono di Dio, si scandalizzano e accusano. Gesù non li condanna, ha pazienza e usa misericordia verso tutti: in fondo gli Scribi erano più paralitici dell’uomo che gli stava dinanzi. Questi nel corpo, gli altri nello spirito, entrambi bisognosi di misericordia! E Gesù non pretende che essi credano per sola fede, ma dimostra loro con un miracolo evidente, la veridicità della sua Parola. Ma anche dinanzi all’evidenza il loro cuore rimane ostinatamente chiuso. L’episodio di Abramo si conclude con la lode a Dio che salva e provvede; nel Vangelo sono i semplici e i poveri che lodano Dio, mentre gli Scribi, confusi e arrabbiati, se ne vanno rimanendo ciechi e sordi al richiamo della Parola che chiama a sé.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Ed ecco gli portavano un paralitico… – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 5 Luglio 2007): Gesù sembra fare la spola da una riva all’altra per accorrere là dove c’è bisogno. Tornato a Cafarnao gli portano un paralitico steso su un lettuccio, e lo pongono al centro. Un centro non solo fisico, ma di attenzione, di interesse, di preoccupazione per quel malato prima che per se stessi. L’amore di quegli amici è in certo modo l’inizio del miracolo. L’evangelista invita a notarlo affermando che Gesù, vedendo la loro fede, si decide ad intervenire. Questa volta, però, prima di operare la guarigione, dice al paralitico parole che nessuno ha mai detto: “Sono rimessi i tuoi peccati!” Gesù non vuole insinuare che la malattia del paralitico sia stata causata dai suoi peccati. Vuol mostrare piuttosto un fatto ben più importante: il suo potere si estende anche sui peccati, per cancellarli. E qui la scena, comprensibilmente, si trasforma in un dibattito teologico. Gli scribi presenti, al sentire queste parole, pensano male di Gesù, senza dirlo. Ma Gesù, che vede nei cuori, li smaschera e fa vedere fin dove arriva la sua misericordia: “Alzati! – dice al paralitico – prendi il tuo letto e va’ a casa tua”. Il Signore ha compiuto in quel malato un doppio miracolo: lo ha perdonato dai peccati e lo ha guarito dalla paralisi. È venuto tra gli uomini uno che guarisce sia il corpo che il cuore. Ne abbiamo bisogno anche noi, subito.

Gesù solidale con i peccatori – Catechismo degli Adulti 180: Gesù è il Figlio amato del Padre; ma l’intimità divina, invece di separarlo, lo congiunge ai peccatori: Dio è vicino a chi si riconosce povero e bisognoso di essere salvato. Il Padre si compiace del suo Figlio e gli affida la missione di salvezza; gli comunica la potenza dello Spirito per attuarla. Gesù è il Messia, il Servo fedele del Signore, preannunciato da Isaia, che si fa carico dei peccati degli uomini, per ricondurli alla comunione con Dio. Rivelerà la vera natura del regno di Dio, il suo volto di misericordia, accogliendo i peccatori durante la vita pubblica e morendo in croce per loro.

Costui bestemmia – CCC 594: Gesù ha compiuto azioni, quale il perdono dei peccati, che lo hanno rivelato come il Dio Salvatore. Alcuni Giudei, i quali non riconoscevano il Dio fatto uomo, ma vedevano in lui “un uomo” che si faceva “Dio” (Gv 10,33), l’hanno giudicato un bestemmiatore.

Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 11 Novembre 1987): Queste parole suscitano in alcuni dei presenti il sospetto di bestemmia: “Costui bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”. Quasi in risposta a quelli che avevano pensato così, Gesù si rivolge ai presenti con le parole: “Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua. Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti” (cfr. Mc 2,1-12 e anche Mt 9,1-8; Lc 5,18-26; Lc 5,25). Gesù stesso spiega in questo caso che il miracolo di guarigione del paralitico è segno del potere salvifico per cui egli rimette i peccati. Gesù compie questo segno per manifestare di essere venuto come Salvatore del mondo, che ha come compito principale quello di liberare l’uomo dal male spirituale, il male che separa l’uomo da Dio e impedisce la salvezza in Dio, qual è appunto il peccato.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Il Logos, nostro Pedagogo e nostro Medico – “Il Logos, nostro Pedagogo, cura quindi con i suoi consigli le passioni innaturali della nostra anima. In senso proprio si chiama medicina la cura delle malattie del corpo; è un’arte insegnata dalla sapienza umana [cfr. 1Cor 2,13]. Ma il Logos del Padre è il solo Medico delle infermità morali dell’uomo; egli è il guaritore e il «mago» sacro che libera l’anima malata. Salva il tuo servo / Tu sei mio Dio, è scritto, perché a te si affida; pietà di me, Signore / poiché verso di te grido tutto il giorno [Sal 85,2-3]. La medicina, secondo Democrito, cura le malattie del corpo, ma è la sapienza che sbarazza l’anima dalle sue passioni. Il nostro Pedagogo, Sapienza e Logos del Padre, per mezzo del quale è stato creato l’uomo, si prende cura della sua creatura tutta intera: ne cura ad un tempo corpo e anima, lui, il Medico dell’umanità, capace di guarire tutto. Il Salvatore dice a colui che giaceva sul letto: Alzati, prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua [cfr. Mt 9,6 e parr.]; e immediatamente l’uomo svigorito ritrova le sue forze. E dice del pari al morto: Lazzaro, vieni fuori [Gv 11,43]; e il morto uscì dalla sua tomba, tal quale a prima che morisse, esercitandosi così alla risurrezione. Certamente, egli guarisce egualmente l’anima in sé, con i suoi insegnamenti e con le sue grazie; agendo con i consigli, forse occorre del tempo; attraverso le grazie, invece, egli è ricco abbastanza per dire a noi poveri peccatori: Ti sono rimessi i tuoi peccati [Lc 5,20.23]” (Clemente di Alessandria).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto – In un’ottica tutta cristiana, la malattia è un dono dall’immenso valore espiatorio e redentivo. Un dono che per vie misteriose fa approdare l’uomo, beneficato dal dono della sofferenza, all’esaltante certezza di essere figlio amato da Dio Padre: «È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Se invece non subite correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete illegittimi, non figli!» (Eb 12,7-8). Ma qual è il comportamento della Chiesa e dei credenti verso i malati? La risposta è ovvia: sull’esempio di Gesù, la cura e la visita dei malati per i cristiani non sono un’opera buona complementare, ma uno stretto dovere sul quale verterà il giudizio finale di Dio (cfr. Mt 25,36-45). La Chiesa – afferma il Compendio – «avendo ricevuto dal Signore l’imperativo di guarire gli infermi, si impegna ad attuarlo con le cure verso i malati, accompagnate da preghiere di intercessione» (315). Perché questo impegno amoroso? Perché il malato – per usare il linguaggio di san Camillo de Lellis – è “la persona stessa di Cristo”, è “pupilla e cuore di Dio”, è “mio signore e padrone”.

Santo del giorno: 4 Luglio – Sant’Elisabetta di Portogallo, Regina: Nacque a Saragozza, in Aragona (Spagna), nel 1271. Figlia del re di Spagna Pietro III, quindi pronipote di Federico II, a soli 12 anni venne data in sposa a Dionigi, re del Portogallo, da cui ebbe due figli. Fu un matrimonio travagliato dalle infedeltà del marito ma in esso Elisabetta seppe dare la testimonianza cristiana che la portò alla santità. Svolse opera pacificatrice in famiglia e, come consigliera del marito, riuscì a smorzare le tensioni tra Aragona, Portogallo e Spagna. Alla morte del marito donò i suoi averi ai poveri e ai monasteri, diventando terziaria francescana. Dopo un pellegrinaggio al santuario di Compostela, in cui depose la propria corona, si ritirò nel convento delle clarisse di Coimbra, da lei stessa fondato. Dopo la morte avvenuta nel 1336 ad Estremoz in Portogallo, il suo corpo fu riportato al monastero di Coimbra. Nel 1612 lo si troverà incorrotto, durante un’esumazione, collegata al processo canonico per proclamarla santa. Fu canonizzata a Roma da Urbano VIII nel 1625.

Preghiamo: O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù…

 

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