giugno, meditazioni

7 Giugno 2019

7 Giugno 2019 – Venerdì, VII settimana di Pasqua – (At 25,13-21; Sal 102[103]; Gv 21,15-19) – I Lettura: L’apostolo Paolo è introdotto in mezzo alla corte dei governatori riuniti a Cesarèa. Secondo la parola del Signore ad Ananìa, l’Apostolo delle Genti doveva essere «uno strumento eletto» per portare il suo nome davanti ai re. Ma Paolo era l’ambasciatore d’un Re molto più grande di quelli dinanzi ai quali doveva comparire, «un ambasciatore in catena», come si definisce altrove, che parlava con ardire del suo Signore, poiché la parola di Dio non era incatenata. Vangelo: La terza volta Gesù non chiede più a Pietro: “Mi ami?”, ma, come aveva risposto Pietro per due volte, gli chiede: “Mi vuoi bene?”. A Gesù basta l’amore umano di Pietro, la sua capacità di volere bene: verrà il giorno, glielo dice subito dopo, in cui Pietro saprà vivere l’amore, l’agápe fino alla fine, fino al dono della vita nel martirio, ma non ora… Pietro, dal canto suo, appare grande perché umile, perché non pretende di dire: “Io ti amo”, con quell’amore che procede solo da Dio.

Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, [quando si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Riflessione: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami? (…) Pascola le mie pecore». Lo sguardo di Gesù e di Pietro si incrociano, come era avvenuto nella cortile di Pilato durante la Passione. Quello sguardo era avvenuto dopo il preannunciato triplice tradimento di colui che il Maestro aveva scelto come pietra su cui edificare la sua Chiesa (cfr. Mt 16,18). Contempliamo ora questi sguardi che nuovamente si fissano. Potremmo pensare che Pietro volesse abbassare gli occhi, girarli altrove, nasconderli come si nascosero Adamo ed Eva dopo il peccato. Invece rimane a fissare lo sguardo di Gesù: non teme il giudizio del suo Signore perché in quegli occhi scruta le cose su cui anche gli angeli desiderano fissare lo sguardo, come egli stesso scriverà anni dopo (cfr. 1Pt 1,12). E in quello sguardo capisce che l’amore per il suo Signore è più forte di ogni sua fragilità, di ogni suo tradimento. Ama sinceramente e teneramente il suo Signore: tante volte glielo aveva detto, e adesso, dopo averlo rinnegato, ha ancora più consapevolezza di questo amore. Gesù da parte sua ha già archiviato quel momento, anche a lui interessa solo l’amore di Pietro: «Mi vuoi bene?». L’unica cosa che interessa a Gesù, nonostante i nostri peccati: non pretende da noi l’incor-ruttibilità del cuore, ma che questi sia pieno di amore per Lui. Un amore che si dimostra nel prendersi cura di ciò che Dio ama di più: il suo gregge, i nostri fratelli, ogni suo figlio.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù ha affidato a Pietro una missione unica – CCC 552-553: Nel collegio dei Dodici Simon Pietro occupa il primo posto. Gesù a lui ha affidato una missione unica. Grazie ad una rivelazione concessagli dal Padre, Pietro aveva confessato: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Nostro Signore allora gli aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18). Cristo, “Pietra viva” (1Pt 2,4), assicura alla sua Chiesa fondata su Pietro la vittoria sulle potenze di morte. Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli. Gesù ha conferito a Pietro un potere specifico: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19). Il “potere delle chiavi” designa l’autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesù, “il Buon Pastore” (Gv 10,11) ha confermato questo incarico dopo la risurrezione: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21,15-17). Il potere di “legare e sciogliere” indica l’autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina, e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesù ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli e particolarmente di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno.

