giugno, Liturgia

Santissima Trinità (C) 16 Giugno 2019

      Dal libro dei Proverbi (8,22-31) – Prima che la terra fosse, già la Sapienza era generata: Nel brano odierno, la sapienza stessa rivela la sua origine (generata prima di ogni creatura, vv. 22-26), la parte attiva che ebbe nella creazione (vv. 27-30) e la missione che deve svolgere presso gli uomini per condurli a Dio (vv. 31.35.36). Il tema della sapienza personificata sarà ripreso nel Nuovo Testamento che lo applicherà al Cristo (Mt 11,9; 23,34-36; Lc 11,49; 1Cor 1,24-30). La vetta di questa riflessione sarà raggiunta dal Vangelo di Giovanni a partire dal prologo che attribuisce al Verbo i tratti della sapienza creatrice.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (5,1-5) – Andiamo a Dio per mezzo di Cristo, nella carità diffusa in noi dallo Spirito: Paolo evidenzia l’amore del Padre verso le sue creature che trova piena concretezza e realizzazione nella salvezza operata dal Cristo, Figlio unigenito del Padre e dal dono dello Spirito Santo, principio di vita nuova e pegno dell’amore con cui il Padre ama gli uomini.

Dal Vangelo secondo Giovanni (16,12-15) – Tutto quello che il Padre possiede, è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà: Con il dono dello Spirito Santo, l’uomo, reso partecipe della natura divina (cfr. 2Pt 1,4), è chiamato a conoscere il mistero di Dio, Uno e Trino: tale «mistero è stato rivelato da Gesù Cristo, ed è la sorgente di tutti i misteri» (Compendio CCC 45).

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Approfondimento

      La Santa Trinità – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 4 Dicembre 1985): Al termine del lungo lavoro di riflessione, portato avanti dai Padri della Chiesa e consegnato nelle definizioni dei Concili, la Chiesa parla del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo come di tre “Persone”, che sussistono nell’unità dell’identica sostanza divina.

Dire “persona” significa fare riferimento a un ente unico di natura razionale… La Chiesa antica precisa però subito che la natura intellettuale in Dio non è moltiplicata con le Persone; essa resta unica, così che il credente può proclamare col simbolo: “Non tre dèi, ma un unico Dio”.

Il mistero si fa qui profondissimo: tre Persone distinte e un solo Dio. Come è possibile? La ragione comprende che non v’è contraddizione, perché la trinità è delle Persone e l’unità della Natura divina. Resta però la difficoltà: ciascuna delle Persone è il medesimo Dio; come possono allora distinguersi realmente?

La risposta che la nostra ragione balbetta si appoggia sul concetto di “relazione”. Le tre Persone divine si distinguono fra loro unicamente per le relazioni che hanno l’Una con l’Altra: e precisamente per la relazione di Padre a Figlio, di Figlio a Padre; di Padre e Figlio a Spirito, di Spirito a Padre e Figlio. In Dio, dunque, il Padre è pura Paternità, il Figlio pura Figliolanza, lo Spirito Santo puro “Nesso di Amore” dei Due, cosicché le distinzioni personali non dividono la medesima e unica Natura divina dei Tre.

L’XI Concilio di Toledo (675) precisa con finezza: “Ciò che il Padre è, lo è non in riferimento a sé, ma in relazione al Figlio; e ciò che è il Figlio, lo è non in riferimento a sé, ma in relazione al Padre; allo stesso modo lo Spirito Santo, in quanto è predicato Spirito del Padre e del Figlio, lo è non in riferimento a sé, ma relativamente al Padre e al Figlio” (Denz.-S. 528).

Il Concilio di Firenze (1442) ha potuto perciò affermare: “Queste tre Persone sono un unico Dio… perché dei Tre unica è la sostanza, unica l’essenza, unica la natura, unica la divinità, unica l’immensità, unica l’eternità; in Dio infatti tutto è una cosa sola, ove non c’è opposizione di relazione” (Denz.-S. 1330).

