9 Maggio 2019 – Giovedì, III settimana di Pasqua – (At 8,26-40; Sal 65[66]; Gv 6,44-51) – I Lettura: Filippo è l’uomo giusto che il Signore invia al momento giusto nel posto giusto per la persona giusta, egli è radicalmente servo perché, più che agire, egli lascia operare il Signore. Dio stesso decide la missione, dà le coordinate di spazio e di tempo, indirizza le persone che sceglie. Il servo non guarda a se stesso, non misura la missione sulle sue forze o sulle sue capacità ma, partecipe della Risurrezione di Gesù Cristo, semplicemente obbedisce. Vangelo: “Non solo Gesù è il pane per la vita eterna, ma è carne che il credente deve assumere in se stesso: non è data una “vita eterna” come dono esterno, ma questa germina, fiorisce dall’interno dell’uomo, come il pane mangiato dà vita e la accresce. La vita di Gesù di Nàzaret, vita terrena di un uomo, vita vissuta, è consegnata, offerta a noi umani come cibo da mangiare: quella carne fragile e mortale assunta dal Figlio di Dio è vita data, spesa, radicalmente offerta per noi umani” (E. Bianchi).
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Riflessione: «Filippo gli disse: “Capisci quello che stai leggendo?” Egli rispose: “E come potrei capire, se nessuno mi guida?”». Quanta responsabilità abbiamo verso i nostri fratelli; quanto impegno dovremmo mettere nel far conoscere il volto di Dio con la nostra vita, con il nostro esempio, con la nostra testimonianza, con la nostra predicazione! La Prima Lettura ci riporta la cronaca di un incontro tra Dio e un uomo, un pagano, uno straniero. Questi viene attirato dalla Parola ma non la comprende: Dio lo chiama, ma l’eunùco non capisce cosa gli stia dicendo. Se costui riesce ad aprirsi alla fede è perché c’è un uomo che a sua volta si apre all’azione dello Spirito: Filippo obbedisce allo Spirito Santo e va, e andando incontra, e incontrando annuncia, e annunciando rivela, e rivelando dona salvezza! Quanto è bello vedere Dio che vuole raggiungere il cuore dell’uomo, ma quanto è vero che spesso non gli riesce a causa della nostra sordità spirituale, della nostra pigrizia, per la nostra incapacità di ascoltare lo Spirito, di farci smuovere da lui, di metterci in cammino, di diventare missionari, apostoli, annunciatori delle meraviglie di Dio. Il mondo ha bisogno di chi proclami le meravigliose opere di colui che ha affrontato la morte e l’ha sconfitta per noi. «Tutti saranno istruiti da Dio»: ciò avviene per opera dello Spirito Santo, attraverso la voce e le opere di tutti noi.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: L’Eucarestia – Francesco (Udienza Generale, 5 Febbraio 2014): L’Eucaristia si colloca nel cuore dell’“iniziazione cristiana”, insieme al Battesimo e alla Confermazione, e costituisce la sorgente della vita stessa della Chiesa. Da questo Sacramento dell’amore, infatti, scaturisce ogni autentico cammino di fede, di comunione e di testimonianza. Quello che vediamo quando ci raduniamo per celebrare l’Eucaristia, la Messa, ci fa già intuire che cosa stiamo per vivere. Al centro dello spazio destinato alla celebrazione si trova l’altare, che è una mensa, ricoperta da una tovaglia, e questo ci fa pensare ad un banchetto. Sulla mensa c’è una croce, ad indicare che su quell’altare si offre il sacrificio di Cristo: è Lui il cibo spirituale che lì si riceve, sotto i segni del pane e del vino. Accanto alla mensa c’è l’ambone, cioè il luogo da cui si proclama la Parola di Dio: e questo indica che lì ci si raduna per ascoltare il Signore che parla mediante le Sacre Scritture, e dunque il cibo che si riceve è anche la sua Parola. Parola e Pane nella Messa diventano un tutt’uno, come nell’Ultima Cena, quando tutte le parole di Gesù, tutti i segni che aveva fatto, si condensarono nel gesto di spezzare il pane e di offrire il calice, anticipo del sacrificio della croce, e in quelle parole: “Prendete, mangiate, questo è il mio corpo… Prendete, bevete, questo è il mio sangue”. Il gesto di Gesù compiuto nell’Ultima Cena è l’estremo ringraziamento al Padre per il suo amore, per la sua misericordia. “Ringraziamento” in greco si dice “eucaristia”. E per questo il Sacramento si chiama Eucaristia: è il supremo ringraziamento al Padre, che ci ha amato tanto da darci il suo Figlio per amore. Ecco perché il termine Eucaristia riassume tutto quel gesto, che è gesto di Dio e dell’uomo insieme, gesto di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Dunque la celebrazione eucaristica è ben più di un semplice banchetto: è proprio il memoriale della Pasqua di Gesù, il mistero centrale della salvezza. «Memoriale» non significa solo un ricordo, un semplice ricordo, ma vuol dire che ogni volta che celebriamo questo Sacramento partecipiamo al mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo. L’Eucaristia costituisce il vertice dell’azione di salvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa infatti su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostro modo di relazionarci con Lui e con i fratelli. È per questo che comunemente, quando ci si accosta a questo Sacramento, si dice di «ricevere la Comunione», di «fare la Comunione»: questo significa che nella potenza dello Spirito Santo, la partecipazione alla mensa eucaristica ci conforma in modo unico e profondo a Cristo, facendoci