13 Giugno 2019 – Giovedì, X del Tempo Ordinario – Sant’Antonio di Padova (Memoria) – (2Cor 3,15-4,1.3-6; Sal 84[85]; Mt 5,20-26) – I Lettura: In questo brano della seconda lettera ai Corìnzi, Paolo afferma che quando ci sarà la conversione al Signore, e che quindi il velo steso sul cuore degli Israeliti sarà tolto, anch’essi riconosceranno che è giunta la nuova alleanza. La metafora del volto velato/svelato, sostiene l’intera argomentazione dell’apostolo. Paolo identifica Dio con lo Spirito negando che egli operi ancora mediante la lettera della Legge. Vangelo: Il progetto radicale di Gesù si delinea tramite il confronto tra un minimo e un massimo. Il regno dei cieli esige la radicalità del messaggio evangelico; è necessario che si riconosca tutta l’autorevolezza di colui che lo ha annunciato e lo si faccia con piena fiducia. È indispensabile una giustizia più piena di quella degli scribi e dei farisei per entrare nel regno di Dio.
Chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».
Riflessione: «Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà». Lo Spirito Santo agisce in noi come nella creazione del mondo. Nel racconto della Gènesi leggiamo di come la creazione sia un atto Trinitario: dal Padre nasce il desiderio e l’ordine della creazione, che si esprime per mezzo della Parola (il Figlio), e si realizza per opera dello Spirito Santo. Il Padre è l’origine di ogni cosa; il Figlio è colui per mezzo del quale tutte le cose sono state create (cfr. Gv 1,3; Eb 11,3); lo Spirito Santo è colui che dona vita, mantiene in vita e rinnova la vita. Ora, quest’atto creativo di Dio non si limita all’origine del mondo, ma si perpetua e si rinnova: per Dio noi possiamo essere nuove creature, e come all’origine la luce nel mondo rifulse per mezzo del Verbo e la potenza dello Spirito, così anche oggi, nei nostri cuori, nella nostra mente, nella nostra volontà, Dio crea nuove tutte le cose, ci dona la sua Parola perché ci giunga il suo desiderio di novità di vita, ci dona lo Spirito Santo perché egli possa realizzare in noi «l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Ef 4,24). Il frutto di questa vita nuova è la libertà che Cristo ci ha conquistata e che ci permette di vivere da uomini non più soggiogati dal peccato ma liberi da ogni condizionamento e divisione. Il perdono e la pace sono i segni visibili di tale vita nuova.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La spiritualità di Sant’Antonio di Padova – Benedetto XVI (Udienza Generale, 10 Febbraio 2010): Antonio volentieri «contempla, e invita a contemplare, i misteri dell’umanità del Signore, l’uomo Gesù, in modo particolare, il mistero della Natività, Dio che si è fatto Bambino, si è dato nelle nostre mani: un mistero che suscita sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina. Da una parte la Natività, un punto centrale dell’amore di Cristo per l’umanità, ma anche la visione del Crocifisso ispira ad Antonio pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita. Scrive sant’Antonio: “Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio. Lì potrai conoscere quanto mortali furono le tue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio. Se guarderai bene, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità umana e il tuo valore… In nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce» (Sermones Dominicales et Festivi III, pp. 213-214).