Le relazioni che distinguono così il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e che li rivolgono realmente l’Uno verso l’Altro nel loro stesso essere, possiedono in se stesse tutte le ricchezze di luce e di vita della natura divina, con la quale esse si identificano totalmente. Sono relazioni “sussistenti”, che in forza del loro slancio vitale si fanno l’una incontro all’altra in una comunione nella quale la totalità della Persona è apertura all’altra, paradigma supremo della sincerità e libertà spirituale a cui devono tendere le relazioni interpersonali umane, sempre assai lontane da tale trascendente modello.

Al riguardo il Concilio Vaticano II osserva: “Il Signore Gesù, quando prega il Padre perché tutti siano una cosa sola come io e te siamo una cosa sola (Gv 17,21-22), mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l’unione delle persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di se stesso” (GS 24).

Se la perfettissima unità delle tre Persone divine è il vertice trascendente che illumina ogni forma di autentica comunione tra noi, esseri umani, è giusto che la nostra riflessione ritorni di frequente alla contemplazione di questo mistero, a cui così spesso si fa cenno nel Vangelo. Basti ricordare le parole di Gesù: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30); e ancora: “Credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre” (Gv 10,38). E in altro contesto: “Le parole che io vi dico non le dico da me; ma il Padre che è in me” (Gv 14,10-11).

Gli antichi scrittori ecclesiastici si soffermano spesso a trattare di questo reciproco compenetrarsi delle Persone divine […]. Il Concilio di Firenze ha espresso questa verità trinitaria con le seguenti parole: “Per questa unità… il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio” (Denz.-S. 1331).

Le tre Persone divine, i tre “Distinti”, essendo pure relazioni reciproche sono il medesimo Essere, la medesima Vita, il medesimo Dio. Davanti a questo folgorante mistero di comunione, in cui la nostra piccola mente si perde, sale spontanea al labbro l’acclamazione della liturgia: “Gloria a te, Trinità,/uguale nelle Persone, unico Dio,/pri-ma di tutti i secoli, ora e per sempre” (Sollemnitas SS.mae Trinitatis, Ad I Vesperas, Ant. 1).

Commento al Vangelo

Quando verrà lo Spirito Santo – Siamo nel contesto del discorso di addio dell’Ultima Cena: agli Apostoli affranti, il loro cuore è colmo di tristezza a motivo della imminente dipartita del Maestro (Gv 16,6), Gesù promette il dono dello Spirito Santo. Quando «verrà lo Spirito di verità», saranno ricolmi di gioia e saranno guidati «alla verità tutta intera» (Gv 16,13).

Nell’Antico Testamento Dio è pastore d’Israele (cfr. Gen 48,15; 49,24; Sal 23,1.80,2; Qo 12,11; Sir 18,13; Is 40,11; Ger 31,10; Mi 4,6; Sof 3,19; Zc 9,16; 10,3); nel Nuovo Testamento, Gesù si proclama buon pastore (Gv 10,1-21; Eb 13,20; 1Pt 2,25; 5,4; Ap 7,17; 14,4); nel tempo della Chiesa, quando il Cristo risorto sarà tornato al Padre, lo Spirito Santo sarà la guida dei discepoli.

Con la venuta dello Spirito Santo si inaugura il tempo dell’evan-gelizzazione: sarà un tempo segnato dal conflitto tra luce e tenebre (cfr. Gv 3,19), tra verità e menzogna (cfr. Rm 1,25; 1Gv 2,21), tra la logica di Cristo e la logica del mondo (cfr. Gc 4,4); sarà un tempo di sangue, segnato dalla gratuita e illogica persecuzione (cfr. Gv 16,2), dalle subdole insidie del male (cfr. 1Pt 5,8) e dall’infuriare dell’odio di satana (cfr. Ap 12,17); sarà il tempo dello Spirito Santo che avrà la funzione di animare la Chiesa e di renderla missionaria, capace di andare sino agli estremi confini della terra per annunziare il Vangelo «con la potenza di segni e prodigi» (Rm 15,19), con fede e coraggio; sarà il tempo della Chiesa, fondata «dalle parole e dalle azioni di Gesù Cristo… manifestata come mistero di salvezza mediante l’effusione dello Spirito Santo. Avrà il suo compimento alla fine dei tempi come assemblea celeste di tutti i redenti» (Compendio CCC 149).

La Chiesa non sarà abbandonata in balia delle devastanti potenze del Male (cfr. Mt 16,18): lo Spirito Santo prenderà il posto di Cristo nella guida dei discepoli, «sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita» (Ap 7,17).