pregustare già ora la piena comunione col Padre che caratterizzerà il banchetto celeste, dove con tutti i Santi avremo la gioia di contemplare Dio faccia a faccia. Cari amici, non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per il dono che ci ha fatto con l’Eucaristia! È un dono tanto grande e per questo è tanto importante andare a Messa la domenica. Andare a Messa non solo per pregare, ma per ricevere la Comunione, questo pane che è il corpo di Gesù Cristo che ci salva, ci perdona, ci unisce al Padre. […] Non finiremo mai di coglierne tutto il valore e la ricchezza. Chiediamogli allora che questo Sacramento possa continuare a mantenere viva nella Chiesa la sua presenza e a plasmare le nostre comunità nella carità e nella comunione… E questo si fa durante tutta la vita, ma si comincia a farlo il giorno della prima Comunione.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Se vuoi comprendere il corpo di Cristo, ascolta l’Apostolo che dice ai fedeli: Voi però siete il corpo di Cristo, le sue membra (1Cor 12,27). Se voi dunque siete il corpo di Cristo e le sue membra, sulla mensa del Signore viene posto il vostro sacro mistero: il vostro sacro mistero voi ricevete. A ciò, che voi siete, voi rispondete Amen, e rispondendo lo sottoscrivete. Odi infatti: «Il corpo di Cristo», e rispondi: «Amen». Sii (veramente) corpo di Cristo, perché l’«Amen» sia vero! Perché dunque nel pane? Qui non portiamo idee nostre, ma udiamo lo stesso Apostolo che, parlando di questo sacramento, dice: Un solo pane noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo (1Cor 10,17). Comprendete e godete, unità, verità, pietà, carità. «Un solo pane»: chi è quest’unico pane? «Pur molti… un solo corpo»: riflettete che il pane non si fa con un grano solo, ma con molti. Quando riceveste l’esorcismo battesimale, veniste come macinati. Quando foste battezzati, veniste come intrisi. Quando riceveste il fuoco dello Spirito Santo, veniste come cotti. Siate quello che vedete e ricevete quello che voi siete! Questo ha detto l’Apostolo parlando del pane. Ma anche ciò che dobbiamo intendere del calice, pur senza dirlo, lo ha mostrato chiaramente. Come infatti per ottenere le specie visibili del pane molti grani di frumento vengono uniti a formare una cosa sola, così avviene del vino” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Io sono il pane della vita… Io sono il pane vivo, disceso dal cielo… con questa sorprendente rivelazione Gesù vuol imprimere nel cuore della folla, che lo ascolta stupita, una verità inappellabile: la manna del deserto ha alimentato il corpo che poi ha conosciuto la morte; invece, chi mangia il pane vivo, quello disceso dal cielo vivrà in eterno. Il brano giovanneo contiene inoltre una considerazione dalle sfumature veterotestamentarie: nessuno può andare a Gesù, se non è attirato dal Padre. Questa frase “ha qualcosa del determinismo fatalista. Per evitarlo è necessario tener conto del «modo» con cui Dio «attira» l’uomo. Non lo attira con la forza, ma con l’invito preferenziale di fronte alla sua conoscenza attraverso la sacra Scrittura. Gesù è testimoniato dalla Scrittura, questo vuol dire che a tutti è aperta la strada per essere attirati dal Padre a Gesù. In questo senso, vanno a Gesù tutti quelli che leggono rettamente la Scrittura, quelli che ascoltano il Padre, quelli che sono ammaestrati da Dio” (Felipe F. Ramos). Infine, l’ultima affermazione, il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo, è preludio del tema propriamente eucaristico che sarà sviluppato nei versetti che seguono: le parole di Gesù genereranno nei discepoli una profonda crisi, tanto da spingere Giovanni ad ammettere che proprio a causa di tale insegnamento molti discepoli di Gesù tornarono indietro e non andavano più con lui (Gv 6,66). Già l’ombra della morte aleggia sulla vita di Gesù.
Santo del giorno: 9 Maggio – San Pacomio, Abate: “Nacque nell’Alto Egitto, nel 287, da genitori pagani. Arruolato a forza nell’esercito imperiale all’età di vent’anni, finì in prigione a Tebe con tutte le reclute. Protetti dall’oscurità, la sera alcuni cristiani recarono loro un po’ di cibo. Il gesto degli sconosciuti commosse Pacomio, che domandò loro chi li spingesse a far questo. «Il Dio del cielo» fu la risposta dei cristiani. Quella notte Pacomio pregò il Dio dei cristiani di liberarlo dalle catene, promettendogli in cambio di dedicare la propria vita al suo servizio. Tornato in libertà, adempì al voto aggregandosi a una comunità cristiana di un villaggio del sud, l’attuale Kasr-es-Sayad, dove ebbe l’istruzione necessaria per ricevere il battesimo. Per qualche tempo condusse vita da asceta, dedicandosi al servizio della gente del luogo, poi si mise per sette anni sotto la guida di un vecchio monaco, Palamone. Durante una parentesi di solitudine nel deserto, una voce misteriosa lo invitò a fissare la sua dimora in quel luogo, al quale presto sarebbero convenuti numerosi discepoli. Alla morte dell’abate Pacomio, i monasteri maschili erano nove, più uno femminile” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che in questi giorni pasquali ci hai rivelato la grandezza del tuo amore, fa’ che accogliamo pienamente il tuo dono, perché, liberi da ogni errore, aderiamo sempre più alla tua parola di verità. Per il nostro Signore…