17 Giugno 2019 – Lunedì, XI del Tempo Ordinario – (2Cor 6,1-10; Sal 97[98]; Mt 5,38-42) – I Lettura: Paolo esorta i Corìnzi ad accogliere positivamente la grazia divina della predicazione, di modo che essa possa produrre i frutti di conversione desiderati dal Signore. È importante cogliere oggi l’invito alla salvezza che non può essere lasciato passare inutilmente. Vangelo: La legge antica cercava di contenere la vendetta nei limiti della regola del taglione “occhio per occhio…‘’. La nuova legge supera questo modo di pensare chiedendo al suo discepolo di rinunciare anche al proprio diritto per imitare la pazienza di Cristo. È in questo modo che si spegne sul nascere la fiamma della violenza: mettendo al primo posto le esigenze della fraternità.
Io vi dico di non opporvi al malvagio – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».
Riflessione: «Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle». Dio si pone sempre come modello massimo d’amore. Nei suoi insegnamenti, Gesù ci ha spesso fatto comprendere che, da una parte siamo noi e il nostro agire la misura che offriamo a Dio per misurarci; dall’altra, che la misura con cui dobbiamo misurare gli altri è la stessa che usa Dio per noi. Spieghiamoci meglio! In altre parole significa che se io agisco con generosità, con carità, con misericordia, con gratuità… anche Dio userà tale misura per me e quindi con me sarà misericordioso, pietoso, generoso, ecc… al contrario, se sarò egoista, tirchio, misurato, esigente, poco paziente, sordo verso gli altri, anche Dio mi userà la stessa misura: «Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia» (Mt 5,7) e ancora: «Con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,38b). Riguardo il prossimo, invece, siamo chiamati a misurarlo con la stessa misura che usa Dio per noi: egli ci ama senza nostro merito e senza aver come ricambiarlo estende su di noi la sua provvidenza; ci dona il suo perdono e la sua amicizia; ci offre un posto in cielo e nel suo cuore nonostante i numerosi nostri tradimenti. Ecco la misura con cui dobbiamo amare il prossimo, con gratuità e generosità, senza tornaconti o interessi.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”…» – Giovanni Paolo II (Omelia, 18 maggio 1979): Il Vangelo di oggi contrappone due programmi. Uno basato sul principio dell’odio, della vendetta e della lotta. Un altro sulla legge dell’amore. Cristo dice: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,44). È una grande esigenza. Coloro che sono sopravvissuti alla guerra, come noi, che si sono incontrati con l’occupazione, con la crudeltà, con la violazione di tutti i diritti umani, la più brutale, sanno quanto grave e difficile sia questa esigenza. Eppure, dopo così terribili esperienze come l’ultima guerra, diventiamo ancor più consapevoli che sul principio che dice: “occhio per occhio e dente per dente” (Mt 5,38) e sul principio dell’odio, della vendetta, della lotta, non si può costruire la pace e la riconciliazione tra gli uomini e tra le Nazioni; essa soltanto si può costruire sul principio della giustizia e dell’amore reciproco. E perciò fu questa la conclusione che, dalle esperienze della seconda guerra mondiale, ha tratto l’Organizzazione delle Nazioni Unite, proclamando la “Carta dei diritti dell’uomo”. Soltanto sulla base del pieno rispetto dei diritti degli uomini e dei diritti delle Nazioni – del pieno rispetto! – può essere costruita, in futuro, la pace e la riconciliazione dell’Europa e del mondo.
