Liturgia, maggio

IV DOMENICA DI PASQUA (C) 12 Maggio 2019

IV Domenica di Pasqua (C) 12 Maggio 2019

Antifona d’ingresso

Della bontà del Signore è piena la terra; la sua parola ha creato i cieli. Alleluia. (Sal 33,5-6)

Colletta                                                                                       

Dio onnipotente e misericordioso, guidaci al possesso della gioia eterna, perché l’umile gregge dei tuoi fedeli giunga con sicurezza accanto a te, dove lo ha preceduto il Cristo, suo pastore. Egli è Dio, e vive e regna con te…

Oppure: 

O Dio, fonte della gioia e della pace, che hai affidato al potere regale del tuo Figlio le sorti degli uomini e dei popoli, sostienici con la forza del tuo Spirito, e fa’ che nelle vicende del tempo, non ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita. Egli è Dio, e vive e regna…

Prima lettura         At 13,14.43-52

Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani.

Paolo e Bàrnaba si mettono in cammino intraprendendo il primo viaggio missionario suscitando la fede della gente ovunque. Tutto questo provoca l’invidia e la gelosia dei Giudei i quali scatenano una vera e propria persecuzione che susciterà una crisi di rapporti segnando una netta e dolorosa separazione tra Sinagoga e Chiesa. Ma sarà tale separazione, che paradossalmente favorirà la diffusione della parola di Dio in tutte le altre nazioni. 

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia, e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Molti Giudei e prosèliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.     Parola di Dio.

Salmo Responsoriale     Dal Salmo 99 (100)

«Rallegratevi, nazioni tutte della terra! Ricordatevi dei vostri peccati antichi, del tempo in cui servivate gli idoli e sottomettetevi al giogo del Signore. Servitelo nella gioia, perché servirlo è servire la luce, la vita, la verità, la giustizia e la santità: il Signore è davvero tutto questo. Entrate davanti a lui con esultanza, perché se uno non lo serve con gioia, non deve osare di presentarsi davanti a lui. Sappiate che il Signore, egli è Dio! È lui che ci ha fatti, non ci siamo fatti da noi stessi. Siamo popolo suo e pecore del suo pascolo! Quando sapremo, infatti, che egli è Dio, che è il Signore, allora, giunti in sua presenza per questa stessa conoscenza, confesseremo che egli è il nostro Creatore» (Eusebio).

Rit. Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,

servite il Signore nella gioia,

presentatevi a lui con esultanza. Rit.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:

egli ci ha fatti e noi siamo suoi,

suo popolo e gregge del suo pascolo. Rit.

Perché buono è il Signore,

il suo amore è per sempre,

la sua fedeltà di generazione in generazione. Rit.

Seconda lettura     Ap 7,9.14-17

L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.

Con la visione dell’innumerevole moltitudine dei salvati, si completa la sessione dei Sigilli. L’Agnello immolato, cioè Cristo, aprendoli uno dopo l’altro, rivela il piano salvifico di Dio. I sigilli, indicano le dinamiche della storia e sono sette come i giorni della creazione. Al sesto giorno, dedicato alla creazione dell’uomo, corrisponde il sesto sigillo: la salvezza dell’umanità mediante l’intervento escatologico di Dio realizzato in tre tempi.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

Parola di Dio.

Canto al Vangelo          Gv 10,14

Alleluia, alleluia.

Io sono il buon pastore, dice il Signore; conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me.

Alleluia.

Vangelo       Gv 10,27-30

Alle mie pecore io do la vita eterna.

Gesù, per rispondere alla domanda insistente e pressante dei Giudei se fosse lui il Cristo, parla loro attraverso l’immagine del buon pastore. Ma i Giudei sono nella indisposizione più totale per accogliere qualsiasi parola di Gesù come occasione di dialogo e conoscenza. Le domande, che essi rivolgono a Gesù sulla sua identità e missione, hanno una radice di intenzione minacciosa ed esclusivamente insidiosa nei suoi confronti.

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».  Parola del Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Le mie pecore ascoltano la mia voce – Giovanni Paolo II (Omelia, 16 aprile 1989): Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,27-30). Il Cristo è il Pastore buono e sapiente, e noi siamo le sue pecore, che prestano ascolto a quanto egli dice (cfr. Gv 10,27) osservandone i comandamenti e andando dietro ai suoi passi con fede e amore. Egli ha cura del suo gregge e dà la vita per esso, perché ha profondamente a cuore quelli che il Padre gli ha dato (cfr. Gv 10,28). Il Cristo manifesta l’amore del Padre attraverso la libera e totale offerta di sé, affinché i suoi seguaci abbiano la vita eterna e nessuno li sottragga a lui. “Io do loro la vita eterna e non andranno perdute” (Gv 10,28): queste consolanti parole proclama il Cristo, che nel sacrificio si comunica alle anime per diventare principio di vita piena ora e per l’eternità, in modo analogo a quello con cui il Padre si comunica al Figlio ed è con lui una cosa sola (cfr. Gv 6,59; 10,29).

