20 Maggio 2019 – Lunedì, V settimana di Pasqua – (At 14,5-18; Sal 113B[115]; Gv 14,21-26) – I Lettura: Ci troviamo davanti ad un episodio di guarigione compiuto da Paolo. Mentre in un ambiente giudaico la reazione era quella di rendere gloria a Dio, qui in ambiente pagano, si glorificavano gli uomini, intendendo la capacità di fare miracoli come una capacità proveniente dagli dèi. A conseguenza di ciò gli Apostoli avvertono l’e-mer-genza di porre un invito esplicito a convertirsi dal culto agli idoli alla fede nel Dio vivo e vero. Vangelo: Grazie alla domanda dell’apostolo Giuda di Giacomo (Signore, com’e accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?) rivolta a Gesù, abbiamo un’auto-rivelazione di Gesù stesso. Il Maestro in precedenza aveva detto ai suoi che si sarebbe manifestato in una modalità prettamente spirituale, ma loro non compresero. Gesù ne approfitta per riprendere il tema della presenza di Dio nella vita di colui che crede. Solo chi ama è in grado di accogliere questa presenza nella propria vita, e chi osserva questa parola sarà amato da Dio. Questa è la manifestazione spirituale che intende far capire Gesù ai suoi. Manifestazione spirituale che dipende totalmente dalla libera adesione da parte dell’uomo.
Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Riflessione: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Il Vangelo indica un itinerario ben preciso che siamo chiamati a percorrere: anzitutto siamo chiamati ad amare Dio; se amiamo veramente, ascolteremo la sua Parola; la Parola aprirà il nostro cuore all’acco-glienza dell’amore del Padre; con il Padre accogliamo il Figlio e lo Spirito Santo diventando dimora santa del Dio Altissimo, tabernacoli della sua eterna Gloria! Tutto nasce dall’amore: amare Dio non è semplicemente credere in lui, ma fidarsi di lui, e ancor più significa donarsi a lui, mettersi al suo servizio. Ecco perché colui che ama Dio troverà spontaneo indirizzare la propria volontà verso la sua Parola, osservando i suoi desideri e realizzando i suoi progetti. Solo chi ama riesce a mettersi a servizio dei desideri dell’amato (pensiamo ad una mamma con un figlio), in ascolto della sua volontà. Solo chi ama riesce ad aprirsi al dono dell’amore, ad accogliere l’altro facendogli spazio nella propria vita. E Dio non attende altro da noi che gli apriamo la porta dietro la quale egli bussa, per poter entrare e rimanere (cfr. Ap 3,20). Contempliamo, oggi, questo nostro meraviglioso destino di gloria con Dio, questa vocazione all’eterna comunione con lui, e rendiamogli grazie!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò – Pontificio Consiglio della giustizia e della pace 32: Contemplando la gratuità e la sovrabbondanza del dono divino del Figlio da parte del Padre, che Gesù ha insegnato e testimoniato donando la Sua vita per noi, l’Apostolo Giovanni ne coglie il senso profondo e la più logica conseguenza: «Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi» (1Gv 4,11-12). La reciprocità dell’amore è richiesta dal comandamento che Gesù definisce nuovo e Suo: «come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Il comandamento dell’amore reciproco traccia la via per vivere in Cristo la vita trinitaria nella Chiesa, Corpo di Cristo, e trasformare con Lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste.
… noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui – CCC 260: Il fine ultimo dell’intera Economia divina è che tutte le creature entrino nell’unità perfetta della Beata Trinità. Ma fin d’ora siamo chiamati ad essere abitati dalla Santissima Trinità: “Se uno mi ama”, dice il Signore, “osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23): “O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente, per stabilirmi in te, immobile e serena come se la mia anima fosse già nell’eternità; nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da te, o mio Immutabile, ma che ogni minuto mi porti più addentro nella profondità del tuo Mistero! Pacifica la mia anima; fanne il tuo cielo, la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo. Che io non ti lasci mai sola, ma che sia lì, con tutta me stessa, tutta vigile nella mia fede, tutta adorante, tutta offerta alla tua azione creatrice”.