giugno, meditazioni

12 Giugno 2019

12 Giugno 2019 – Mercoledì, X del Tempo Ordinario – (2Cor 3,4-11; Sal 98[99]; Mt 5,17-19) – I Lettura: La lettura è costruita sulla differenza fra il ministero della nuova e antica alleanza. La prima viene definita come alleanza della lettera, cioè legge scritta, la seconda come alleanza dello Spirito. Vangelo: L’espressione Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti sembra premunire il lettore con un tono polemico da una falsa interpretazione delle sei antitesi esposte più avanti (vv. 21-48), e che toccano diversi punti della Legge. Gesù non è venuto per invalidare la Legge mosaica, ma per portarla, con il suo insegnamento, a compimento nelle sue potenzialità nascoste e nel suo valore di rivela­zione profetica. Come suggeriscono altri passi neotestamentari, tutto l’Antico Testamento converge verso Cristo, che lo attua pienamente, rendendo presente il regno di Dio, ecco perché i singoli precetti dell’Antico Testamento conservano il loro valore: In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.

Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Riflessione: «La nostra capacità viene da Dio». La fede nasce dalla Rivelazione di Dio: non è il pensiero di un uomo; non è una filosofia o uno stile di vita; non è un insieme di precetti da vivere, scaturiti dalla tradizione e dal buon costume di un popolo. Noi possiamo dire di Dio ciò che lui stesso ha detto di sé. Io credo nella misericordia di Dio perché egli mi ha rivelato il suo cuore misericordioso; posso chiamarlo Padre perché lui si è rivelato come tale, e il Figlio mi ha insegnato a chiamarlo in questo modo e a intessere con lui un rapporto di figliolanza. Dio ci ha parlato lungo i secoli per mezzo dei profeti, e infine ci ha dato la sua Parola piena e definitiva per mezzo del suo Figlio Gesù (cfr. Eb 1,1-2). Il Cristo ci ha consegnato un deposito di fede (cfr. 1Tm 6,20) che continuamente dobbiamo apprendere e comprendere. Ci viene in aiuto lo Spirito Santo il quale ci rende capaci di intendere la verità tutta intera (cfr. Gv 16,13). Senza l’aiuto dello Spirito Santo non riusciremmo ad entrare nei misteri di Dio, non riusciremmo a comprendere il senso pieno della Rivelazione. Se siamo capaci di Dio, se cioè possiamo capire e dire qualcosa su di lui è solo perché lo Spirito Santo viene in aiuto alla nostra debolezza (cfr. Rom 8,26) e ci rende idonei, e quindi capaci, al senso delle Scritture (cfr. 2Pt 1,20-21).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Non crediate – Benedetto XVI (Omelia, 26 Maggio 2006): […] vivere la propria fede come rapporto d’amore con Cristo significa anche essere pronti a rinunciare a tutto ciò che costituisce la negazione del suo amore. Ecco perché Gesù ha detto agli Apostoli: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. Ma quali sono i comandamenti di Cristo? Quando il Signore Gesù insegnava alle folle, non mancò di confermare la legge che il Creatore aveva iscritto nel cuore dell’uomo ed aveva poi formulato sulle tavole del Decalogo. “Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti; non sono venuto ad abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure uno iota o un segno, senza che tutto si sia compiuto” (Mt 5,17-18). Gesù però ci ha mostrato con una nuova chiarezza il centro unificante delle leggi divine rivelate sul Sinai, cioè l’amore di Dio e del prossimo: “Amare [Dio] con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stessi vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici” (Mc 12,33). Anzi, Gesù nella sua vita e nel suo mistero pasquale ha portato a compimento tutta la legge. Unendosi con noi mediante il dono dello Spirito Santo, porta con noi e in noi il “giogo” della legge, che così diventa un “carico leggero” (Mt 11,30). In questo spirito Gesù formulò il suo elenco degli atteggiamenti interiori di coloro che cercano di vivere profondamente la fede: Beati i poveri in spirito, quelli che piangono, i miti, quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati a causa della giustizia… (cfr. Mt 5,3-12).

