3 Luglio 2019 – Mercoledì – San Tommaso (Festa) – (Ef 2,19-22; Sal 116[117]; Gv 20,24-29) – I Lettura: Fino a questo momento san Paolo aveva parlato della Chiesa soprattutto come Corpo di Cristo; ora sviluppa la figura della Chiesa come tempio edificato da Dio: le due immagini sono in rapporto reciproco. Basta ricordare le parole di Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Il nuovo tempio, Corpo di Cristo, spirituale, invisibile, è costruito da tutti i battezzati e fondati sulla viva “pietra angolare”, Cristo, nella misura in cui a Lui aderiscono e in Lui crescono, fino alla sua ultima manifestazione nella gloria. Vangelo: «Tommaso quella sera non è con gli altri, e nei suoi ragionamenti pensa di dover toccare i buchi delle mani e del costato, per credere, mentre non sa che è Gesù ora a doverlo toccare. Ma quando Gesù viene di nuovo e Tommaso lo vede, vede le sue mani e il suo petto, allora non tocca, non mette il dito per verificare; no, si inginocchia e confessa: “Mio Signore e mio Dio!”, la più alta e la più esplicita confessione di fede in tutti i vangeli. Per la fede non bisogna né vedere né toccare, come pensava Tommaso, ma occorre essere visti da Gesù ed essere toccati dalle sue mani» (E. Bianchi).
Mio Signore e mio Dio! – Dal Vangelo secondo Giovanni: Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Riflessione: «… e non essere incredulo, ma credente!». La Chiesa, oggi, ci invita a festeggiare la memoria di san Tommaso Apostolo. Nel senso comune dei credenti, egli è rimasto il simbolo di quanti non credono per semplice sentito dire, di quanti vogliono fatti concreti, vogliono toccare con mano. Certamente appare singolare l’atteggiamento di tale Apostolo: egli che aveva assistito a tanti miracoli, catechesi, prodigi, profezie… si ostina a non credere in qualcosa che in fondo era l’unica cosa che veramente avrebbe reso loro felici dopo il trauma terribile dei giorni della Passione di Gesù. Eppure resiste! Ma è davvero singolare? Davvero è solo lui che si comporta così? Forse che a noi non ci è stato rivelato cosa sia a fondamento della nostra felicità? Forse che non sappiamo cosa Dio vuole da noi, come comportarci, quali sentimenti nutrire… Eppure siamo peggio di Tommaso: sappiamo che Dio solo basta ma ci lagniamo per ogni situazione; sappiamo che ci attende la felicità eterna ma rimaniamo attaccati morbosamente alle inezie di questo mondo; conosciamo il pensiero di Dio (cfr. 1Cor 2,16) ma vaghiamo come chi è senza meta; ascoltiamo la testimonianza dei santi, ma poi crediamo e obbediamo solo ai nostri sensi, ai nostri occhi, alle nostre mani.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso – Benedetto XVI (Regina Coeli, 15 Aprile 2012): Ogni anno, celebrando la Pasqua, noi riviviamo l’esperienza dei primi discepoli di Gesù, l’esperienza dell’incontro con Lui risorto: racconta il Vangelo di Giovanni che essi lo videro apparire in mezzo a loro, nel cenacolo, la sera del giorno stesso della Risurrezione, «il primo della settimana», e poi «otto giorni dopo» (cfr. Gv 20,19.26). […] In effetti, la celebrazione del Giorno del Signore è una prova molto forte della Risurrezione di Cristo, perché solo un avvenimento straordinario e sconvolgente poteva indurre i primi cristiani a iniziare un culto diverso rispetto al sabato ebraico.
Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!» – Giovanni Paolo II (Omelia, 13 Settembre 1988): Nel Vangelo di oggi leggiamo che dopo la crocifissione, nel primo giorno della settimana, i discepoli di Gesù si riunirono a porte chiuse perché avevano paura. Essi avevano avuto poco tempo ancora per riflettere sui racconti di Pietro, Giovanni e Maria Maddalena sulla risurrezione del Signore dalla morte. All’improvviso, Gesù venne e stette fra di loro. Egli disse a loro: “La pace sia con voi”, e subito la loro paura si trasformò in gioia. Anche noi, come i primi discepoli, possiamo sperimentare questa trasformazione. Ogni nostra paura può essere trasformata in gioia tramite la presenza del Signore risorto che si avvicina a noi in questo modo particolare nella liturgia sacra. Le sue parole ai discepoli, “La pace sia con voi”, sono ora rivolte a noi. La sua presenza visibile tra di loro è ugualmente vera per noi nella celebrazione dell’Eucaristia.
