5 Giugno 2019 – Mercoledì, VII settimana di Pasqua – San Bonifacio (Memoria) – (At 20,28-38; Sal 67[68]; Gv 17,11b-19) – I Lettura: È arrivato il momento in cui Paolo deve separarsi dai suoi fratelli di Èfeso. È un momento carico di commozione e di tristezza. Pensare infatti di non rivedere più persone tanto care addolora il cuore, e le lacrime prendono il sopravvento. Paolo dedica il suo discorso di addio agli anziani della Chiesa. E così trascorre le sue ultime ore lasciando loro una bellissima raccomandazione: mostra come dovrebbe essere la vera guida di una comunità cristiana. Vangelo: Gesù chiede che i suoi discepoli siano consacrati nella verità, cioè, che siano capaci di dedicare tutta la loro vita a testimoniare le loro convinzioni rispetto a Gesù e Dio Padre. Lui chiede che i discepoli entrino in questo stesso processo di santificazione. La loro missione è la missione stessa di Gesù. Loro si santificano nella misura in cui, vivendo l’amore, rivelano Gesù ed il Padre.
Siano una cosa sola, come noi – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».
Riflessione: «Custodiscili… difendili… consacrali…». La preghiera ad alta voce di Gesù al Padre, alla presenza degli Apostoli continua. Dopo aver glorificato il Padre, Gesù presenta i suoi discepoli, tutti noi, al Padre. Il Vangelo riporta tre verbi, tre esortazioni, quasi tre imperativi d’amore che il Figlio rivolge al Padre. Anzitutto chiede di custodirci: la finalità di questa richiesta è la comunione: custodiscili… perché siano una sola cosa. Il pericolo più temuto, la peggiore conseguenza del peccato è la distruzione della comunione: le guerre tra i popoli come le liti nelle mura domestiche, le separazioni dei coniugi, gli odi tra fratelli, le prevaricazioni… tutto affonda la radice nel terreno paludoso del peccato. E Gesù che ben conosce l’avidità e l’egoismo che alberga nel cuore umano, ci affida alla misericordiosa custodia del Padre. Poi continua chiedendo di difenderci dal Maligno: se già il cuore dell’uomo è fragile, dinanzi all’odio del Demonio rimane schiacciato e impotente. Solo la grazia di Dio e la sua difesa può liberarci dal Male, come già aveva insegnato a conclusione del Padre nostro. Infine chiede di consacrarci nella verità e aggiunge subito che la verità è la Parola di Dio. È la Parola che ci rende sacri, che ci consacra. È la Parola di Dio che sigilla i nostri cuori, allontanando da noi le insidie del Maligno e custodendo i nostri cuori nella Comunione con Dio. È la sua Parola che ci salva, ci istruisce, ci illumina, ci esorta, ci cambia.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 22 Gennaio 2003): Il dono dell’unità è contenuto in “vasi di creta”, che possono rompersi, e per questo si richiede la massima cura. È necessario coltivare tra i cristiani un amore impegnato a superare le divergenze; bisogna sforzarsi di superare ogni barriera con la preghiera incessante, con il dialogo perseverante e con una fraterna e concreta cooperazione a favore dei più poveri e bisognosi. L’anelito per l’unità non deve venir meno nella vita quotidiana delle Chiese e Comunità ecclesiali, come anche nella vita dei singoli fedeli. In questa prospettiva, mi è parso utile proporre una riflessione comune sul ministero del Vescovo di Roma, costituito “perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità” (LG 23), al fine di “trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova” (Ut unum sint 95). Lo Spirito S. illumini i pastori e i teologi delle nostre Chiese in questo dialogo paziente e sicuramente proficuo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno – Paolo VI (Lettera Encilica, Ecclesiam suam): Il fascino della vita profana oggi è potentissimo. Il conformismo sembra a molti fatale e sapiente. Chi non è ben radicato nella fede e nella pratica della legge ecclesiastica pensa facilmente essere venuto il momento di adattarsi alla concezione profana della vita, come se questa fosse la migliore, fosse quella che un cristiano può e deve far propria. Questo fenomeno di adattamento si pronuncia tanto nel campo filosofico (quanto può la moda anche nel regno del pensiero, che dovrebbe essere autonomo e libero, e solo avido e docile davanti alla verità e all’autorità di provati maestri!), quanto nel campo pratico, dove diventa sempre più incerto e difficile segnare la linea della rettitudine morale, e della retta condotta pratica. Il naturalismo minaccia di vanificare la concezione originale del cristianesimo; il relativismo, che tutto giustifica e tutto qualifica di pari valore, attenta al carattere assoluto dei principi cristiani; l’abitudine di togliere ogni sforzo, ogni incomodo dalla pratica consueta della vita accusa d’inutilità fastidiosa la disciplina e l’ascesi cristiana; anzi talvolta il desiderio apostolico d’avvicinare ambienti profani o di farsi accogliere dagli animi moderni, da quelli giovani specialmente, si traduce in una rinuncia alle forme proprie della vita cristiana e a quello stile stesso di contegno, che deve dare a tale premura di accostamento e di influsso educativo il suo senso ed il suo vigore. Non