La missione dello Spirito Santo sarà parallela a quella di Gesù. Anche lui sarà maestro e guida e nello stesso tempo sarà il Consolatore e l’Avvocato, colui che intercede presso il Padre (cfr. 1Gv 2,1) e difende i discepoli davanti ai tribunali umani (cfr. Gv 15,26.27; Lc 12,11-12; Mt 10,19-20; At 5,32).

Lo Spirito Santo annunzierà ai discepoli le cose future: non nel senso di nuove rivelazioni riguardanti il futuro, ma nel senso che donerà l’intelligenza per capire e interpretare quanto è già avvenuto o è stato detto o insegnato dal Cristo. Lo Spirito Santo glorificherà Gesù manifestando le ricchezze del suo mistero.

Il verbo annunziare è usato negli scritti apocalittici [cfr. Dn 2,2.4. 7.9], «dove indica le interpretazioni delle visioni e delle rivelazioni dei misteri. In questo senso, lo Spirito non rivelerebbe qualcosa di nuovo, ma interpreterebbe la rivelazione storica di Gesù, in relazione al futuro escatologico. Lo Spirito espleterà questa funzione mediante gli Apostoli, che avranno una missione particolare nei riguardi della rivelazione di Gesù in quanto furono testimoni fin dall’inizio [Gv 15,27] … Non solo mediante gli Apostoli, ma nella vita della Chiesa espleterà la sua missione di verità mediante la guida nell’inter-pretare la rivelazione di Gesù in relazione al futuro e al futuro ultimo» (Giuseppe Segalla).

Tutto quello che lo Spirito Santo prende dal Figlio proviene dal Padre, in questo modo la «rivelazione è dunque perfettamente una: avendo origine nel Padre e realizzandosi per mezzo del Figlio, si compie nello Spirito, per la gloria del Figlio e del Padre» (Bibbia di Gerusalemme).

Le ultime parole di Gesù (v. 15: Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà) hanno una portata particolarmente trinitaria, ma «la prospettiva rimane cristologica: nel Cristo, interpretato dallo Spirito, si svela il mistero di Dio» (Alain Marchadour).

Riflessione

Nel nome della santissima Trinità – Anche se Dio «ha lasciato qualche traccia del suo Essere trinitario nella creazione e nell’Antico Testamento», l’intimità «del suo Essere come Trinità Santa costituisce un mistero inaccessibile alla sola ragione umana» (Compendio).

Ora, pur nella limitatezza dell’intelletto umano, qualcosa può essere detto partendo dall’amore, in quanto la piena e perfetta rivelazione di Dio sta nell’amore (cfr. 1Gv 4,8.16). Infatti, nell’amore si svela il vero volto di Dio e nel come Egli ama si svela il mistero delle Tre persone nelle loro più intime operazioni.

Il Padre poiché ama gli uomini dona il suo Figlio per la loro salvezza. Dona ciò che è più caro e più prezioso per un Padre: il suo Figlio unico. Il Padre dona il Figlio per l’infinito amore che ha verso l’umanità, per la salvezza degli uomini: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

Nel dono del suo Figlio unico si misura tutta la sua paternità: è vero Padre che ama sinceramente e profondamente ed in modo smisurato tutti gli uomini. Il Padre manda il Figlio per espiare i peccati dell’umanità. Pur conoscendo la tragica fine che gli uomini avrebbero riservato al Figlio, pur sapendo quanti grumi di malvagità si sarebbero scaricati sul Figlio sofferente, pur prevedendo l’enormità della ingratitudine umana, pur sapendo che gli uomini avrebbero tradito, rifiutato, maltrattato, ucciso il Figlio…, nonostante la consapevolezza certa di una tragica morte, il Padre «introduce il primogenito nel mondo» (Eb 1,6) perché «il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,17). Il vero amore non fa calcoli sulla corrispondenza altrui.

Il Padre è infinitamente misericordioso e attende impaziente il ri-torno dei suoi figli. L’amore del Padre verso i peccatori sembra qua-si esagerato, al limite della irragionevolezza (cfr. Lc 15,11-32). È più forte e più grande la capacità di perdono da parte di Dio della capacità di peccare da parte di tutti gli uomini di tutti i tempi.