Se la vostra giustizia… – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 14 Giugno 2007): Gesù mostra cosa vuol dire portare a compimento la legge: cogliere in essa il pensiero e il cuore stesso di Dio. La giustizia, pertanto, non consiste in un egualitarismo esteriore, peraltro impossibile, ma nell’amore senza limiti che Dio ha per i suoi figli. Aggiunge, infatti, con una severa ammonizione: “Se la vostra giustizia non sorpasserà quella degli scribi e farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. A esser buoni alla pari dei farisei, vuol dire Gesù, vale lo stesso che esserlo per nulla. E lo spiega. Le parole che seguono nessuno ha mai osato dirle come le ha dette Gesù e nessuno le ha udite da altro luogo se non dal Vangelo. Il primo tema è tratto dal quinto comandamento: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai… io, invece, vi dico: chiunque s’adira con il suo fratello sarà sottoposto al giudizio”. Gesù non propone una nuova casistica (con l’aggiunta delle altre due scansioni: chi dice stupido e pazzo al proprio fratello), o una nuova prassi giuridica, bensì un nuovo modo di intendere i rapporti tra gli uomini. Gesù afferma che l’amore è il compimento della legge. Occorre, quindi, passare da un precetto in negativo alla positività dell’amicizia. L’amore ha un valore così alto da richiedere, se manca, l’interruzione dell’atto supremo del culto. La “misericordia” vale più del “sacrificio”; il culto, come relazione con Dio, non può prescindere da un rapporto d’amore con gli uomini.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» [Mt 5,20]. La giustizia dei farisei consisteva nel trattenere dal male la mano, non l’animo. I giudei credevano che non ci potesse essere peccato nel pensiero, ma solo nelle opere. Invece la giustizia degli apostoli è molto superiore per lo spirito del consiglio e per la grazia della misericordia divina, e consiste non solo nel trattenere la mano dalle opere cattive ma anche l’animo dai pensieri cattivi. Gli scribi e i farisei, quest’ultimo nome significa «separati», sono gli ipocriti [cfr. Mt 23 passim) i quali, scrivendo dinanzi agli occhi degli uomini, hanno scritto l’ingiustizia; e sono anche alcuni religiosi presuntuosi, i quali reputano giusti se stessi e disprezzano gli altri [cfr. Lc 18,9]. La giustizia di costoro consiste nel lavarsi le mani e nel lavare i vasi, nella disposizione delle vesti, nella costruzione di eleganti sinagoghe [edifici], nella grande quantità di istituzioni e di prescrizioni. Invece la giustizia dei veri penitenti consiste nello spirito di povertà, nell’amore fraterno, nel pianto della contrizione, nella mortificazione del corpo, nella dolcezza della contemplazione, nel disprezzo della prosperità terrena, nella paziente accettazione delle avversità, nel proposito della perseveranza finale” (Sant’Antonio di Padova).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Per comprendere il testo evangelico occorre decodificarlo. Innanzi tutto l’espressione In verità io vi dico (= Amen): la parola ebraica che significava in origine stabilità in seguito venne a significare la verità e la fedeltà. Qui sottolinea semplicemente in verità, mettendo in questo modo in evidenza l’autorità e la signoria di Gesù. Se la vostra giustizia… è un aperto rimprovero ai farisei che avevano deformato lo spirito della Legge, riducendo il loro impegno religioso a una formale interpretazione della Legge di Dio. La giustizia dei farisei era quindi il frutto di una ipocrita osservanza esteriore della Legge, deprecata dagli uomini e rigettata da Dio (cfr. Lc 18,9-14). Invece, il vero giusto per la sacra Scrittura è colui che si sforza sinceramente di adempiere la volontà di Dio (cfr. Mt 1,19), che si manifesta sopra tutto nei Comandamenti. Per avvicinarci al nostro linguaggio cristiano, giustizia è sinonimo di santità (cfr. 1Gv 2,29; 3,7-10; Ap 22,11). Ma io vi dico… un’espressione che mette in risalto l’autorità di Gesù: poiché la sua potestà è divina, Egli è superiore a Mosè e ai Profeti. Una prerogativa rigettata dai farisei, ma accolta dalla folla che seguiva il Maestro di Nazaret: «Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (Mc 1,22; cfr. Mt 7,28). Stupido… Epiteto ingiurioso cui si accompagnava a un gran disprezzo, che spesso veniva espresso non solo con le parole, ma sputando a terra. Pazzo, ancora più offensivo perché a volte voleva sottintendere un’aperta ribellione alla volontà di Dio. Gesù non vuole aggiungere nulla alla Legge e non crea una nuova statistica, ma va in profondità e in questa luce si comprende perché il suo insegnamento per la folla e per i discepoli era fonte di gioiosa novità, per i farisei un palese rimprovero che dava la stura all’astio e all’odio.
Santo del giorno: 13 Giugno – Sant’Antonio di Padova, Sacerdote e dottore della Chiesa: “Fernando di Buglione nasce a Lisbona. A 15 anni è novizio nel monastero di San Vincenzo, tra i Canonici Regolari di Sant’Agostino. Nel 1219, a 24 anni, viene ordinato prete. Nel 1220 giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d’Assisi. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra nel romitorio dei Minori mutando il nome in Antonio. Invitato al Capitolo generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente. Per circa un anno e mezzo vive nell’eremo di Montepaolo. Su mandato dello stesso Francesco, inizierà poi a predicare in Romagna e poi nell’Italia settentrionale e in Francia. Nel 1227 diventa provinciale dell’Italia settentrionale proseguendo nell’opera di predicazione. Il 13 giugno 1231 si trova a Camposampiero e, sentondosi male, chiede di rientrare a Padova, dove vuole morire: spirerà nel convento dell’Arcella” (Avvenire)
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che in sant’Antonio di Padova, hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa’ che per sua intercessione seguiamo gli insegnamenti del Vangelo e sperimentiamo nella prova il soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…