Ma io vi dico di non opporvi al malvagio…: Giovanni Paolo II (Omelia, 22 febbraio 1987): Non si tratta qui certamente di acconsentire al male. E neppure ci viene proibita una legittima difesa nei confronti dell’ingiu-stizia, del sopruso o della violenza. Anzi è a volte soltanto con un’energica difesa che certe violenze possono e debbono essere respinte. Quello che Gesù ci vuole insegnare innanzitutto con quelle parole, come con le altre che abbiamo letto nel Vangelo, è la netta distinzione che dobbiamo fare tra la giustizia e la vendetta. Ci è consentito di chiedere giustizia; è nostro dovere praticare la giustizia. Ci è invece proibito vendicarci o fomentare in qualunque modo la vendetta, in quanto espressione dell’odio e della violenza.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Peggiore di ogni altro vizio e peccato è la tremenda ingiustizia, la grande malvagità dell’uomo dominato dall’odio e bramoso di vendetta. Tutti gli altri peccati e ingiustizie esplodono con forza all’improvviso come fiamme, ma poi cessano; quando invece un animo vendicativo e irriducibile comincia a sentire ostilità per il suo prossimo, arde in se stesso, per sempre, di pensieri maligni e perversi. Per sempre arde nel suo intimo la fiamma inestinguibile dell’odio, aizzata dal cuore vendicativo del malvagio. Tale gente si strugge e si corruccia interiormente, e tortura se stessa: alcuni perfino perdono i colori del viso, tutti assorti nei loro piani cattivi, corrucciati dalla malignità del loro cuore. È un vizio che striscia tra gli uomini come la serpe astuta, e proprio come la serpe riversa nei cuori il veleno. Anche se uno di costoro si dedicasse a tesori di buone opere, anche se digiunasse e vigilasse, se si facesse magro nelle opere di mortificazione, tutto ciò a nulla gli gioverebbe se non rinuncia all’odio contro il prossimo, se cela in cuore la cattiveria […]. Nessuno perciò consideri piccolo il vizio della vendetta, e nessuno si faccia vendetta da sé, ma la lasci al giudice divino, perché: Mia è la vendetta, e io voglio punire, dice il Signore (Eb 10,30; Dt 32,35). E tu non ripagare mai il male con il male. No! Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane; se ha sete, porgigli dell’acqua! Io punirò poi il male, dice il Signore. Dato perciò che il Signore distribuirà vendetta e ricompensa ai danneggiatori e ai danneggiati, nessuno si faccia giustizia da sé e punisca chi gli ha recato danno: è questa una ingiustizia che supera assai l’empietà dei pagani” (Giovanni Mandakuni, armeno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Ma io vi dico – La nuova Legge promulgata sul monte non va considerata come una legge assoluta, se così fosse sconvolgerebbe, e in alcuni casi scardinerebbe, qualunque vivere o relazione sociali. Gesù ha voluto tracciare una pista perché il cuore del discepolo si allargasse con magnanimità alla carità, in alcuni casi, anche fino all’eccesso. Amare i nemici e pregare per i persecutori, porgere l’altra guancia, sono delle postazioni di osservazione dalle quali il credente osserva ogni situazione, anche la più drammatica, con gli occhi di Dio e la interpreta con misericordia, imitando la misericordia di Dio: Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste (Lc 6,36). Una cabina di regia per leggere fatti, avvenimenti con il cuore in mano, un cuore che si fa carne pietosa rifiutando di aprirsi alla vendetta o dimenticando di chiedere gli interessi o slanciandosi in soccorso caritatevole verso i più bisognosi, i più indigenti, i più poveri. Una scelta di campo che spezza la spirale della violenza, che annichilisce ogni interpretazione farisaica della Legge di Dio, che stempera lo zelo divenuto eccessivo, che soffoca quell’estremismo religioso che ama brandire la spada. San Paolo esprime benissimo tutto ciò: «La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene… Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite… Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti… se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,9-21). Il modello di queste norme etiche si trova in Gesù, autore e perfezionatore della fede (Eb 12,2), soprattutto nei diversi episodi della sua terrificante passione: quando reagisce con imperturbabilità e fermezza alle percosse durante il processo ebraico (Gv 18,23), quando non fugge dinanzi alla marmaglia che era venuta per arrestarlo e impedisce a Pietro di usare la spada per difenderlo (Gv 18,4-10), quando perdona i carnefici (Lc 23,34) e accoglie nel suo Regno il buon ladrone (Lc 23,40). E sappiamo che a tenerlo confitto in Croce fu l’amore per gli uomini (Gv 13,1; 15,13). San Tommaso d’Aquino ci dice appunto che la passione di Cristo è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. Infatti, chiunque «vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù è assente dalla croce». Dunque, la via da battere per vivere la Legge nuova è quella del Calvario, difatti se «cerchi un esempio di carità… Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce… Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il crocifisso… Se cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene… Egli è nudo sulla croce, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, abbeverato con aceto e fiele…» (San Tommaso d’Aquino). Solo chi si fa inchiodare sulla Croce del Cristo può vivere la sua Parola, altrimenti tutto è pura follia.
Santo del giorno: 17 Giugno – San Marciano, Martire: “La persecuzione ordinata dell’imperatore Diocleziano arrivò nel 304 anche a Venafro, cittadina dell’attuale Molise. Tra l’anfiteatro romano e il tempio pagano della dea Bona “sulle cui fondamenta sorge oggi la Cattedrale di Santa Maria Assunta in cielo” vivevano due ufficiali dell’esercito romano: Nicandro e Marciano. Le antiche fonti storiche non si pronunciano sulla loro provenienza (forse nativi della Grecia), ma riferiscono come i due aderirono alla fede cristiana e rifiutarono di compiere rituali alle divinità pagane. Nel consumarsi del loro martirio si intreccia una significativa vicenda familiare: Daria, moglie di Nicandro, convertita anch’essa al cristianesimo, spronò lo sposo a non abiurare la fede. Questo costò anche a lei il martirio. I loro corpi furono seppelliti nei pressi di Venafro, dove già nel 313 fu eretta la Basilica cimiteriale a loro dedicata. Nel 1930 furono rinvenuti i loro sepolcri. La tradizione plurisecolare li acclama patroni delle città e delle diocesi (ora unificate) di Isernia-Venafro” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…