L’uomo può contemplare il volto del Padre solo se riposa tra le sue braccia amorose. Il Figlio in quanto ama il Padre si fa obbediente fino alla morte di croce per la salvezza degli uomini. Cristo Gesù, perfetto dono d’amore del Padre agli uomini, dà la sua vita fino al supremo sacrificio. La morte in croce è il massimo atto di amore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).

«Il dono della vita per gli amici costituisce il segno più eloquente dell’amore forte e concreto. L’amore di Dio si è manifestato nel dono del suo Figlio unigenito; Gesù con la sua passione e morte in croce mostra nel modo più convincente che ama i “suoi” fino all’estre-mo» (Salvatore A. Panimolle).

Gesù, buon Pastore, dimostra di saper soffrire, sino al massimo, non per costrizione, ma per generosità, per esigenza e abbondanza di amore: Cristo «ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,2). Come se tutto questo non potesse appagare pienamente il suo Cuore, Gesù dona il suo Corpo e il suo Sangue quale vero cibo e vera bevanda (cfr. Gv 6,55): dà la sua sostanza quale alimento per i suoi fedeli, quale sua perenne presenza per gli uomini. Nel suo infinito amore per gli uomini rivela i più nascosti misteri divini: rivela l’amore, la volontà, le idee, i pensieri, i segreti del Padre. Svela e fa conoscere il volto del Padre: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9).

Lo Spirito Santo è l’amore del Padre e del Figlio, donato all’uomo,  «riversato nei nostri cuori» (Rm 5,5). È l’amore con cui Dio ama gli uomini e di cui lo Spirito Santo è caparra, già possesso perfetto e pacifica beatitudine. L’uomo, pur possedendo un cuore che arde d’amore divino, potrà amare Dio e i suoi fratelli con lo stesso amore con cui è amato dal Padre e dal Figlio solo se si farà invadere, possedere dallo Spirito Santo. Infatti, Cristo ha mandato a tutti gli uomini lo Spirito Santo per muoverli interiormente «ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutte le proprie forze, e ad amarsi reciprocamente come Cristo ha amato loro» (LG 40).

Lo Spirito Santo guida l’uomo alla verità tutta intera, cioè conduce l’uomo a incontrarsi con Gesù, la seconda Persona della Trinità, che è la Verità (cfr. Gv 14,6) e in essa lo fa dimorare e camminare.

In ogni caso le Tre persone, nel loro agire divino inseparabili «nel-la loro unica sostanza, sono inseparabili anche nel loro operare: la Trinità ha una sola e medesima operazione» (Compendio CCC 49).

Non vi sono tre amori, ma un solo Amore divino che bacia ininterrottamente l’uomo: dalla culla all’eternità!

La pagina dei Padri

Essere un’anima sola in Dio – Sant’Agostino: State attenti, fratelli, perché riconoscerete qui il mistero della Trinità, in qual modo cioè si possa dire: il Padre è, il Figlio è, lo Spirito Santo è, e tuttavia Padre, Figlio e Spirito Santo sono un solo Dio. Ecco che quelli erano molte migliaia, ma avevano un solo cuore; erano molte migliaia, ma avevano una sola anima. Ma dove avevano un solo cuore e una sola anima? (cfr. At 2,32). In Dio. A maggior ragione questa unità si deve trovare in Dio.

Forse sbaglio nell’esprimermi, quando dico che due uomini hanno due anime e tre uomini ne hanno tre, e molti uomini ne hanno molte? Di certo mi esprimo giustamente. Ma se essi si avvicinano a Dio, avranno una sola anima. Se coloro che si avvicinano a Dio, per mezzo della carità, di molte anime diventano un’anima sola e di molti cuori un cuore solo, che cosa non farà la stessa fonte della carità nel Padre e nel Figlio? La Trinità non è dunque, a più forte ragione, un solo Dio? È da essa infatti che ci viene la carità, dallo stesso Spirito Santo, così come dice l’Apostolo: “La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato” (Rm 5,5).

Se dunque «la carità è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» e di molte anime fa un’anima sola e di molti cuori fa un cuore solo, a quanta maggior ragione il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo dovranno essere un solo Dio, una sola luce, e un solo principio?

 

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