Ascoltano la mia voce… nessuno le strapperà dalla mia mano – Card José Saraiva Martins (Omelia, 29 aprile 2007): “Ascoltare”: è l’attitudine essenziale nella relazione tra due persone. I profeti non hanno cessato di invitare Israele ad ascoltare “Ascolta Israele!” (Dt 6-4; Am 3,1; Ger 7,2; Sir 29,3.9). Ascoltare è l’inizio della fede. Giovanni presenta Gesù come il Verbo – la Parola che il Padre dice al mondo: “Questo è il mio figlio diletto. Ascoltatelo!” (Mt 17,5). L’ascoltare in senso biblico è carico di risonanze che implicano l’adesione gioiosa, l’obbedienza, la scelta di vita. Ecco, allora, stabilirsi una comunione intima e profonda tra Cristo e chi lo segue: essa è definita da una grande parola biblica, quella del “conoscere” che coinvolge mente, cuore, azione di tutta la persona umana, tanto da diventare, sulle labbra del Gesù di Giovanni la definizione stessa della vita eterna: “La vita eterna è conoscere te, unico vero Dio e colui che hai inviato, Gesù Cristo” (Gv 17,3). Ascoltare Cristo conduce, quindi, a farsi conoscere e a conoscere Dio – nel senso poc’anzi ricordato – per seguire Cristo l’unico Pastore, in una sequela quotidiana e continua, di cui i santi sono una riprova mirabile e concreta. […]. Davvero rassicurante è, inoltre, l’assicurazione di Gesù: “Le mie pecore non andranno mai perdute e nessuno le strapperà dalla mia mano”. Né dalla sua mano né da quella del Padre. Siamo nelle migliori mani che ci possano essere: le mani del Signore, le stesse mani che stendeva sui malati, con le quali accarezzava i bambini, quella che tendeva a Pietro perché non affogasse nel mare, la mano che si alzò col Pane di vita all’ultima cena, la mano stesa sulla croce, la mano ferita dai chiodi mostrata a Tommaso. Noi tutti, carissimi fedeli, siamo stati posti dalla mano del Padre Buono nella mano del Pastore Bello e siamo chiamati a raggiungere quanti ci hanno preceduti nella vitalità della fede, i quali “portavano palme nelle mani” (Ap 7,9).

Io e il Padre siamo una cosa sola – Pio XII (Lettera Enciclica, Sempiternus Rex Christus): […] il concilio Calcedonese, in tutto concorde con quello Efesino, afferma chiaramente che le due nature del nostro Redentore convergono «in una sola persona e sussistenza» e proibisce di ammettere in Cristo due individui, di maniera che accanto al Verbo sia posto un certo «uomo assunto», dotato di piena autonomia. San Leone, poi, non solo tiene la stessa dottrina, ma indica e dimostra anche la fonte da cui attinge questi puri principi: «Tutto ciò – egli dice – che da noi è stato scritto si prova che è stato preso dalla dottrina apostolica ed evangelica». Difatti la chiesa fin dai primi tempi, sia nei documenti scritti, sia nella predicazione, sia nelle preci liturgiche, professa in modo chiaro e preciso che l’unigenito Figlio di Dio, consostanziale al Padre, nostro Signore Gesù Cristo, Verbo incarnato è nato sulla terra, ha patito, è stato confitto in croce e, dopo essere risorto dal sepolcro, è asceso al cielo. Inoltre la sacra Scrittura attribuisce all’unico Cristo, Figlio di Dio, proprietà umane, e al medesimo, Figlio dell’Uomo, proprietà divine. Difatti l’evangelista Giovanni dichiara: «Il Verbo si fece carne» (Gv 1,14); Paolo poi scrive di lui: «Il quale, già sussistente nella natura di Dio… si è umiliato, fatto obbediente fino alla morte» (Fil 2,6-8); oppure: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio suo fatto da donna» (Gal 4,4); e lo stesso divino Redentore afferma in modo perentorio: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30); e ancora: «Sono uscito dal Padre e son venuto nel mondo» (Gv 16,28). L’origine celeste del nostro Redentore risplende anche in questo testo del Vangelo: «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38). E da quest’altro: «Colui che discende, è quello stesso che ascende sopra tutti i cieli» (Ef 4,10). Affermazione che san Tommaso d’Aquino così commenta e illustra: «Chi discende è quegli stesso che ascende. Nel che è designata l’unità della persona del Dio uomo. Discende infatti… il Figlio di Dio assumendo la natura umana, ma ascende il Figlio dell’uomo secondo l’umana natura alla sublimità della vita immortale. E così lo stesso è il Figlio di Dio, che discende, e il Figlio dell’uomo che ascende».

