8 Giugno 2019 – Sabato, VII settimana di Pasqua – (At 28,16-20.30-31; Sal 10[11]; Gv 21,20-25) – I Lettura: Paolo giunto a Roma viene rassicurato che nessuna condanna è arrivata contro di lui da parte degli ebrei, così intravede l’occasione di iniziare la sua predicazione ai pagani. Vangelo: Ora Pietro è pronto. Ha ammesso di non essere capace di amare come avrebbe voluto, come avrebbe dovuto, come avrebbe potuto. Ora ha misurato il suo limite, perciò Gesù lo sceglie. L’ultima parola che gli rivolge è uguale alla prima, rivoltagli molti anni prima: seguimi.
Questo è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e la sua testimonianza è vera – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
Riflessione: «Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera». Con la Liturgia odierna si conclude il Tempo di Pasqua. Domani celebreremo il solenne ricordo della Pentecoste con il dono dello Spirito Santo alla Chiesa e da lì ricomincerà il cammino feriale del Tempo Ordinario. Il Tempo di Pasqua è il tempo della testimonianza: «noi abbiamo veduto e creduto!». Un tempo in cui, sfolgorati dalla luce pasquale, abbiamo potuto contemplare tanti personaggi che sono diventati nostri testimoni. Sono coloro che hanno accolto, custodito e trasmesso il deposito della fede; hanno conosciuto Gesù nella carne e hanno creduto al Cristo nella fede; hanno mangiato con lui, hanno assistito ai suoi miracoli, ascoltato le sue parabole. Ma sopratutto sono coloro che ci hanno testimoniato la potenza del Signore risorto, la sua vittoria sul peccato e la morte. La loro testimonianza è vera, e l’abbiamo conosciuta grazie alla lettura degli Atti degli Apostoli che oggi si conclude con l’annuncio della Parola anche a Roma e quindi in ogni parte del mondo allora conosciuto. Ed è questa Parola che ieri come oggi sostiene il nostro cammino, rischiara i nostri passi, ci guida e ci regge, ci illumina e conforta, dandoci pace e forza, fede e speranza, rendendoci saldi nella carità in Cristo.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava… – Benedetto XVI (Udienza Generale, 5 Luglio 2006): All’interno della Chiesa di Gerusalemme, Giovanni occupò un posto di rilievo nella conduzione del primo raggruppamento di cristiani. Paolo infatti lo annovera tra quelli che chiama le “colonne” di quella comunità (cfr. Gal 2,9). In realtà, Luca negli Atti lo presenta insieme con Pietro mentre vanno a pregare nel Tempio (cfr. At 3,1-4.11) o compaiono davanti al Sinedrio a testimoniare la propria fede in Gesù Cristo (cfr. At 4,13.19). Insieme con Pietro viene inviato dalla Chiesa di Gerusalemme a confermare coloro che in Samaria hanno accolto il Vangelo, pregando su di loro perché ricevano lo Spirito Santo (cfr. At 8,14-15). In particolare, va ricordato ciò che afferma, insieme con Pietro, davanti al Sinedrio che li sta processando: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20). Proprio questa franchezza nel confessare la propria fede resta un esempio e un monito per tutti noi ad essere sempre pronti a dichiarare con decisione la nostra incrollabile adesione a Cristo, anteponendo la fede a ogni calcolo o umano interesse. Secondo la tradizione, Giovanni è “il discepolo prediletto”, che nel Quarto Vangelo poggia il capo sul petto del Maestro durante l’Ultima Cena (cfr. Gv 13,21), si trova ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù (cfr. Gv 19,25) ed è infine testimone sia della Tomba vuota che della stessa presenza del Risorto (cfr. Gv 20,2; 21,7). Sappiamo che questa identificazione è oggi discussa dagli studiosi, alcuni dei quali vedono in lui semplicemente il prototipo del discepolo di Gesù. Lasciando agli esegeti di dirimere la questione, ci contentiamo qui di raccogliere una lezione importante per la nostra vita: il Signore desidera fare di ciascuno di noi un discepolo che vive una personale amicizia con Lui. Per realizzare questo non basta seguirlo e ascoltarlo esteriormente; bisogna anche vivere con Lui e come Lui. Ciò è possibile soltanto nel contesto di un rapporto di grande familiarità, pervaso dal calore di una totale fiducia. È ciò che avviene tra amici; per questo Gesù ebbe a dire un giorno: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici… Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,13.15).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Solleva il tuo pensiero a quel giorno tremendo in cui Cristo verrà! Non vedrai coppie di muli candidi né bighe auree e neppure draghi e serpenti sulle vesti, ma uno spettacolo pieno di tanto orrore, causa di tanto spavento, che le stesse potenze celesti ne saranno sbigottite; è detto infatti: Le potenze dei cieli si scuoteranno (Mt 24,29). Poi si spalanca tutto il cielo, si aprono le porte delle sue volte, il Figlio unigenito di Dio scende circondato non da venti, non da cento uomini armati, ma da migliaia, da decine di migliaia di angeli, arcangeli, cherubini, serafini e altre potenze celesti. Tutto è pieno di paura e terrore; la terra si spalanca; tutti gli uomini, da Adamo fino a quelli di quei giorni ascenderanno dalla terra e saranno raccolti davanti a lui, che apparirà in tanta