11 Maggio 2019 – Sabato, III settimana di Pasqua – (At 9,31-42; Sal 115[116]; Gv 6,60-69) – I Lettura: Il brano della prima lettura inizia con uno sguardo veloce e sintetico sulla situazione interna della Chiesa primitiva. La comunità cresce con l’assistenza dello Spirito Santo ed è timorata di Dio. Pietro è presentato come capo religioso che durante le sue visite sorregge, aiuta e incoraggia i discepoli. Con i due miracoli Pietro contribuisce alla diffusione del Vangelo: egli è presentato come il pastore taumaturgo che continua l’opera di Gesù. Vangelo: Dopo la rivelazione in cui Gesù si definisce come “Pane di vita”, alcuni discepoli esprimono la loro grossa difficoltà a capire questi discorsi irrazionali, umanamente difficili da accettare, altri addirittura non vogliono credere e abbandonano la sequela. Gesù non si sorprende per l’abbandono di alcuni: Egli conosce ogni uomo nel profondo delle sue scelte segrete. Aderire alla sua persona e avere fede, non è un qualcosa che possiamo darci da noi stessi, ma è un dono che viene dall’alto.
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Riflessione: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna». Ieri, con le parole di Papa Francesco, abbiamo ricordato dei tanti cibi che il mondo ci offre pur di mantenerci suoi schiavi e cibo di vita eterna che ci offre Cristo col suo corpo e Sangue nel Sacramento Eucaristico. Oggi la Liturgia ci ricorda l’altra Mensa cui siamo chiamati e che ci offre ugualmente la vita eterna: la Parola di Dio! Ma anche qui troviamo tanti falsi banchetti. Tante false parole ci vengono offerte: parole suadenti, presentate con fascino, che vogliono plasmare la nostra coscienza rendendola schiava del proprio orgoglio, rintanandola ad orizzonti incapaci di estendersi oltre il proprio egoismo. Da una di queste false parole venne la rovina del peccato: la parola del serpente rivolta ad Eva. Una parola distorta provoca disobbedienza, rende sordi ai richiami della grazia, ci lascia schiavi di una utopistica intelligenza incapace di innalzarsi oltre le personali sensazioni. La Parola di Cristo, invece, immette nel nostro cuore i sentimenti di Dio, scaccia da noi ogni personalismo e ci riempie della luce dello Spirito da cui tutto ha vita e in cui tutto trova senso. La Parola di Dio è la Via che ci apre alla Vita
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano… L’anima e la conoscenza umana di Cristo – CCC 471-474: Apollinare di Laodicea sosteneva che in Cristo il Verbo aveva preso il posto dell’anima o dello spirito. Contro questo errore la Chiesa ha confessato che il Figlio eterno ha assunto anche un’anima razionale umana. L’anima umana che il Figlio di Dio ha assunto è dotata di una vera conoscenza umana. In quanto tale, essa non poteva di per sé essere illimitata: era esercitata nelle condizioni storiche della sua esistenza nello spazio e nel tempo. Per questo il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha potuto voler “crescere in sapienza, età e grazia” (Lc 2,52) e anche doversi informare intorno a ciò che nella condizione umana non si può apprendere che attraverso l’esperienza. Questo era del tutto consono alla realtà del suo volontario umiliarsi nella “condizione di servo” (Fil 2,7). Al tempo stesso, però, questa conoscenza veramente umana del Figlio di Dio esprimeva la vita divina della sua Persona. “La natura umana del Figlio di Dio, non da sé ma per la sua unione con il Verbo, conosceva e manifestava nella Persona di Cristo tutto ciò che conviene a Dio”. È, innanzi tutto, il caso della conoscenza intima e immediata che il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo. Il Figlio di Dio anche nella sua conoscenza umana mostrava la penetrazione divina che egli aveva dei pensieri segreti del cuore degli uomini. La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare. Ciò che in questo campo dice di ignorare, dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo.
