30 Maggio 2019 – Giovedì, VI settimana di Pasqua – (At 18,1-8; Sal 97[98]; Gv 16,16-20) – I Lettura: Le tribolazioni che Paolo deve sopportare non lo scoraggiano, anzi, lo rafforzano sempre di più. L’incontro con Aquila e Priscilla risulterà provvidenziale soprattutto per l’annuncio del Vangelo. Vangelo: Il discepolo non è mai triste, il frutto delle sofferenze sopportate per Cristo si tramuteranno in gioia grande che non ha nulla a che fare con quella del mondo. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Riflessione: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia». Il tempo della Chiesa è il tempo in cui il discepolo viene conteso da due gioie: quella del mondo e quella di Cristo. La gioia del mondo è legata al perseguimento dei valori effimeri, quali un sapere posto al solo servizio di interessi materiali, della carriera sociale, scientifica, della notorietà, della redditività economica delle scelte. Senza contare l’esasperazione della sensualità e delle sensazioni forti e spinte all’estremo. È di queste cose che suole gioire il mondo. La gioia che viene da Gesù deriva dall’essere suoi discepoli, dal sapere che è vicino in ogni momento, che spendere la vita per lui e per i fratelli è un investimento vantaggioso e un onore grande; che l’unico necessario è non perdere lui, sentire la sua vicinanza, essere certi di camminare verso il suo possesso. Il nostro cuore è conteso tra queste due gioie: la prima più immediata ma fugace, la seconda più paziente ma che non delude. Talvolta le due gioie si intrecciano, talvolta si oppongono. Sempre il cuore del discepolo deve essere orientato verso il decisivo ancora un poco e mi vedrete, quando la gioia, così spesso voluta e creduta diventerà felicità piena.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: … voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà: Paolo VI (Udienza Generale, 26 Giugno 1974): La croce domina questa altra visione. La venuta dello Spirito Santo non toglie la croce dalla realtà umana. Essa non è un talismano, che immunizza la vita umana dalle sofferenze e dalle disgrazie; non un rimedio preventivo, assicurativo, fisicamente terapeutico contro i malanni della nostra presente esistenza (cfr. Mt 10,14: non pacem, sed gladium). Anzi la grazia sembra essere in segreta simpatia con la sofferenza umana: perché? Ce lo ha insegnato il Signore con tante sue parole gravi, che non ammettono dubbio. A suo riguardo, innanzi tutto: «Non doveva forse il Cristo patire, Egli ammonisce gli afflitti viandanti verso Emmaus, e così entrare nella sua gloria?» (Lc 24,26). Che cosa resterebbe del Vangelo senza la Passione e la Morte di Gesù? E si può concepire la Chiesa, che è la continuazione vivente di Lui, senza la partecipazione al dramma della sua sofferenza? «In verità vi dico, Egli dichiarò all’ultima Cena, che voi piangerete e gemerete, e il mondo godrà» (Gv 16,20). Lo aveva già detto più volte con tante altre espressioni: «Chi non prende la sua croce, e non mi segue non è degno di me!» (Mt 10,38; 16,24). E gli Apostoli non sono forse della stessa scuola? Celebri sono le parole di S. Paolo: «Io mi rallegro nelle sofferenze che sopporto per voi, e compio così nella mia carne ciò che manca alle sofferenze di Cristo, a vantaggio del suo corpo che è la Chiesa» (Col. 1,24). Non finiremmo più se volessimo fare un’antologia degli insegnamenti scritturali sopra la necessità (At 9,16), la dignità (At 5,41), la normalità, potremmo dire, della sofferenza nel seguace di Cristo (cfr. 1Cor 4,12; 2Cor 4,8; 2Tm 3,12; 1Pt 2,21). La vostra tristezza si cambierà in gioia – Dies Domini 56: Al di là delle singole espressioni rituali, che possono variare nel tempo secondo la disciplina ecclesiale, rimane il dato che la domenica, eco settimanale della prima esperienza del Risorto, non può non portare il segno della gioia con cui i discepoli accolsero il Maestro: «I discepoli gioirono al vedere il Signore» (Gv 20,20). Si realizzava per loro, come poi si attuerà per tutte le generazioni cristiane, la parola detta da Gesù prima della passione: «Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia» (Gv 16,20). Non aveva forse pregato egli stesso perché i discepoli avessero «la pienezza della sua gioia» (cfr. Gv 17,13)? Il carattere festoso dell’Eucaristia domenicale esprime la gioia che Cristo trasmette alla sua Chiesa attraverso il dono dello Spirito. La gioia è appunto uno dei frutti dello Spirito Santo (cfr. Rm 14,17). Sperare nella gioia – Paolo VI (Esortazione Apostolica, Gaudete in Domino): La società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia. Perché la gioia viene d’altronde. È spirituale. Il denaro, le comodità, l’igiene, la sicurezza materiale spesso non mancano; e tuttavia la noia, la malinconia, la tristezza rimangono sfortunatamente la porzione di molti. Ciò giunge talvolta fino Meditazione sulla Parola del giorno all’angoscia e alla disperazione, che l’apparente spensieratezza, la frenesia di felicità presente e i paradisi artificiali non riescono a far scomparire. Forse ci si sente impotenti a dominare il progresso industriale, a pianificare la società in maniera umana? Forse l’avvenire appare troppo incerto, la vita umana troppo minacciata? O non si tratta, soprattutto, di solitudine, di una sete d’amore e di presenza non soddisfatta, di un vuoto mal definito? Per contro, in molte regioni, e talvolta in mezzo a noi, la somma di sofferenze fisiche e morali si fa pesante: tanti affamati, tante vittime di sterili combattimenti, tanti emarginati! Queste miserie non sono forse più profonde di quelle del passato; ma esse assumono una dimensione planetaria; sono meglio conosciute, illustrate dai «mass media», non meno delle esperienze di felicità; opprimono la coscienza, senza che appaia molto spesso una soluzione umana alla loro dimensione. Questa situazione non può tuttavia impedirci di parlare della gioia, di sperare la gioia. È nel cuore delle loro angosce che i nostri contemporanei hanno bisogno di conoscere la gioia, di sentire il suo canto.
