2 Luglio 2019 – Martedì, XIII del Tempo Ordinario – (Gen 19,15-29; Sal 25[26]; Mt 8,23-27) – I Lettura: La figura di Lot appare connotata da elementi negativi: non vive una fede autentica, ma rimane influenzato dalla mentalità del mondo e vive di compromessi. Nonostante Dio gli conceda la possibilità della salvezza questi cerca di suggerire un’altra soluzione e, ancorato alla sua bassezza, non accoglie in pieno il messaggio divino. Lot non vuole accettare la semplice e dura vita dei nomadi, come Abramo, ma vuole la vita cittadina, più comoda che il Signore comunque gli concederà. Vangelo: “In che cosa consiste la poca fede, che poi genera paura? Possiamo identificarla col volersi salvare da soli, col non riconoscere il primato di Dio come salvatore e quindi col collocare direttamente ogni speranza in se stessi. La fede è allora solo in fondo, come uscita di sicurezza, se proprio le cose van male. Così hanno fatto gli apostoli: prima hanno messo ogni speranza nelle proprie forze, si sono fidati di farcela, altrimenti non avrebbero affrontato il mare; alla fine, quando le cose non vanno, viene anche l’invocazione a Gesù. È esattamente il contrario del primato di Dio, è l’ultimità di Dio. Non si è cominciato da lui, ma si arriva a lui per disperazione” (C. Maria Martini).
Si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?».
Riflessione: «Gli Angeli fecero premura a Lot…». Oggi siamo chiamati a contemplare la pazienza misericordiosa di Dio. La premura di Dio per salvare Lot, infatti, è veramente impressionante, e il testo ci insiste molto. Lot non aveva premura, indugiava, voleva restare nella sua abitazione, nel suo ambiente abituale, voleva aspettare che il pericolo fosse veramente imminente; ma gli Angeli lo prendono per mano, lo fanno uscire, lo conducono fuori della città. E poi insistono ancora: «Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro, non fermarti dentro la valle, fuggi per non essere travolto». Ma Lot indugia di nuovo, chiede di non dover andare troppo lontano. Il Signore ha premura di salvarci. E noi siamo spesso reticenti, svogliati, non ci rendiamo conto dei pericoli; vogliamo rimanere nelle nostre abitudini, siamo attaccati ai nostri beni, alle circostanze ordinarie della nostra vita. Dio ci invita a prendere vie sicure, oneste e noi preferiamo sentieri oscuri, ambigui, non vogliamo rinunciare risolutamente alle situazioni pericolose. Dio è perseverante e insiste. Siamo fortunati ad avere un Padre così premuroso, che vede i pericoli molto meglio di noi e che ci invita ad ascoltarlo, ad andare avanti, per trovare la pienezza della vita (da www.lachiesa.it).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Chi è mai costui… – Giovanni Paolo II (Omelia, 22 giugno 1996): Sembrò che quel vento, che si era scatenato sul mare di Gennesaret, avrebbe fatto affondare la barca. Quando i flutti si riversarono sopra coperta, gli apostoli svegliarono Gesù, che a causa della sua grande stanchezza dormiva. “Salvaci, Signore, siamo perduti! (…) Perché avete paura, uomini di poca fede?”. Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia” (Mt 8,25-26). Da duemila anni leggiamo di questo avvenimento. È l’immagine della Chiesa: la navicella di Pietro, la nave apostolica. La Chiesa di fronte a forze che la colpiscono dall’esterno. La Chiesa nel nostro secolo. Come non pensare qui al pericolo in cui proprio la Chiesa in Germania si è trovata! Qui, in questo Paese. Il pericolo si estese: il 1 settembre del 1939 iniziò la Seconda Guerra Mondiale. Quasi tutta l’Europa era in fiamme. Appartengo alla generazione che se ne ricorda. “Salvaci, Signore, siamo perduti!”. L’implorazione nelle Chiese era: “Dio santo, Dio santo e potente, Dio santo e immortale, abbi pietà di noi! Proteggici dalle epidemie, dalla fame, dalla collera e dalla guerra, o Signore!”.
Minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia – Benedetto XVI (Omelia, 21 giugno 2009): Il gesto solenne di calmare il mare in tempesta è chiaramente segno della signoria di Cristo sulle potenze negative e induce a pensare alla sua divinità: “Chi è dunque costui – si domandano stupiti e intimoriti i discepoli -, che anche il vento e il mare gli obbediscono?” (Mc 4,41). La loro non è ancora fede salda, si sta formando; è un misto di paura e di fiducia; l’abbandono confidente di Gesù al Padre è invece totale e puro. Perciò, per questo potere dell’amore, Egli può dormire durante la tempesta, completamente sicuro nelle braccia di Dio. Ma verrà il momento in cui anche Gesù proverà paura e angoscia: quando verrà la sua ora, sentirà su di sé tutto il peso dei peccati dell’umanità, come un’onda di piena che sta per rovesciarsi su di Lui. Quella sì, sarà una tempesta terribile, non cosmica, ma spirituale. Sarà l’ultimo, estremo assalto del male contro il Figlio di Dio. Ma in quell’ora Gesù non dubitò del potere di Dio Padre e della sua vicinanza, anche se dovette sperimentare pienamente la distanza dell’odio dall’amore, della menzogna dalla verità, del peccato dalla grazia. Sperimentò questo dramma in se stesso in maniera lacerante, specialmente nel Getsemani, prima dell’arresto, e poi durante tutta la passione, fino alla morte in croce. In quell’ora, Gesù da una parte fu un tutt’uno con il Padre, pienamente abbandonato a Lui; dall’altra, in quanto solidale con i peccatori, fu come separato e si sentì come abbandonato da Lui.