gloria da nascondere, col suo splendore, la luna, il sole e ogni luce. E quale parola è mai in grado di descrivere tale beatitudine, tale gloria?” (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il mondo non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere – “Gesù Cristo vive in noi fin dall’origine del mondo , e opera in noi lungo tutto il tempo della nostra vita. Quello che trascorrerà fino alla fine del mondo è un giorno. Gesù ha vissuto e vive ancora, ha cominciato in se stesso e continua nei suoi santi una vita che non finirà mai. O vita di Gesù, che comprende e supera tutti i secoli! Vita che si esprime a ogni istante con nuove operazioni! Il mondo intero è incapace di contenere tutto quello che si potrebbe scrivere di Gesù, ciò che ha fatto o detto e la sua vita intima; il Vangelo non ce ne delinea che pochi piccoli tratti. Se la prima ora è così sconosciuta e così feconda, quanti vangeli bisognerebbe scrivere per fare la storia di tutti gli istanti di questa vita mistica di Gesù Cristo che moltiplica le meraviglie all’infinito e le moltiplicherà eternamente! poiché‚ tutti i tempi, propriamente parlando, non sono che la storia dell’azione divina! Lo Spirito Santo ha fatto incidere con caratteri infallibili e incancellabili alcuni momenti di questa vasta durata, ha raccolto nelle Scritture qualche goccia di questo mare, ci ha svelato attraverso quali segrete e sconosciute operazioni ha realizzato la comparsa di Gesù Cristo nel mondo. Si vedono i canali e le vene che attraverso la confusa generazione dei figli degli uomini distinguono l’origine, la razza, la genealogia di questo primogenito. Tutto l’Antico Testamento non è che una piccola strada tra le innumerevoli e inscrutabili vie di quest’opera divina; non c’è che quel che è necessario per arrivare a Gesù. Lo Spirito divino ha tenuto nascosto tutto il resto nei tesori della sua sapienza. E di tutto questo mare dell’azione divina non ce ne appare che un rigagnolo che, dopo la venuta di Gesù, si è sperduto negli apostoli ed è sprofondato nell’abisso dell’Apocalisse. Così tutto il resto della storia di quest’azione divina che racchiude tutta la vita mistica che Gesù conduce nelle anime sante fino alla fine dei secoli, è destinato a rimanere l’oggetto della nostra fede. Tutto quello che è stato scritto è solo la parte più evidente. Noi siamo nei secoli della fede, lo Spirito Santo non scrive più vangeli se non nei cuori; tutte le azioni, tutte le esperienze dei santi sono il vangelo dello Spirito Santo. Le anime sante sono la carta, le loro sofferenze e le loro azioni sono l’inchiostro. Lo Spirito Santo, con la penna della sua azione, sta scrivendo dei vangeli viventi che non potranno essere letti che nel giorno della gloria quando, dopo essere usciti dalla tipografia di questa vita, saranno pubblicati. O che bella storia! che libro meraviglioso lo Spirito Santo scrive attualmente! Esso è in corso di stampa, anime sante, e non c’è giorno in cui non se ne compongano i caratteri, non vi si applichi l’inchiostro, non se ne stampino i fogli. Ma siamo nella notte della fede, la carta è più nera dell’inchiostro; nei caratteri non vi è che confusione; è una lingua dell’altro mondo, incomprensibile e non si potrà leggere questo vangelo che in cielo. Se potessimo scrutare la vita e guardare tutte le creature non come ci appaiono, ma nel loro principio; se potessimo ancora di più vedere la vita di Dio in tutte le cose, come l’azione divina le muove, le mescola, le raduna, le contrappone, le spinge con termini contrari, riconosceremmo che tutto ha i suoi motivi, le sue misure, le sue proporzioni, i suoi rapporti in quest’opera divina” (Jean-Pierre de Caussade, L’Abbandono alla Provvidenza divina, cap. 11).
Santo del giorno: 8 Giugno – San Giacomo Berthieu, Sacerdote gesuita, martire: “Nacque in Francia a Polminhac il 26 novembre 1838 e morì martire ad Ambiatibé (Madagascar) l’8 giugno 1896. Dopo aver studiato nei seminari di Pleaux e di Saint-Flour, fu ordinato sacerdote nel 1864 e fu per nove anni vice-parroco a Roanne. Gesuita, nel 1875, missionario nel Madagascar, gli fu assegnato quale primo campo di lavoro l’isola di Santa Maria, abitata dai Betsimisaraka, dove lavorò per sei anni. I decreti emanati nel 1880 dal governo francese costrinsero nel 1881 Berthieu a lasciare la sua missione. Si recò prima a Tamatova e poi a Tananarive, da dove venne inviato nella missione di Ambohimandroso, presso i Betsileo. Ma lo scoppio della prima guerra franco-hova (1883) lo obbligò a ripartire. Allo scoppio, nel 1894, della seconda guerra dei malgasci contro la Francia si trovava ad Andrainarivo. Fu catturato dagli insorti mentre accompagnava i suoi cristiani evacuati dai villaggi. Invitato varie volte ad abbandonare la fede, egli si rifiutò e i pagani, irritati dai suoi rifiuti lo uccisero ad Ambiatibé l’8 giugno 1896 e gettarono il suo cadavere nel fiume Mananara. (Avvenire)
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai la gioia di portare a compimento i giorni della Pasqua, fa’ che tutta la nostra vita sia una testimonianza del Signore risorto. Egli è Dio e vive e regna con te…