Preghiera dei Fedeli                                              (proposta)

Siamo nati per conoscere, amare e servire il Signore. Solo la fedeltà a questa fondamentale vocazione può darci la pace. Preghiamo per essere degni della nostra chiamata.

Preghiamo insieme e diciamo:

O Pastore eterno, guida e proteggi i tuoi figli.

– Per Papa Francesco e tutti i Pastori della Chiesa, possano sempre confermare nella fede e nella speranza i fratelli, nutrendoli con la Parola e i sacramenti, preghiamo. Rit.

– Per la comunità ecclesiale, sia luogo di educazione e crescita nella fede, sappia coltivare il germe di ogni vocazione per il Regno dei cieli, preghiamo. Rit.

– Per le famiglie cristiane, accolgano con gioia il seme della chiamata al Sacerdozio e alla Vita consacrata dei loro figli, preghiamo. Rit.

– Per quanti odono la voce del Signore, siano discepoli appassionati capaci di far risplendere la bellezza e la santità della Chiesa, preghiamo. Rit.

– Per noi qui presenti, la partecipazione a questa Eucaristia ci sostenga nella sequela di Cristo e ci doni il suo Spirito per camminare in novità di vita, preghiamo. Rit.

Celebrante: O Padre, che in Cristo tuo Figlio ci hai offerto il modello del vero Pastore che dà la vita per il suo gregge, fa’ che ascoltiamo sempre la sua voce e camminiamo lietamente sulle sue orme nella via della verità e dell’amore. Per Cristo nostro Signore.

Preghiera sulle offerte

O Dio, che in questi santi misteri compi l’opera della nostra redenzione, fa’ che questa celebrazione pasquale sia per noi fonte di perenne letizia. Per Cristo nostro Signore.

Prefazio di paquale IV              (proposta)

La restaurazione dell’universo per mezzo del mistero pasquale.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,

proclamare sempre la tua gloria, o Signore,

e soprattutto esaltarti in questo tempo

nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.

In lui, vincitore del peccato e della morte,

l’universo risorge e si rinnova, e l’uomo ritorna alle sorgenti della vita.

Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale,

l’umanità esulta su tutta la terra,

e con l’assemblea degli angeli e dei santi

canta l’inno della tua gloria: Santo…

Antifona alla comunione

È risorto il buon Pastore, che ha dato la vita per le sue pecorelle, e per il suo gregge è andato incontro alla morte. Alleluia.

Oppure: 

“Io sono il buon pastore e offro la vita per le pecore”, dice il Signore. Alleluia. (Gv 10,14.15)

Preghiera dopo la comunione

Custodisci benigno, o Dio nostro Padre, il gregge che hai redento con il sangue prezioso del tuo Figlio, e guidalo ai pascoli eterni del cielo. Per Cristo nostro Signore.

Un po’ di pane per camminare

La IV Domenica di Pasqua è la domenica dedicata alla figura di Gesù Buon Pastore. La Liturgia della Parola odierna ruota attorno al tema del Buon Pastore guardando all’universalità della salvezza per il dono del Vangelo, attuata dagli Apostoli con la predicazione ai pagani. Questa universalità è poi confermata da Ap che contempla l’universalità della salvezza già realizzata dinanzi al trono di Dio. Il testo evangelico odierno, che è tutto centrato sulla figura del Buon Pastore, afferma che questo raduno nella Gerusalemme Celeste si attua nella storia attuale con il raduno dell’umanità intorno al Pastore, mediante l’ascolto della sua Parola, che è già garanzia di vita eterna. “Le mie pecore ascoltano la mia voce“. Questo versetto iniziale si comprende solo in funzione del verso precedente: “Voi non credete perché non fate parte delle mie pecore” (Gv 10,26). I Giudei che non riconoscono la parola di Gesù non appartengono al suo gregge, mentre coloro che lo ascoltano fanno parte del suo gregge. In realtà Gv in questo versetto non usa il termine “lógos-parola”, quanto piuttosto il termine “phōnê-suono, tono, voce, discorso”, che in questo caso rimanda non solo alla parola di Gesù ma anche alla predicazione apostolica, che risuona nella Chiesa; è la voce del Pastore che nutre le pecore e le guida sui sentieri del Regno. Il verbo greco usato da Gv è “akolouthéō-seguire uno che precede, raggiungerlo come un compagno, accompagnarlo”. Il verbo dice ben più del semplice seguire; esso significa anche star dietro, andare assieme, accompagnare, lasciarsi guidare, aderire e descrive l’atteggiamento del servo nei confronti del proprio padrone; è un seguire che si fonda sulla dedizione di se stessi al proprio padrone. Vi è dunque in questo verbo un qualcosa che va ben oltre ad un pedestre e passivo seguire, poiché la sequela indicata da questo verbo richiede un seguire che comporta una conformazione del proprio vivere al Pastore.

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