14 Giugno 2019 – Venerdì, X del Tempo Ordinario – (2Cor 4,7-15; Sal 115[116]; Mt 5,27-32) – I Lettura: Paolo identifica il tesoro come la luce che Dio fa brillare nel cuore, per far risplendere la conoscenza della gloria divina. Il vaso di creta è l’uomo in tutta la sua persona. Vangelo: Gesù definisce il matrimonio come un qualcosa di indissolubile. L’infedeltà muove i suoi primi passi già nel guardare un altro/a con bramoso desiderio, tutto ciò manifesta l’incertezza del cuore e apre la strada al tradimento.
Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».
Riflessione: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore». Sempre meno frequentemente sentiamo affrontare, nelle catechesi o nelle omelie, temi riguardanti la fornicazione. Da una parte emerge una certa ignoranza in una materia, quella della morale, che da sempre però la Chiesa non ha mai mancato di rendere dottrinalmente chiara (basti pensare ai tanti documenti magisteriali degli ultimi papi, dalla Humanae Vitae di Papa Paolo VI, ai tanti documenti di Giovanni Paolo II e fino all’Amoris Laetitia dell’attuale pontefice), dall’altra parte emerge un certo timore di dichiarare con fermezza e chiarezza le verità che possano apparire in controtendenza o perfino ostiche all’uditorio contemporaneo. La Scrittura è chiara in proposito: la persona non deve e non può mai diventare strumento di piacere, non può mai diventare un oggetto. Il desiderio nasce dal cuore ma è originato dalla vista e alimentato dalla fantasia. L’incapacità di custodire la vista, lo spazio che concediamo nella mente e nel cuore e l’assenso della volontà, portano l’uomo a non vedere più nel prossimo l’immagine di Dio ma solo un oggetto di desiderio e di piacere. D’altra parte, è peccato alimentare la fragilità del prossimo con una moda indecente e provocatoria in nome di una egoistica libertà che non tenga conto del bene massimo per tutti.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo…: Paolo VI (Udienza Generale, 3 marzo 1976): Il nostro sforzo ascetico, perfettivo della condotta morale, avrà due momenti: uno negativo, che i maestri di spirito chiamano mortificazione, digiuno, rinuncia, combattimento spirituale, penitenza, eccetera. Ricordiamo tutti come questo esercizio di riconquista della padronanza di sé, per conseguire un’idoneità alla vita cristiana, abbia nel Vangelo espressioni fortissime, che dovranno essere saggiamente interpretate, come questa: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te…» (Mt 5,29; così della mano: 30). A cui fa eco S. Paolo: «io tratto duramente il mio corpo, e lo trascino in schiavitù…» (1Cor. 9,27). L’altro momento dell’ascetica cristiana è positivo, rivolto cioè alla fortificazione della virtù, propria d’un seguace di Cristo. Milizia si chiama questo momento (cfr. Gb 7,1; 2Cor 10,4; Rm 13,14; Gal 5,16), ed ha in S. Paolo la metaforica ed espressiva descrizione dell’armatura romana: «Prendete… l’armatura di Dio, … cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia…, ecc.» (Ef 6,13-17). Non si è veri cristiani, se non si è forti. Non si è forti, anche spiritualmente, se non si è atleti, cioè senza dure e lunghe esercitazioni (1Tss 5,8). E tutto questo per possedere quella invincibile carità, che sopra ogni cosa andiamo cercando: «chi ci potrà separare dalla carità di Cristo?» (Rm 8,35).
Santità del matrimonio e della famiglia – Gaudium et spes 48: L’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dall’alleanza dei coniugi, vale a dire dall’irrevocabile consenso personale. E così, è dall’atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l’istituzione del matrimonio, che ha stabilità per ordinamento divino. In vista del bene dei coniugi, della prole e anche della società, questo legame sacro non dipende dall’arbitrio dell’uomo. Perché è Dio stesso l’autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini: tutto ciò è di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e la sorte eterna di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana. Per la sua stessa natura l’istituto del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l’uomo e la donna, che per l’alleanza coniugale “non sono più due, ma una sola carne” (Mt 19,6), prestandosi un mutuo aiuto e servizio con l’intima unione delle persone e delle attività, esperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente la conseguono. Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità.
