18 Giugno 2019 – Martedì, XI del Tempo Ordinario – (2Cor 8,1-9; Sal 145[146]; Mt 5,43-48) – I Lettura: La comunità di Gerusalemme, caduta in grave difficoltà economica, spinge l’apostolo Paolo a sollecitare i Corìnzi a prendersi cura di questo disagio, facendo come i Macèdoni che nella povertà hanno dimostrato generosità. Vangelo: Gesù vuol insegnare ai suoi discepoli un amore che raggiunge il prossimo e abbraccia anche i nemici. La seconda parte del precetto a cui allude Gesù, odierai il tuo nemico, non si trova nella Legge, ma esprime un sentimento diffuso tra gli Ebrei nei riguardi dei popoli a loro ostili, visti sopra tutto come nemici di Dio. Non si poteva certamente amare coloro che, oltre a depredare e uccidere, tendevano essenzialmente a distruggere la religione e la fede del popolo di Israele, tutte le guerre condotte dal popolo eletto hanno avuto quasi sempre uno sfondo religioso. L’espressione odierai il tuo nemico, comunque, nella lingua ebraica va tradotta in questo modo: non amerai il nemico. All’amore si accompagna la preghiera. Pregare per i persecutori «è una forma di amore spalancata sulla speranza di un cambiamento e che lascia unicamente a Dio il compito di giudicare l’altro» (Claude Tassin).
Amate i vostri nemici – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Riflessione: «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». “La perfezione non è di questo mondo!” Quante volte abbiamo detto e udito una tale affermazione: in realtà, essa, più che un senso di umile riconoscimento dei nostri limiti, spesso nasconde la giustificazione alle nostre imperfezioni. Come dire: sono fatto così, accontentatevi! In realtà Gesù non si rivolge a dei superuomini e non ci richiede superpoteri, ma ci invita a comportarci come lui si è comportato. E lui agisce come vede agire il Padre. Essere perfetti significa fare il bene e farlo bene; significa fare il massimo bene possibile e farlo nel migliore dei modi. Quando Dio crea il mondo, lo fa con perfezione: «vide che era cosa buona» (cfr. Gen 1). La Scrittura si sofferma spesso a contemplare tali perfezioni di Dio, che poi si riscontrano anche nell’opera del Figlio: «Ha fatto bene ogni cosa» (Mc 7,37). Gesù è il «perfezionatore della nostra fede» (Eb 12,2). Cioè colui che rende perfetta la nostra fede in quanto dona una perfetta, compiuta e definitiva rivelazione di Dio. Essere perfetti, quindi, significa fare bene ogni cosa, come fa Dio; significa impegnare tutto noi stessi nel massimo bene possibile. Essere perfetti significa compiere le opere di Dio fino alla fine, per morire, come Gesù, con una certezza: «Tutto è compiuto», cioè ho fatto quanto avevo da fare, quanto mi hai dato di fare, nella misura in cui potevo e dovevo farlo.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Amare i nemici – Gaudium et Spes 28: Il rispetto e l’amore deve estendersi pure a coloro che pensano od operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un dialogo. Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi è l’amore stesso che spinge i discepoli di Cristo ad annunziare a tutti gli uomini la verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiato da false o insufficienti nozioni religiose. Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque. La dottrina del Cristo esige che noi perdoniamo anche le ingiurie e il precetto dell’amore si estende a tutti i nemici; questo è il comandamento della nuova legge (cfr. Mt 5,43).
Amerai – Catechismo degli Adulti 163: Che cosa voglia dire amare Gesù lo esemplifica nelle parole del giudizio finale: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito…» (Mt 25,35-36); e lo riassume formulando in termini positivi la cosiddetta “regola d’oro”: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12). Amare, dunque, significa fare concretamente il bene, con premura e creatività. La misura è Gesù stesso: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).
Il perdono è la condizione fondamentale della Riconciliazione con Dio – CCC 2844: La preghiera cristiana arriva fino al perdono dei nemici. Essa trasfigura il discepolo configurandolo al suo Maestro. Il perdono è un culmine della preghiera cristiana; il dono della preghiera non può essere ricevuto che in un cuore in sintonia con la compassione divina. Il perdono sta anche a testimoniare che, nel nostro mondo, l’amore è più forte del peccato. I martiri di ieri e di oggi rinnovano questa testimonianza di Gesù. Il perdono è la condizione fondamentale della Riconciliazione dei figli di Dio con il loro Padre e degli uomini tra loro.