Pietro sull’esempio di Gesù buon pastore, che dà la vita per le sue pecore, deve pascere il gregge con amore e non per vergognoso interesse. Gesù riabilita Pietro dopo il suo tradimento, lo costituisce capo degli Apostoli e gli affida una missione unica. Infine, gli predice il martirio, con questa morte egli avrebbe glorificato Dio – Benedetto XVI (Udienza Generale, 22 Febbraio 2006): A Roma Pietro concluderà con il martirio la sua corsa al servizio del Vangelo. Per questo la sede di Roma, che aveva ricevuto il maggior onore, raccolse anche l’onere affidato da Cristo a Pietro di essere al servizio di tutte le Chiese particolari per l’edificazione e l’unità dell’intero Popolo di Dio. La sede di Roma, dopo queste migrazioni di San Pietro, venne così riconosciuta come quella del successore di Pietro, e la “cattedra” del suo vescovo rappresentò quella dell’Apostolo incaricato da Cristo di pascere tutto il suo gregge. Lo attestano i più antichi Padri della Chiesa, come ad esempio sant’Ire-neo, Vescovo di Lione, ma che veniva dall’Asia Minore, il quale, nel suo trattato Contro le eresie, descrive la Chiesa di Roma come “più grande e più antica, conosciuta da tutti; … fondata e costituita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo”; e aggiunge: “Con questa Chiesa, per la sua esimia superiorità, deve accordarsi la Chiesa universale, cioè i fedeli che sono ovunque” (III, 3,2-3). Tertulliano, poco più tardi, da parte sua, afferma: “Questa Chiesa di Roma, quanto è beata! Furono gli Apostoli stessi a versare a lei, col loro sangue, la dottrina tutta quanta” (La prescrizione degli eretici, 36). La cattedra del Vescovo di Roma rappresenta, pertanto, non solo il suo servizio alla comunità romana, ma la sua missione di guida dell’intero Popolo di Dio.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Mi ami tu? – «Ma, prima, il Signore domanda a Pietro ciò che già sapeva. Domanda, non una sola volta, ma una seconda e una terza se Pietro lo ama, e da Pietro altrettante volte si sente rispondere che lo ama; e altrettante volte niente altro gli affida che il compito di pascere le sue pecore. Alla sua triplice negazione fa riscontro la triplice confessione d’amore, in modo che la sua parola non obbedisca all’amore meno di quanto ha obbedito al timore, e in modo che la testimonianza della sua voce non sia meno esplicita di fronte alla vita, di quanto lo fu dinanzi alla minaccia di morte. Sia dunque prova del suo amore pascere il gregge del Signore, come rinnegare il pastore costituì la prova del suo timore» (Agostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù disse a Simon Pietro – Dopo aver mangiato, Gesù offre a Pietro, con una triplice professione d’amore, l’opportunità di controbilanciare il triplice rinnegamento (cfr. Mt 26,69-75; Mc 14,66-72; Lc 22,54-62; Gv 18,25-27). E solo alla fine di questa triplice professione di amore, Pietro, da Gesù, viene rinvestito nel suo mandato, quello di reggere e di pascere in suo nome il gregge (cfr. Mt 16,18; Lc 22,31s). È da notare che il racconto della riabilitazione di Pietro abbonda di sinonimi, due diversi verbi per amare; due verbi per pascere; due nomi per pecore e agnelli; due verbi per sapere; come a voler esaltare l’episodio dell’investitura. Ormai purificato e rinnovato nel cuore e nella mente, Pietro può conoscere «con quale morte egli avrebbe glorificato Dio»: «…quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». Una profezia che si compirà a Roma, luogo della sua morte violenta: morirà crocifisso come il suo Signore. L’immagine di cingersi ai fianchi la veste è «propria dell’uso di quei tempi di vestiti molto ampi che era necessario raccogliere e cingere per i viaggi molto lunghi. Pietro dovrà farlo, perché si troverà come un uomo anziano e indifeso davanti a coloro che lo metteranno a morte per la sua fede. D’altra parte, la scena mette in rilievo un altro pensiero interessante. Finora, Gesù era stato pastore. Ora, nel tempo della Chiesa, quest’ufficio è affidato a Pietro» (Felipe F. Ramos). E solo ora, al termine di questo lungo cammino di purificazione, può, finalmente, risuonare nel cuore di Simone la voce di Dio che lo invita alla sequela: «E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (cfr. 13,36: Simon Pietro gli dice: «Signore, dove vai?». Gli risponde Gesù: «Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi»). La sequela è sempre un dono di Dio, mai iniziativa dell’uomo.

Santo del giorno: 7 Giugno – Sant’Antonio Maria Gianelli, Vescovo: “Nato il 12 aprile 1789, a Cereta, presso Chiavari, Antonio Maria Gianelli entrò in seminario a 19 anni e fu ordinato sacerdote quattro anni dopo. Insegnante di lettere e di retorica, per accogliere il nuovo vescovo, Lambruschini, organizzò a Genova una recita intitolata «La riforma del seminario» che ebbe una notevole eco. Dal 1826 al 1838 fu arciprete a Chiavari. Questo periodo è contrassegnato da una serie di innovazioni pastorali e dalla creazione di varie istituzioni, come un proprio seminario. Sotto il nome inconsueto di «Società Economica» prese l’avvio un’istituzione culturale e assistenziale affidata da don Gianelli «alle cure delle Signore della Carità» per l’istruzione gratuita delle ragazze povere. Era l’abbozzo della fondazione, avvenuta nel 1829, delle Figlie di Maria, conosciute tuttora col nome di suore Gianelline. Due anni prima aveva creato una piccola congregazione missionaria per la predicazione al popolo e l’organizzazione del clero. Nel 1838 venne eletto vescovo di Bobbio. Aiutato dai Liguoriani, ricostituì la sua congregazione col nome di Oblati di Sant’Alfonso. Morì il 7 giugno 1846.(Avvenire)

Preghiamo: O Dio, nostro Padre, che ci hai aperto il passaggio alla vita eterna con la glorificazione del tuo Figlio e con l’effusione dello Spirito Santo, fa’ che, partecipi di così grandi doni, progrediamo nella fede e ci impegniamo sempre più nel tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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