La fonte della gioia – Benedetto XVI (Angelus, 16 Dicembre 2007): Il mistero di Betlemme ci rivela il Dio-connoi, il Dio a noi prossimo, non semplicemente in senso spaziale e temporale; Egli ci è vicino perché ha “sposato”, per così dire, la nostra umanità; ha preso su di sé la nostra condizione, scegliendo di essere in tutto come noi, tranne che nel peccato, per farci diventare come Lui. La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida. La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Gioia pasquale – «Esulta, Gerusalemme e rallegratevi voi tutti che amate Gesù: è risorto, infatti. Gioite, voi che dianzi eravate tutti in lutto [Is 66,10]…: chi, infatti, fu in questa città disonorato, è stato nuovamente richiamato in vita. Come dunque aveva recato una certa tristezza l’annuncio della croce, così ora la buona novella della risurrezione sia fonte di esultanza per i presenti. Si muti in gioia il dolore, il pianto in letizia [cfr. Sal 29,12]; la nostra bocca si riempia di gaudio e di tripudio [cfr. Sal 70,8], secondo l’invito di colui che, dopo la sua risurrezione, disse: Esultate [Mt 28,9]. Io so quanto hanno sofferto nei giorni scorsi coloro che amano il Cristo, allorché le mie prediche terminavano con la morte e la sepoltura… Il morto, però, è risorto. Colui che aveva tollerato l’oltraggio di venir cinto d’una corona di spine, si fregiò, risorgendo, con il diadema della propria vittoria sulla morte» (Cirillo di Gerusalemme). Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Le fonti della gioia spirituale – “Di fatto la gioia è un frutto dello Spirito [Gal 5,22] e una nota caratteristica del regno di Dio [Rm 14,17]. Non si tratta dell’entusiasmo passeggero che la parola suscita e la tribolazione distrugge [cfr. Mc 4,16], ma della gioia spirituale dei fedeli che, nella prova, sono di esempio [1Ts l,6s] e che, con la loro generosità gioiosa [2Cor 8,2; 9,7], con la loro perfezione [2Cor 13,9], con la loro unione [Fil 2,2], con la loro docilità [Eb 13,17] e la loro fedeltà alla verità [2Gv 4; 3Gv 3s], sono presentemente e saranno nel giorno del Signore la gioia dei loro apostoli [1Ts 2,19s]. La carità che rende i fedeli partecipi della verità [1Cor 13,6] procura loro una gioia costante che è alimentata dalla preghiera e dal ringraziamento incessanti [1Ts 5,16; Fil 3,1; 4,4ss]. Come rendere grazie al Padre di essere trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, senza essere nella gioia [Col 1,11ss]? E la preghiera assidua è fonte di gioia perché anima la speranza e perché il Dio della speranza vi risponde colmando di gioia il fedele [Rm 12,12; 15,13]. Pietro lo invita quindi a benedire Dio con esultanza; la sua fede, che l’afflizione mette alla prova, ma che è sicura di ottenere la salvezza, gli procura una gioia ineffabile che è la pregustazione della gloria [1Pt 1,3-9]” (Ridouard e Lacan).
Santo del giorno: 30 Maggio – Beata Vergine Maria di San Luca, Giovedì della VI settimana di Pasqua (celebrazione mobile): La venerazione verso la Madonna di San Luca, con il culto del vescovo S. Petronio, costituisce un dato caratterizzante la città e diocesi di Bologna. Questo vincolo di grazia e benedizione, iniziato con la fondazione della chiesa sul Monte della Guardia nel 1194, ebbe una storica conferma allorchè durante l’episcopato del beato Nicolò Albergati, il 4 luglio 1433, la venerata immagine scese per la prima volta dal Colle della Guardia per liberare la città dalle piogge diluviali. Dal 1476 la visita della B. Vergine si verifica con cadenza annuale nei giorni delle Rogazioni antecedenti l’Ascensione. Ogni evento, triste e lieto, della storia di Bologna si riflette su questa immagine dolce e austera, che appartiene al modello della Hodigitria, cioè di Colei che indica la Via. Maria sembra ripetere ai Bolognesi le parole pronunciate a Cana: “Fate quello che Egli vi dirà” (cfr. Gv 2,5). La Madonna di San Luca, incoronata dall’arcivescovo Alfonso Paleotti nel 1603, ricevette un prezioso regale diadema per le mani di Pio IX il 10 giugno 1857 nel corso del viaggio alle Legazioni Pontificie.
Preghiamo: O Dio, nostro Padre, che ci hai reso partecipi dei doni della salvezza, fa’ che professiamo con la fede e testimoniamo con le opere la gioia della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…