Una comunione indissolubile – Famliaris Consortio 20: La comunione coniugale si caratterizza non solo per la sua unità, ma anche per la sua indissolubilità: «Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità» (Gaudium et Spes, 48). È dovere fondamentale della Chiesa riaffermare con forza – come hanno fatto i Padri del Sinodo – la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio: a quanti, ai nostri giorni, ritengono difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e a quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l’indissolubilità matrimoniale e che deride apertamente l’impegno degli sposi alla fedeltà, è necessario ribadire il lieto annuncio della definitività di quell’amore coniugale, che ha in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua forza (cfr. Ef 5,25). Radicata nella personale e totale donazione dei coniugi e richiesta dal bene dei figli, l’indissolubilità del matrimonio trova la sua verità ultima nel disegno che Dio ha manifestato nella sua Rivelazione. Egli vuole e dona l’indissolubilità matrimoniale come frutto, segno ed esigenza dell’amore assolutamente fedele che Dio ha per l’uomo e che il Signore Gesù vive verso la sua Chiesa.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «L’occhio è stato creato perché, contemplando le creature di Dio, si celebri il loro Creatore. È perciò compito degli occhi il vedere. Il veder male, però, dipende dalla mente, che dirige dal di dentro. Infatti le nostre membra, utili per ben operare, sono state create dal Signore, il quale concesse ch’esse fossero governate da una sostanza incorporea: l’anima. Quest’ultima, però, intraprese ad esser negligente e ad allentare le redini, come un auriga che non sappia trattenere la violenza dei cavalli al punto che, reso inutile l’impiego dei freni, si lancia a precipizio insieme con le bestie e con tutto il carro. Proprio a questo modo si comporta anche la nostra volontà: non sapendo servirsi delle membra come si conviene e indulgendo al disordine della concupiscenza, finisce con il sommergere se stessa. Orbene, il Signore nostro Cristo, conoscendo la nostra fragile natura e la negligenza della nostra volontà, impose una legge che impedisse e respingesse gli sguardi indiscreti, onde estinguere in noi l’incendio fin sul nascere, quand’esso è ancora remoto. Dice, infatti, il Signore: Chi guarda una donna per desiderarla, già ha commesso adulterio con lei in cuor suo [Mt 5,28]. Per questo, intende dire, vi interdico lo sguardo illecito: onde liberarvi dall’azione illecita. Non ritenere, disse, che divenga peccato solo con il contatto materiale: quella che viene condannata è l’intenzione» (Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il matrimonio va vissuto in una cornice di purezza e, sopra tutto, di stima reciproca: alla facilità del divorzio si oppone l’esigente legge dell’amore. La clausola eccetto il caso di unione illegittima, quasi «sicuramente fa riferimento a certe unioni ammesse come matrimonio presso alcuni popoli pagani, ma proibite, perché incestuose, nella Legge mosaica [cfr. Lv 18] e nella tradizione rabbinica. Si tratta, dunque di unioni nulle fin dall’origine per qualche impedimento. Quando le persone in situazioni siffatte si convertivano alla vera fede, la loro unione non veniva sciolta, ma si dichiarava che esse non erano state mai congiunte in vero matrimonio. Pertanto questa clausola non contraddice all’indissolubilità del matrimonio, ma la riafferma» (La Bibbia di Navarra). È da notare che Gesù supera la mentalità dei suoi tempi per la quale solo l’infrazione della donna era considerata adulterio e punita con pene severissime, ora nella Nuova Legge l’uomo e la donna sono sullo stesso piano, hanno gli stessi diritti e doveri ed hanno le stesse responsabilità morali.
Santo del giorno: 14 Giugno – San Metodio, Patriarca di Costantinopoli: “È la figura di un patriarca di Costantinopoli ai tempi della Chiesa indivisa, la figura che il calendario liturgico presenta oggi alla venerazione dei fedeli. Siciliano d’origine (la sua formazione sarebbe avvenuta a Siracusa), Metodio fu monaco sull’isola di Chio prima di essere chiamato a Costantinopoli dal patriarca san Niceforo. Erano quelli gli anni in cui divampava lo scontro sulle icone. Fermo difensore della venerazione delle immagini, quando l’imperatore iconoclasta Leone V l’Armeno depose il patriarca Niceforo, Metodio si recò a Roma per informare papa Pasquale I dell’accaduto. Alla morte di Leone, il Papa inviò Metodio a Costantinopoli con una lettera in cui chiedeva fosse reinsediato come legittimo patriarca. Ma la lotta non era ancora finita: ad attenderlo trovò infatti il carcere, dove rimase per anni. Solo con l’avvento dell’imperatrice Santa Teodora, verrà la svolta definitiva in favore delle icone. E Metodio tornerà sulla sede patriarcale di Costantinopoli. Morirà nell’847” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…