Segni per conosce i misteri del regno di Dio – CCC 1151: Nella sua predicazione il Signore Gesù si serve spesso dei segni della creazione per far conoscere i misteri del regno di Dio. Compie guarigioni o dà rilievo alla sua predicazione con segni o gesti simbolici. Conferisce un nuovo significato ai fatti e ai segni dell’Antica Alleanza, specialmente all’esodo e alla pasqua, poiché egli stesso è il significato di tutti questi segni.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Simbologia della Chiesa – “Il mare è il mondo, in cui la Chiesa, come una nave nelle onde del mare, è sbattuta dai flutti, ma non fa naufragio; perché ha con sé Cristo, il suo accorto timoniere. Ha anche nel centro il trofeo eretto contro la morte, la croce del Signore. La sua prora è Oriente, la poppa Occidente, la carena Mezzogiorno, i chiodi i due Testamenti, le corde son la Carità di Cristo che tiene stretta la Chiesa, il lino rappresenta il lavacro di rigenerazione che rinnova i fedeli. Il vento è lo Spirito che vien dal cielo, per il quale i fedeli son condotti a Dio. Con lo Spirito ha anche ancore di ferro nei precetti di Cristo. Né le mancano marinai a destra e a sinistra, poiché i santi angeli la circondano e difendono. La scala, che sale sull’antenna, è immagine della salutare passione di Cristo, che porta i fedeli fino al cielo. Le segnalazioni in cima all’antenna son le luci dei Profeti, dei Martiri, degli Apostoli, che riposano nel regno di Cristo” (Ippolito di Roma).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il messaggio della tempesta sedata – “È grande e per questo ricco di implicanze: riguarda sostanzialmente cosa significa avere fede in Gesù. Non si parla però di fede speculativamente, ma attraverso una prova concreta, l’attraversata rischiosa del lago voluta dal Maestro. Dall’esperienza si evidenziano tre nodi importanti: che cosa motiva la fede, che cosa la nega, che cosa la produce. – Il miracolo che viene raccontato non è fine a se stesso [un «fantastico» exploit di Gesù!], ma è tutto finalizzato alla fede in Gesù, a stimolarla, mostrando alla fine che la fede è degna di miracolo e insieme è capace di produrlo. Ma a sua volta questo nesso tra fede e miracolo è posto da Gesù nel quadro del grande evento del Regno di Dio, cioè del progetto salvifico di Dio che libera dal male [il mare come tale, tanto più se tempestoso, nel mondo biblico ne è simbolo impressionante, eppure Dio lo domina pienamente: si ricordi il passaggio del Mar Rosso in Es 14, del Giordano in Gios 3-4; Giona, 1; Sal 74,13; 107,28]. Gesù è dunque al centro del racconto, descritto come uno che ha l’autorità attribuita a Dio nell’Antico Testamento su tutto ciò che è malefico per l’uomo: è questo che va ricavato come intenzione primaria del brano. Il mistero di Gesù motiva la fede in Lui e diventa ragione intima per cercarne l’identità. «Chi è mai costui?» si chiedono giustamente i discepoli. – La fede in Gesù non è un fatto né automatico né «geometrico», ossia lineare, piano. Si tratta di stabilire una corretta relazione dei discepoli con Lui attraverso la accettazione della relazione che egli intende avere con noi. Ebbene ciò si presenta come un robusto processo di riconoscimento in tre tappe: riconoscimento della relazione che i discepoli hanno con Gesù, quella che dovrebbero avere, la via per arrivarci: * la relazione che di fatto hanno con Gesù: sono «nella stessa barca», sono suoi discepoli come esprime il titolo di «Maestro» che gli rivolgono, vivono cioè una comunione di vita e di destino. Ma ecco sopravvenire la crisi: una situazione umanamente incontrollabile genera la loro protesta verso Gesù: «Non si interessa di noi», mostrando di avere una fede misurata con il proprio metro puramente umano, così miope e chiuso, da giungere all’incredibile goffaggine di ritenere che Gesù li lasci e si lasci andare a fondo; * la relazione che dovrebbero avere: l’evidenzia l’intervento di Gesù: per quanto sia grande la difficoltà, finché lui è nella stessa barca, e di fatto lo è, non bisogna avere paura. Avere fede in Gesù si riconosce dal tasso di non paura, di superamento dell’angoscia, di fiducia e serenità che egli genera in noi; * il percorso per arrivarci: è quello stesso dei discepoli. Meditando sugli atti di liberazione di Gesù, bisogna lasciarsi colpire dallo stupore-timore; questo genera e sostiene la domanda su chi è veramente questo Gesù dominatore di elementi così incontenibili; si arriverà così ad una risposta piena, che ora il Vangelo non manifesta, rimandandola all’evento della Croce, come traspare dalle parole del centurione che «vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio» [Mc 15,39]” (www.notedipastoralegiovanile.it).
Santo del giorno: 2 Luglio – Beata Colomba Kang Wan-suk, Catechista e martire: Fra i fedeli martirizzati nel XIX secolo in Corea spicca la figura di una donna, Colomba Kang Wan-suk, che ha affrontato i rischi della persecuzione pur di aiutare la diffusione del Vangelo. Inserita nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung, è stata beatificata da papa Francesco il 16 agosto 2014 in Corea del Sud.