Non essere incredulo, ma credente – Paolo VI (Udienza Generale, 8 Aprile 1970): Il cristiano è un fedele, è un credente. Questa condizione indispensabile, questo principio vitale della nuova esistenza soprannaturale del cristiano, era messo in prima evidenza dalla liturgia del battesimo, la quale appunto si apriva a dialogo con la domanda rivolta al catecumeno, ovvero al bambino portato al battesimo, e per lui al padrino, rappresentante, per un verso, del bambino stesso, per un altro verso, della comunità ecclesiale: «Che cosa domandi alla Chiesa di Dio?». Risposta: «La Fede». La fede è la chiave d’entrata. È la soglia. È il primo passo. È il primo atto richiesto all’uomo, che desidera appartenere a quel regno di Dio, che da questo inizio conduce alla pienezza della vita eterna. La Chiesa primitiva aveva cura di affermare la esigenza primordiale della fede in termini decisivi: «Colui che crede nel Figlio (di Dio, cioè in Gesù Cristo), ha la vita eterna; colui invece ch’è incredulo nel Figlio (di Dio) non vedrà la vita» (Gv 3,36), così l’evangelista San Giovanni; e San Paolo (per dare una fra le molte sue testimonianze a questo proposito), condensa la sua dottrina in questa affermazione: «Se tu confessi con la bocca il Signore Gesù, e nel tuo cuore hai fede che Dio lo ha risuscitato da morte, tu sarai salvo» (Rm 10,9).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «“Ma Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù” (Gv 20,24). Questo discepolo fu l’unico assente; al suo ritorno sentì ciò che era avvenuto, ma non volle credere a quel che aveva udito. Il Signore ritornò e presentò al discepolo incredulo il costato perché lo toccasse, mostrò le mani e, facendo vedere le cicatrici delle sue ferite, sanò la ferita della sua infedeltà. Cosa, fratelli carissimi, cosa notate in tutto ciò? Credete dovuto a un caso che quel discepolo fosse allora assente, e poi tornando udisse, e udendo dubitasse, e dubitando toccasse, e toccando credesse? Non a caso ciò avvenne, ma per divina disposizione. La divina clemenza mirabilmente stabilì che quel discepolo incredulo, mentre toccava le ferite nella carne del suo Maestro, sanasse a noi le ferite dell’infedeltà. A noi infatti giova più l’incredulità di Tommaso che non la fede dei discepoli credenti perché mentre egli, toccando con mano, ritorna alla fede, l’anima nostra, lasciando da parte ogni dubbio si consolida nella fede. Certo, il Signore permise che il discepolo dubitasse dopo la sua risurrezione, e tuttavia non lo abbandonò nel dubbio… Così il discepolo che dubita e tocca con mano, diventa testimone della vera risurrezione, come lo sposo della Madre (del Signore) era stato custode della perfettissima verginità. [Tommaso] toccò, ed esclamò: “Mio Signore e mio Dio! Gesù gli disse: Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto” (Gv 20,28-29). Quando l’apostolo Paolo dice: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11,1), parla chiaramente, perché la fede è prova di quelle cose che non si possono vedere. Infatti delle cose che si vedono non si ha fede, ma conoscenza (naturale). Dal momento però che Tommaso vide e toccò, perché gli viene detto: “Perché mi hai veduto, hai creduto?” Ma altro vide, altro credette. Da un uomo mortale certo la divinità non può essere vista. Egli vide dunque l’uomo, e confessò che era Dio, dicendo: “Mio Signore e mio Dio”! Vedendo dunque credette, lui che considerando (Gesù) un vero uomo, ne proclamò la divinità che non aveva potuto vedere» (Gregorio Magno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Abbiamo visto il Signore – Il credente nel leggere il racconto delle apparizioni del Risorto potrebbe porsi una domanda: cosa vuole svelare il racconto evangelico? Innanzi tutto, l’identità tra il Risorto e il Crocifisso. Colui che viene, a porte chiuse, e sta in mezzo agli Apostoli è il Gesù crocifisso sul Calvario. Gesù è vivo e possiede un’esistenza del tutto nuova. Poi, Gesù è Dio. Gesù venendo incontro alla pretesa di Tommaso lo porta a proferire la più alta professione di fede presente nel quarto vangelo: “Mio Signore e mio Dio”. L’esatto sfondo per capire tale risposta è quello dell’Antico Testamento, dove le parole “Signore” e “Dio” corrispondono ai nomi ebraici di “Jahwè” e “Elohim”. Con il metodo, abituale nel Nuovo Testamento, di trasferire su Cristo quanto l’Antico Testamento dice di Jahwè, qui viene proclamata esplicitamente la divinità del Crocifisso-Risorto che Tommaso ha davanti. È la più alta professione di fede presente nel Vangelo di Giovanni. Infine, vuole indicare il cammino della fede e lo fa ricordando le parole di Gesù: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. Una pagina densissima, dunque, da chiudere nel cuore perché la mente si dilati sempre più nella conoscenza del mistero del Cristo.
Santo del giorno: 3 Luglio – San Germano di Man, Vescovo: “Germanus o Mogorman, vescovo di Man figlio di Restitutus degli Hy Baird e di Liamain, sorella di san Patrizio, nacque nel 410 in Armorica, dove era la sede del suo clan. Dopo un breve viaggio in Irlanda dove ebbe contatti con lo zio, si recò a Parigi. Qui strinse rapporti con la Chiesa gallo-romana. Dopo qualche tempo, tornò in Britannia, probabilmente nello stesso anno in cui vi si recò anche Patrizio per cercarvi nuovi missionari per l’Irlanda. Dopo diverse vicende in patria partí per l’Irlanda e Patrizio lo nominò primo vescovo di Man, affidandogli il compito di sradicare da quella isola le pratiche druidiche e superstiziose. Fu ordinato tra il 464 e il 466. Quasi nulla si sa dell’operato del protovescovo di Man, che, del resto, morí pochi anni dopo la sua consacrazione, nel 474. Germano fondò la chiesa nota come Kirk-Jarman: si formò così il primo nucleo della sede di Sodor e Man” (Avvenire).
Preghiamo: Esulti la tua Chiesa, o Dio, nostro Padre, nella festa dell’apostolo Tommaso; per la sua intercessione si accresca la nostra fede, perché credendo abbiamo vita nel nome del Cristo, che fu da lui riconosciuto suo Signore e suo Dio. Egli vive e regna con te…