Chiamati… siate perfetti… – Paolo VI (Messaggio, 10 marzo 1973): È un invito alla generosità, che vi riguarda tutti, quale che sia la scelta che avete compiuta o che vorrete compiere, perché è dal mistero stesso del vostro Battesimo che giunge incessante la chiamata ad una vita cristiana piena, nella fede e nelle opere: Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48). È un invito alla generosità, che riguarda, in modo speciale, voi che avete scelto una consacrazione a servizio della Chiesa, in forza di una singolare chiamata. E ora questa chiamata vi segue, vi incalza, perché la vostra risposta sia ogni giorno migliore del giorno che è passato: In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto (Gv 15,8). Dovete dare molto, perché molto vi è stato dato. Se vi diciamo questo, è anche perché sappiamo che i giovani guardano a voi. È infine un invito alla generosità che rivolgiamo, con particolare affetto, a voi giovani, che non avete ancora compiuto una scelta definitiva. Molte sono le chiamate, molte le strade che si aprono davanti a voi, anche nel servizio alla Chiesa, Popolo di Dio. Ve ne hanno parlato. Le conoscete. Saranno chiamate senza risposta? Strade deserte? Di chi e di che cosa avete paura? Voi siete generosi: siate generosi anche in questo.
Amare i nostri nemici – Papa Francesco (Omelia, 8 giugno 2013): Io non so «come si possa fare. Ma Gesù ci dice due cose: primo, guardare al Padre. Nostro Padre è Dio: fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni; fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Nostro Padre al mattino non dice al sole: “Oggi illumina questi e questi; questi no, lasciali nell’ombra!”. Dice: “Illumina tutti”. Il suo amore è per tutti, il suo amore è un dono per tutti, buoni e cattivi. E Gesù finisce con questo consiglio: “Voi dunque siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste”». Dunque l’indicazione di Gesù è di imitare il Padre in «quella perfezione dell’amore. Lui perdona ai suoi nemici. Fa tutto per perdonarli. Pensiamo con quanta tenerezza Gesù riceve Giuda nell’orto degli ulivi», quando tra i discepoli c’è chi pensa alla vendetta.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste: l’anima veramente pura aderisce infatti perfettamente a Dio; si unisce anzi a Lui al punto da divenire una di coloro cui si dice: Io ho detto: Voi siete dèi, siete tutti Figli dell’Altissimo [Sal 81,6]. Questo è il punto d’arrivo di coloro che mettono Gerusalemme al di sopra di ogni loro gioia, ai quali l’unzione dello Spirito Santo insegna tutto, che dispongono sapientemente le ascese nel loro cuore di potenza in potenza fino a vedere il Dio degli dèi in Sion: il Dio degli dèi, beatitudine dei beati, gioia di chi ben gioisce; l’unico bene, l’Altissimo fra tutti i beni” (Guglielmo di Saint-Thierry).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Voi, dunque, siate perfetti… Questo «loghion non si riferisce soltanto all’ultima antitesi, concernente l’amore dei nemici, ma ricapitola l’insegnamento globale di Gesù circa la “giustizia superiore” [Mt 5,21-47]» (A. Poppi). La perfezione che viene qui richiesta è la somma di sfumature diverse che si colgono a secondo della traduzione del testo: téilos, in greco, sta a significare perfetto, compiuto, senza difetti, completo, in questo caso nella carità; tamìn, in ebraico, ha una valenza cultuale di integrità e di santità. Una santità quindi che coinvolge tutta la persona del credente: anima, corpo e spirito (cfr. 1Ts 5,23). Il nuovo comandamento di Gesù ha un corrispondente nel Libro del Levitico: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (19,2). Sembra una meta impossibile da raggiungere, e infatti «è impossibile che la creatura abbia la perfezione di Dio. Pertanto il Signore vuol dire che la perfezione divina costituisce il modello cui deve aspirare il cristiano, consapevole della distanza infinita che lo separa dal suo Creatore. Ma ciò nulla toglie alla forza di questo imperativo, anzi ne riceve luce» (Bibbia di Navarra). Siate santi come il Padre vostro celeste, una sfida, un invito che la Chiesa non si stanca di rinnovare lungo i secoli.
Santo del giorno: 18 Giugno – San Calogero, Eremita in Sicilia: Le notizie sulla sua vita sono così confuse tanto che si è pensato che potessero riferirsi a più santi con lo stesso nome. Con il nome Calogero che etimologicamente significa “bel vecchio” venivano infatti designate quelle persone che vivevano da eremiti. E Calogero è venerato in Sicilia presso Sciacca, nel monastero di Fregalà presso Messina, e in altre città. L’unica cosa sicura su di lui è l’esistenza in Sicilia di un santo eremita, con poteri taumaturgici. A Fragalà è stata scoperta alla testimonianza più antica legata al suo culto, alcune odi scritte nel IX secolo da un monaco di nome Sergio, da cui risulterebbe che Calogero proveniva da Cartagine e morì nei pressi di Lilibeo. le lezioni dell’Uffizio, stampate nel 1610, lo dicono invece proveniente da Costantinopoli ed eremita sul monte Gemmariano.
Preghiamo: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…