21 Maggio 2019 – Martedì, V settimana di Pasqua – (At 14,19-28; Sal 144[145]; Gv 14,27-31a) – I Lettura: Le difficoltà apostoliche di Paolo mettono l’accento su di una realtà della Chiesa: il messaggio pasquale ha la sua radice nella croce e da questa trae la sua efficacia. Vangelo: L’azione del maligno nella vita della Chiesa è permessa da Dio stesso. Questo, però non deve turbare il cuore del discepolo: il principe di questo mondo, infatti, è stato sconfitto da Cristo e la sua azione non farà altro che manifestare la santità dei servi di Dio.
Vi do la mia pace – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».
Riflessione: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore». Gesù ha riversato la pace nei nostri cuori: ricordavamo, proprio ieri, che egli ha eletto la nostra anima per impiantarvi il Trono della sua gloria, per essere l’Emmanuele, il Dio-con-noi con una fedeltà eterna. Questo solo pensiero dovrebbe bastare per infondere in me una tale gioia da non lasciare spazio, nella mia vita, ad alcuna tristezza o paura: se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? (cfr. Rm 8,31). Eppure spesso rimaniamo turbati: le minacce che provengono dal mondo, le passioni che non ci danno tregua, le fragilità appesantiscono il nostro cammino: e così ci sembra di essere soli a dover sostenere una battaglia che va oltre le nostre esili forze. Ed ecco che la paura, lo scoraggiamento, i dubbi, ci assalgono, la pace del cuore viene insidiata, la fede vacilla e il turbamento prende il sopravvento. Eppure Dio è presente! Anche nel suo silenzio, nel suo nasconderci il Volto, nel farci percorrere sentieri tortuosi… Dio è presente! Quando le tempeste ci assalgono, le fondamenta vacillano e tutto intorno è buio: Dio è presente! Quando l’inverno sembra non finire mai, il sole non ci riscalda e il seme sembra ormai perduto, Dio è presente! Ecco che improvvisamente giunge, come la primavera: tutto rifiorisce, il seme dona il frutto, il sepolcro si svuota, la vita trionfa sulla morte. Dio è presente!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La pace è dono di Dio – Benedetto XVI (Omelia, 1 Gennaio 2013): La pace è dono di Dio ed è legata allo splendore del volto di Dio, secondo il testo del Libro dei Numeri, che tramanda la benedizione usata dai sacerdoti del popolo d’Israele nelle assemblee liturgiche. Una benedizione che per tre volte ripete il nome santo di Dio, il nome impronunciabile, e ogni volta lo collega con due verbi indicanti un’azione a favore dell’uomo: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (6,24-26). La pace è dunque il culmine di queste sei azioni di Dio a nostro favore, in cui Egli rivolge a noi lo splendore del suo volto. Per la Sacra Scrittura, contemplare il volto di Dio è somma felicità: «Lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto», dice il Salmista (Sal 21,7). Dalla contemplazione del volto di Dio nascono gioia, sicurezza e pace. Ma che cosa significa concretamente contemplare il volto del Signore, così come può essere inteso nel Nuovo Testamento? Vuol dire conoscerlo direttamente, per quanto sia possibile in questa vita, mediante Gesù Cristo, nel quale si è rivelato. Godere dello splendore del volto di Dio vuol dire penetrare nel mistero del suo Nome manifestatoci da Gesù, comprendere qualcosa della sua vita intima e della sua volontà, affinché possiamo vivere secondo il suo disegno di amore sull’umanità. Lo esprime l’apostolo Paolo nella seconda Lettura, tratta dalla Lettera ai Galati (4,4-7), parlando dello Spirito che, nell’intimo dei nostri cuori, grida: «Abbà! Padre!». È il grido che sgorga dalla contemplazione del vero volto di Dio, dalla rivelazione del mistero del Nome. Gesù afferma: «Ho manifestato il tuo nome agli uomini» (Gv 17,6). Il Figlio di Dio fattosi carne ci ha fatto conoscere il Padre, ci ha fatto percepire nel suo volto umano visibile il volto invisibile del Padre; attraverso il dono dello Spirito Santo riversato nei nostri cuori, ci ha fatto conoscere che in Lui anche noi siamo figli di Dio, come afferma san Paolo nel brano che abbiamo ascoltato: «Che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo figlio, il quale grida: Abbà! Padre!» (Gal 4,6). Ecco, cari fratelli, il fondamento della nostra pace: la certezza di contemplare in Gesù Cristo lo splendore del volto di Dio Padre, di essere figli nel Figlio, e avere così, nel cammino della vita, la stessa sicurezza che il bambino prova nelle braccia di un Padre buono e onnipotente. Lo splendore del volto del Signore su di noi, che ci concede pace, è la manifestazione della sua paternità; il Signore rivolge su di noi il suo volto, si mostra Padre e ci dona pace. Sta qui il principio di quella pace profonda – «pace con Dio» – che è legata indissolubilmente alla fede e alla grazia, come scrive san Paolo ai cristiani di Roma (cfr. Rm 5,2). Niente può togliere ai credenti questa pace, nemmeno le difficoltà e le sofferenze della vita. Infatti, le sofferenze, le prove e le oscurità non corrodono, ma accrescono la nostra speranza, una speranza che non delude perché «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). La Vergine Maria, che oggi veneriamo con il titolo di Madre di Dio, ci aiuti a contemplare il volto di Gesù, Principe della Pace. Ci sostenga e ci accompagni in questo nuovo anno; ottenga per noi e per il mondo intero il dono della pace. Amen!