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «“Lo Spirito Santo Paraclito, che il Padre manderà nel mio nome, v’insegnerà tutto e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto”(Gv 14,26). Sapete quasi tutti che la parola greca Paraclito, in latino significa avvocato o consolatore. E lo chiama avvocato, perché interviene presso il Padre in favore dei nostri delitti. Questo Spirito, che è una sola sostanza col Padre e con il Figlio, intercede per i peccatori, ed è lui stesso che intercede perché coloro che lui stesso ha riempito di sé, li muove a chiedere perdono. Perciò Paolo dice: “Lo stesso Spirito supplica per noi con gemiti indescrivibili” (Rm 8,26). Ma chi prega è inferiore a colui che è pregato; e come può lo Spirito pregare, se non è inferiore? Ma lo Spirito prega, perché spinge a pregare coloro che ha ripieni. Il medesimo Spirito è chiamato consolatore, perché mentre dispone i peccatori alla speranza del perdono, ne solleva l’animo dalla tristezza. Di questo Spirito poi giustamente si dice: “V’insegnerà ogni cosa”, perché se lo Spirito non è vicino al cuore di chi ascolta, il discorso di chi insegna, non ha effetto. Non attribuite al maestro ciò che comprendete, perché se non sta dentro colui che insegna la lingua del maestro si agita a vuoto. Ecco voi sentite ugualmente la voce di uno che parla, ma non percepite tutti ugualmente il senso di ciò che è detto. Se dunque la parola è sempre la stessa, perché nei vostri cuori ve n’è una diversa intelligenza? Certo perché c’è un maestro interiore il quale istruisce alcuni in modo speciale. E di questa istruzione lo Spirito dice attraverso Giovanni: “Egli v’insegnerà tutto” (1Gv 2,27). La parola, quindi, non istruisce, se non interviene lo Spirito. Ma perché diciamo queste cose a proposito dell’istruzione data dagli uomini, quando lo stesso Creatore non istruisce gli uomini, se non attraverso lo Spirito? Certo, Caino, prima di uccidere il fratello, sentì la voce di Dio (cfr. Gen 4,7). Ma perché, a motivo delle sue colpe, sentì la voce, ma non ebbe l’unzione dello Spirito, udì la Parola di Dio, ma non la osservò. Bisogna ancora domandarsi perché del medesimo Spirito si dice: “Vi suggerirà tutto”, se il suggerire è cosa di un inferiore? Ma poiché per suggerire a volte intendiamo somministrare, l’azione del suggerire è attribuita allo Spirito, non in quanto venga dal basso, ma perché viene dal buio» (San Gregorio Magno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «La vita di Gesù, prima di essere scritta dagli Evangelisti, era impressa nel Cuore di Maria, dove si rievocavano con impeccabile precisione, in una estasi di amore contemplante ed amante, gli episodi gaudiosi, dolorosi e gloriosi. Gesù nasce, viene adorato dai pastori, ritrovato nel Tempio; Maria riflette, medita, contempla; e tutto «ciò che capiva ed anche quello che ancora non poteva capire, riponeva nel suo cuore, per ritornarvi sopra e scrutarlo poi con maggior diligenza» (San Beda, cap. 8 in Lc.), «E questa fu la regola costante di tutta la sua vita» commenta la glossa Greca. Non saprei logicamente pensare ad un arresto di attenzione e di contemplazione, in Maria, per i misteri della Vita del suo Divin Figlio. Non ricorderà le nozze di Cana dove strappò a Gesù il primo prodigio? Non ricorderà le fatiche apostoliche di Lui, e potrà forse dimenticarlo Crocifisso? Senza dubbio, ad ogni fatto evangelico si potrebbe aggiungere: Maria autem conservabat omnia verba haec, conferens in corde suo! (Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore). Se poi volessimo latinizzare la frase, spogliandola della sua veste ebraica, diremmo meglio: Maria contemplava tutti i fatti evangelici rievocandoli nel segreto del suo Cuore. Ho sempre visto in queste parole, che sono come un raggio rivelatore dell’anima della Vergine, la ragione profonda della sua sovrana simpatia, che pare quasi una personale rivendicazione, per il S. Rosario. Il primo mistico rosario, e per rosario intendo qui dire la rielaborazione personale, efficace e vivificatrice dei misteri di Cristo, è sbocciato nel Cuore di Maria, in quel Cuore che – secondo una splendida espressione di Mons. Pio del Corona, O. P. – fu “primo Vangelo dello Spirito Santo”» (P. Timoteo M. Centi, O. P.).
Santo del giorno: 20 Maggio – San Bernardino da Siena, Sacerdote: Canonizzato nel 1450, cioè a soli sei anni dalla morte, era nato nel 1380 a Massa Marittima, dalla nobile famiglia senese degli Albizzeschi. Rimasto orfano dei genitori in giovane età fu allevato a Siena da due zie. Frequentò lo Studio senese fino a ventidue anni, quando vestì l’abito francescano. In seno all’ordine divenne uno dei principali propugnatori della riforma dei francescani osservanti. Banditore della devozione al santo nome di Gesù, ne faceva incidere il monogramma «YHS» su tavolette di legno, che dava a baciare al pubblico al termine delle prediche. Stenografati con un metodo di sua invenzione da un discepolo, i discorsi in volgare di Bernardino sono giunte fino a noi. Aveva parole durissime per quanti «rinnegano Iddio per un capo d’aglio» e per «le belve dalle zanne lunghe che rodono le ossa del povero». Anche dopo la sua morte, avvenuta alla città dell’Aquila, nel 1444, Bernardino continuò la sua opera di pacificazione. Era infatti giunto morente in questa città e non poté tenervi il corso di prediche che si era prefisso. Persistendo le lotte tra le opposte fazioni, il suo corpo dentro la bara cominciò a versare sangue e il flusso si arrestò soltanto quando i cittadini dell’Aquila si rappacificarono.
Preghiamo: O Padre, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…