La lettera uccide, lo Spirito invece dà vita – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 9 Agosto 1989): Tutta la vita della Chiesa primitiva, come ci appare dagli Atti degli Apostoli, è una manifestazione della verità enunciata da san Paolo, secondo il quale “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Pur tra i limiti e i difetti degli uomini che la compongono, la comunità di Gerusalemme partecipa alla nuova vita che “viene data dallo Spirito”, vive dell’amore di Dio. Anche noi riceviamo questa vita in dono dallo Spirito Santo, il quale ci infonde l’amore – amore di Dio e del prossimo – contenuto essenziale del comandamento più grande. Così la nuova legge, impressa nei cuori degli uomini dall’amore come dono dello Spirito Santo, è in essi legge dello Spirito. Ed essa è la legge che libera, come scrive san Paolo: “La legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Rm 8,2). Per questo la Pentecoste, in quanto è “l’effusione nei nostri cuori” dell’amore di Dio (cfr. Rm 5,5), segna l’inizio di una nuova morale umana, radicata nella “legge dello Spirito”. Questa morale è qualcosa di più della sola osservanza della legge dettata dalla ragione o dalla stessa Rivelazione. Essa deriva da una profondità maggiore e al tempo stesso giunge ad una profondità maggiore. Deriva dallo Spirito Santo e fa vivere di un amore che viene da Dio e che diventa realtà dell’esistenza umana per mezzo dello Spirito Santo “riversato nei nostri cuori”. L’apostolo Paolo fu il più alto banditore di questa morale superiore, radicata nella “verità dello Spirito”. Lui che era stato uno zelante fariseo, buon conoscitore, meticoloso osservante e fanatico difensore della “lettera” dell’antica legge, diventato più tardi apostolo di Cristo, potrà scrivere di sé: “Dio… ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito, perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita” (2Cor 3,6).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Cielo e terra passeranno: è nelle forme che il Cielo passa, a causa del rinnovamento delle forme inferiori… Passa la figura di questo mondo, ma non la sostanza… Come dice Pietro [2Pt 3,12] i Cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si liquefaranno… la terra e quello che vi è costruito saranno dissolti col fuoco… e questo per quanto riguarda la condizione esteriore di questa terra, che sarà abbandonata dalla corruzione e dalla riproduzione… allora la terra sarà trasparente come il cristallo o il vetro. Passerà perciò in quanto a natura esteriore, ma non in quanto a sostanza” (Alberto Magno).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti – Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP: Gesù si concentrava su alcune norme farisaiche in tal modo, molti avrebbero potuto immaginare che fosse venuto a revocare la Legge mosaica per sostituirla con un’altra. I Dottori della Legge, per esempio, proibivano il contatto con i peccatori e i pubblicani, invece il Divino Maestro andava a cenare a casa loro. Rompeva anche i precetti farisaici del sabato, permetteva che i suoi discepoli omettessero le abluzioni rituali prima della refezione e affermava che non c’era impurità negli alimenti, quanto piuttosto nel cuore. Tutto questo potrebbe dare l’impressione che Egli fosse un lassista disposto ad abolire le antiche pratiche, eccessivamente rigorose. Non ignorando questa obiezione dei suoi ascoltatori, Gesù comincia col mostrar loro che la Buona Novella non è “una dottrina di facilitazioni né una religione a prezzi promozionali, meno ancora un’anarchia o una rottura rivoluzionaria col passato di Israele” (Grandmaison, SJ). Al contrario, Egli edificherà il Vangelo “sugli antichi fondamenti della Legge divina: nulla verrà meno, a meno che non si dica che un bocciolo di rosa finisce quando il fiore sboccia, o un abbozzo tracciato a matita è soppresso quando la pittura definitiva viene a completarlo, lo fisserà per sempre” (Idem). In cosa consiste, allora, il “pieno compimento” annunciato dal Messia? L’antica Legge era, secondo San Tommaso, quella “dell’ombra”, poiché “figurava con alcuni atti cerimoniali e prometteva con parole” soltanto la giustificazione degli uomini (San Tommaso D’Aquino, Summa Teologica). La nuova, pertanto, è quella “della verità”, perché realizza in Cristo quanto la Legge antica prometteva e figurava. Ossia, la Legge nuova realizza l’antica in quanto sopperisce a quello che era mancato a questa (cfr. idem). Nostro Signore non è solo l’Autore della Legge, ma la Legge viva stessa. Come diciamo che “il Verbo di Dio si è fatto carne”, così possiamo affermare che “la Legge di Dio si è fatta carne ed ha abitato tra noi”. Nel Divino Maestro si trovano i Dieci Comandamenti nello stato di divinità, infatti, per esempio, che cosa Egli ha fatto nella sua vita terrena se non praticare in ogni momento il Primo Comandamento: “Amerai il Signore tuo Dio sopra ogni cosa”? In questa prospettiva, è facile vedere nel Decalogo un riflesso del Creatore, comprendere la bellezza che esiste nei suoi precetti e osservarli con amore, in modo da creare nella nostra anima l’aspirazione a compierli con integrità, come mezzo per approssimarci a Dio.

Santo del giorno: 12 Giugno – San Gaspare Luigi Bertoni: “Nato a Verona il 9 ottobre 1777, a 18 anni risponde alla chiamata al sacerdozio, ma proprio mentre inizia il corso di teologia la sua città subisce l’invasione straniera. Il giovane chierico si distingue per l’assistenza ai malati e ai feriti, entrando a far parte dell’«Evangelica Fratellanza degli Spedalieri». Ordinato sacerdote il 20 settembre 1800, gli viene affidata la cura spirituale della gioventù. Nel maggio 1808 viene chiamato a dirigere spiritualmente la nascente Congregazione delle Figlie della Carità, fondate da santa Maddalena di Canossa; guida anche la serva di Dio Leopoldina Naudet, fondatrice delle Sorelle della Sacra Famiglia. Con alcuni compagni formati nei suoi Oratori, nel 1816 dà inizio “presso la Chiesa delle Stimmate di San Francesco” all’istituto religioso dei «Missionari apostolici in aiuto dei vescovi», detto poi delle «Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo». Provato da continue malattie, muore a Verona il 12 giugno 1853. Giovanni Paolo II lo proclama santo il 1° ottobre 1989” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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