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Esortazione alla pace – «Anche tu, dominato finora dalla gelosia e dall’invidia, allontana da te tutta la malizia che ti incatenava, e con passi salutari ritorna alla via dell’eterna vita. Strappa dal tuo petto le spine e i triboli, affinché il seme del Signore ti arricchisca di un raccolto ubertoso, affinché le biade divine e spirituali straripino nell’abbondanza di una messe copiosa. Vomita il fiele, caccia fuori il veleno dell’inimicizia, si purifichi la mente contaminata dall’invidia del serpente e tutta l’amarezza che prima vi spadroneggiava sia rammollita dalla dolcezza di Cristo. Il tuo cibo e la tua bevanda siano nel mistero della croce, e quel legno che a Mara servì, in simbolo, a render dolce l’acqua, serva a te, in realtà, ad ammansire a raddolcire il tuo cuore e non dovrai più faticare per curare la tua salute scossa. Curati con quello che ti ha ferito. Ama coloro che prima odiavi, prediligi coloro che prima invidiavi e oltraggiavi. Imita i buoni, se puoi tenere dietro i loro passi; se non lo puoi, allietati e congratulati con chi è migliore di te. Unisciti loro nell’amore, renditi loro coerede nel vincolo della carità e della fraternità. Ti saranno rimessi i tuoi debiti quando tu li rimetterai ai tuoi debitori; saranno accettati i tuoi sacrifici quando ti presenterai a Dio nella pace. La tua mente e i tuoi atti saranno guidati dal cielo, quando pensi solo a ciò che è divino e giusto, come sta scritto: Lo spirito dell’uomo deve pensare alla giustizia, perché i suoi passi vengano guidati da Dio (Pro 16,8). Hai molto a che pensare: pensa al paradiso, dove Caino non ritornò avendo ucciso per invidia suo fratello. Pensa al regno dei cieli, a cui il Signore non ammette se non coloro che vivono in concordia e in unione. Pensa che possono dirsi figli di Dio solo quelli che vivono nella pace, che, uniti nella nascita spirituale e nell’osservanza della legge divina, rendono l’immagine di Dio Padre e di Cristo. Pensa che stiamo sotto gli occhi di Dio e che egli osserva e giudica il nostro comportamento e tutta la vita nostra; e che possiamo giungere infine a contemplarlo, solo se lo allietiamo mentre egli contempla i nostri atti, se ci mostriamo degni della sua grazia e della sua indulgenza, se gli piacciamo in questo mondo per piacergli per sempre nel regno» (Cipriano).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni – Per il credente «è una grazia non solo credere, ma anche soffrire per Cristo» (Fil 1,29): per questo motivo accoglie, nello Spirito, la tribolazione come via che conduce alla vera gioia, alla gioia della vita eterna (cfr. 2Mac 7,36). I credenti non errano nel credere ciò, perché è stato loro rivelato che «tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo Gesù saranno perseguitati» (2Tm 3,12), e sanno con certezza che solo «quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello» staranno «davanti al trono di Dio e gli presteranno servizio giorno e notte nel suo tempio» (Ap 7,14-15). La vera gioia non è di questo mondo. L’uomo per quanto faccia non può sottrarsi al durissimo giogo del dolore, della tentazione, della malattia che lo conduce alla morte, solo «quando sarà distrutta la nostra dimora terrena… riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli» (2Cor 5,1-2), dove Dio abiterà con gli uomini «ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,3-4). Solo in Paradiso l’uomo vivrà nella perfetta gioia, quella vera: «Questa sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere l’onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme con Cristo, il Signore tuo Dio, […] godere nel regno dei cieli, insieme con i giusti e gli amici di Dio, le gioie dell’immortalità raggiunta» (CCC 1028).
Santo del giorno: 21 Maggio – San Carlo Eugenio de Mazenod, Vescovo e fondatore: Nato ad Aix in Provenza il 1° agosto 1782 figlio di una nobile famiglia, Carlo Giuseppe Eugenio Mazenod trascorre la sua gioventù in Italia, esule della rivoluzione francese. Torna in patria nel 1802, sei anni più tardi, entra nel Seminario di San Sulpizio a Parigi e viene ordinato sacerdote ad Amiens nel 1811. Torna ad Aix e qui, nel 1816, fonda la Società dei missionari di Provenza che più tardi si chiameranno Oblati di Maria Immacolata. Nominato vicario della diocesi di Marsiglia e poi, nel 1837, vescovo “per ben 37 anni” , attua pienamente il suo motto: «Mi ha mandato per evangelizzare i poveri». Muore il 21 maggio 1861, lasciando in testamento agli Oblati che lo circondava queste parole: «Praticate tra voi la carità, la carità, la carità e a al di fuori lo zelo per la salvezza delle anime». È stato beatificato il 19 ottobre 1975 da Paolo VI e proclamato santo da Giovanni Paolo II nel 1995.
Preghiamo: O Padre, che nella risurrezione del tuo Figlio ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, rafforza in noi la fede e la speranza, perché non dubitiamo mai di raggiungere quei beni che tu ci hai rivelato e promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…