è forse vero che spesso il giovane Clero, ovvero anche qualche zelante Religioso guidato dalla buona intenzione di penetrare nelle masse popolari o in ceti particolari cerca di confondersi con essi invece di distinguersi, rinunciando con inutile mimetismo all’efficacia genuina del suo apostolato? Il grande principio, enunciato da Cristo, si ripresenta nella sua attualità e nella sua difficoltà: essere nel mondo, ma non del mondo; e buon per noi se la sua altissima e opportunissima preghiera sarà da lui, sempre vivo per intercedere a nostro favore, ancor oggi proferita davanti al Padre celeste: Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: L’esempio di Cristo orante – “E passò la notte in preghiera a Dio (Lc 6,12). Ecco che ti viene indicato un esempio, ti viene offerto un modello da imitare. Cosa non dovrai tu fare per la tua salvezza, mentre per te Cristo passa la notte in preghiera? Cosa ti conviene fare, quando vuoi intraprendere qualche opera buona, se consideri che Cristo, al momento di inviare gli apostoli, ha pregato, e ha pregato da solo? Se non mi sbaglio, in nessun luogo si trova che egli abbia pregato insieme con gli apostoli: ovunque egli prega da solo. Il disegno di Dio non può essere disturbato da desideri umani, e nessuno può essere partecipe dell’intimo pensiero di Cristo” (Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: “Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo. I discepoli devono essere consacrati alla Parola, perché essi devono andare e rimanere nel mondo. È questa la loro missione, questo mandato ha dato loro Gesù. Andate in tutto il mondo. Gesù è in Dio, è da Dio e il Padre lo ha mandato nel mondo per portare la sua Parola di vita eterna. I discepoli sono stati tratti dal mondo, ora vivono con Gesù, ma lo stare con Gesù è di pochi giorni, di pochissimo tempo, il tempo per imparare da Gesù la Parola, poi dovranno ritornare nel mondo, perché il mondo si salvi per mezzo della Parola che essi hanno appreso da Gesù e nella quale sono stati consacrati dal Padre. Il mondo è la casa del discepolo di Gesù, come esso è stato la casa di Gesù. Uscire dal mondo non si deve, né si può, perché nel mondo il discepolo di Gesù deve essere il lievito, la luce, il sale; con la sua presenza di consacrato alla parola, egli deve a poco a poco liberarlo dalla menzogna e ricondurlo nella verità. Se il discepolo di Gesù si toglie dal mondo, se ne va lontano da esso, egli non potrà essere né lievito, né luce, né sale ed il mondo rimane nella sua menzogna. Ci si può allontanare dal mondo per evitare che si diventi del mondo. Dalla vita di Gesù sappiamo che egli si allontanava dal mondo il tempo necessario per rivestirsi della luce e della grazia che discendevano da Dio su di lui attraverso quella preghiera di silenzio e di solitudine che era sempre fatta lontana dal mondo e in assenza di esso, anche del suo frastuono e del suo chiasso. Poi, rivestito di luce e di grazia, ritornava nel mondo per riversare su di esso l’abbondanza e la pienezza della sua verità, perché esso fosse messo in questione e si aprisse all’accoglienza di quella luce che egli aveva ricevuto dal Padre e con la quale lo aveva abbagliato. Questo lo stile e la vita di Gesù, questo deve essere lo stile e la vita di ogni discepolo di Gesù. Fuggire il mondo per paura di essere travolti dal mondo, potrebbe giovare a noi, ma non sicuramente al mondo, il quale perde il suo punto di contrasto e di opposizione che mettendolo in questione, può anche aprirlo alla verità, a quel processo di conversione che è il fine del discepolo di Gesù. Un discepolo di Gesù che non si ponga la questione della salvezza del mondo e non si renda efficacemente presente nel mondo al fine di portare in esso la verità della Parola, è un discepolo che ancora non è entrato nella pienezza del suo essere e quindi del suo agire. La consacrazione e la protezione dal maligno è per il discepolo, ma anche per la conversione di ogni uomo di buona volontà” (spiritosanto.cc).
Santo del giorno: 5 Giugno – San Bonifacio, Vescovo e martire: Senza l’opera missionaria di Bonifacio non sarebbe stata possibile l’organizzazione politica e sociale europea di Carlo Magno. Bonifacio o Winfrid sembra appartenesse a una nobile famiglia inglese del Devonshire, dove nacque nel 673 (o 680). Professò la regola monastica nell’abbazia di Exeter e di Nurslig, prima di dare inizio all’evangelizzazione delle popolazioni germaniche oltre il Reno. Dopo le prime difficoltà in tre anni percorse gran parte del territorio germanico. Convocato a Roma, ebbe dal papa l’ordinazione episcopale e il nuovo nome di Bonifacio. Prima di organizzare la Chiesa sulla riva destra del Reno pensò alla fondazione, tra le regioni di Hessen e Turingia, di un’abbazia, che divenisse il centro propulsore della spiritualità e della cultura religiosa della Germania. Morì nel 754.
Preghiamo: Interceda per noi, Signore, il santo vescovo e martire Bonifacio, perché custodiamo con fierezza e professiamo con coraggio la fede che egli ha insegnato con la parola e testimoniato con il sangue. Per il nostro Signore…