Tu hai parole di vita eterna – Giovanni Paolo II (Omelia, 13 Novembre 1990): “Tu hai parole di vita eterna”! L’apostolo Pietro ha forse voluto affermare soltanto che Cristo proclama la verità sulla vita eterna? La “parola” nella tradizione ebraica è una realtà dinamica, una forza che attua ciò che esprime. Nel prologo del Vangelo di Giovanni la Parola, “il Verbo”, è Persona, il Figlio eterno di Dio, della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio e Luce da Luce. Le “parole di vita eterna”, quindi, non solo significano, ma attuano la realtà della vita eterna. Gesù parla di questa realtà agli apostoli, alla vigilia della sua passione, nel cenacolo: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). La vita eterna è Dio stesso nella realtà ineffabile dell’eterna Trinità che abita nell’anima dell’uomo. La vita eterna è la Vita di Dio innestata nell’anima dell’uomo: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Una volta Cristo parlando ai giudei disse: “Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avete in voi la vita”(Gv 6,53). Quelli non intendendo spiritualmente le sue parole se ne andarono scandalizzati (cfr. Gv 6,61.66), credendo che il Salvatore li invitasse alla sarcofagia. C’erano nell’Antico Testamento i pani della proposizione (cfr. Lv 24,5-93; 1Mac 1,22; 2Mac 10,3) i quali proprio perché dell’Antico Testamento sono terminati. Nel Nuovo Testamento è un pane celeste e un calice di salvezza (cfr. Sal 116,4) che santificano l’anima e il corpo. Come il pane è proprio per il corpo, così il Logos è proprio per l’anima. Non ritenerli come semplici e naturali quel pane e quel vino; sono invece, secondo la dichiarazione del Signore, il corpo e il sangue. Anche se i sensi ti inducono a questo, la fede però ti sia salda. Non giudicare la cosa dal gusto, ma per fede abbi la piena convinzione tu che sei giudicato degno del corpo e del sangue di Cristo… Avendo appreso queste cose hai piena coscienza che ciò che ti pare pane non è pane, anche se al gusto è tale, ma corpo di Cristo, e il vino che pare vino non è vino, anche se il gusto l’avverte come tale, ma sangue di Cristo. Di ciò anticamente David cantando disse: “Il pane fortifica il cuore dell’uomo, e il suo volto brilla d’olio” (Sal 104,15). Fortifica il tuo cuore, prendendo il pane come spirituale e si rallegri il volto della tua anima. Il tuo volto discoperto in una coscienza pura possa riflettere come in uno specchio la gloria del Signore (cfr. 2Cor 3,18) e progredire di gloria in gloria nel Cristo Gesù nostro Signore al quale sia gloria nei secoli dei secoli» (Cirillo di Gerusalemme).
Silenzio / Preghiera /La tua traccia: «Gesù mette i suoi discepoli di fronte a una scelta molto precisa: o stare con Lui ed accogliere il suo insegnamento, oppure andare via. Non è possibile una via di mezzo. Il testo dice che molti dei discepoli rimasero scandalizzati dal discorso che Gesù fece loro, il discorso del “Pane di vita”: come era possibile che Gesù desse loro la sua Carne da mangiare e il suo Sangue da bere? Gesù non fa nessuno sconto. Al suo posto, molto probabilmente, noi avremo fatto di tutto per trovare una soluzione ambigua che accontentasse tutti. Gesù non fece così e ripropose letteralmente il solito insegnamento senza mitigarlo. Il Vangelo ricorda che “da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui” [Gv 6,66]. Da questo episodio impariamo la necessità di essere pienamente fedeli all’insegnamento di Gesù e alla voce della Chiesa, la quale, grazie all’assistenza dello Spirito Santo, insegna infallibilmente le verità di fede e di morale. Non si possono fare riserve e la Chiesa non può sacrificare una parte di verità per un mal inteso “quieto vivere”. Gesù, prendendo la parola, disse poi agli Apostoli: “Volete andarvene anche voi?” [Gv 6,67]. Egli non fa nulla per trattenerli, non cerca una mediazione. Allora Pietro, a nome di tutti, disse con decisione: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” [Gv 6,68]. Solo l’insegnamento di Gesù sazia la nostra fame e sete di verità, tutto il resto ci lascerà sempre inappagati. In proposito, è molto bello leggere quanto accadde a san Giustino che fu un martire dei primi secoli del Cristianesimo. Egli era un grande filosofo che si era messo sinceramente alla ricerca della verità. Aveva studiato tutte le filosofie, ma di tutte era rimasto deluso. Intuiva che vi era la verità, ma che ancora si nascondeva agli occhi della sua mente. Mentre era nei pressi del mare e pensava alla verità, incontrò un anziano che in seguito mai più rivide. Egli gli parlò di Gesù Cristo, e gli fece capire che la verità da lui tanto cercata si trova nella Sacra Scrittura. Folgorato dalla grazia, san Giustino comprese che il Cristianesimo è l’unica Verità e comprese, come san Pietro, che solo Gesù ha parole di vita eterna. Si fece cristiano e, in seguito, affrontò valorosamente il martirio a Roma, dove nel frattempo si era trasferito. In una sua opera, egli così scrisse: “Il cristianesimo è la sola vera e utile filosofia”» (Padre Mariano Pellegrini).
Santo del giorno: 11 Maggio – Sant’Ignazio da Laconi, Frate cappuccino: Devotissimo e dedito alla penitenza fin da giovane, indossò il saio francescano, nonostante la sua gracile costituzione, e fu dispensiere ed umile questuante nel convento di Iglesias e poi in altri conventi. Dopo quindici anni, fu richiamato a Cagliari nel convento del Buoncammino. Qui, lavorò nel lanificio e come questuante in città, svolgendo per quarant’anni il suo apostolato tra poveri e peccatori, aiutando e convertendo. La gente lo chiamava ‘Padre santo’ e anche un pastore protestante, cappellano del reggimento di fanteria tedesco, lo definì ‘un santo vivente’. Divenuto cieco due anni prima della morte, fu dispensato dalla questua ma continuò a osservare la Regola.