8 Maggio 2019 – Mercoledì, III settimana di Pasqua – (At 8,1b-8; Sal 65[66]; Gv 6,35-40) – I Lettura: La vicenda di Stefano e la concomitante persecuzione mettono in movimento e in missione la Chiesa. Da un lato Sàulo infierisce contro i discepoli di Gesù e dall’altro “i dispersi” si trasformano in “disseminati”, cioè persone che… seminano la Parola. Vangelo: Appare evidente che il piano della salvezza e i frutti della redenzione si possono attuare efficacemente in noi solo a condizione che la vita del risorto si trasfonda in ciascuno di noi per mezzo di quel pane, che è la stessa carne di Cristo.
Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Riflessione: «Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna». Si dice che se in famiglia o al lavoro una cosa la vogliamo solo noi, sarà molto difficile ottenerla; se in una coppia di sposi il marito e la moglie hanno punti di vista differenti, sarà difficile vivere in comunione; se in un gruppo di lavoro o in una squadra sportiva ci sono obiettivi diversi, sarà difficile realizzarne anche solo uno. Se Dio volesse cose che non vogliamo noi, o viceversa, sarebbe un disastro perché non riusciremmo né noi a realizzarci, né Dio ad affermare i suoi progetti. Ora invece, Gesù ci sta dicendo che Dio vuole per noi ciò che anche noi vogliamo: la felicità eterna che passa dalla fede in Gesù e che realizza la salvezza e la comunione perfetta tra noi e con il Padre, per opera dello Spirito Santo. Noi e Dio aspiriamo allo stesso traguardo, desideriamo una sola cosa, corriamo per lo stesso premio! Anzi Gesù questo premio lo ha già guadagnato per noi, sulla Croce ha già vinto, con la sua Risurrezione ha sbaragliato il nemico che ci insidiava, ha abbattuto gli ostacoli che si frapponevano tra noi e Dio. Contemplare Gesù risorto significa contemplare la piena realizzazione di quell’unico progetto in cui, Dio e noi, abbiamo ottenuto la perfetta comunione, siamo diventati un solo corpo.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Io sono il pane della vita – Benedetto XVI (Angelus, 12 Agosto 2012): Nel pensiero ebraico era chiaro che il vero pane del cielo, che nutriva Israele, era la Legge, la parola di Dio. Il popolo di Israele riconosceva con chiarezza che la Torah era il dono fondamentale e duraturo di Mosè e che l’elemento basilare che lo distingueva rispetto agli altri popoli consisteva nel conoscere la volontà di Dio e dunque la giusta via della vita. Ora Gesù, nel manifestarsi come il pane del cielo, testimonia di essere Lui la Parola di Dio in Persona, la Parola incarnata, attraverso cui l’uomo può fare della volontà di Dio il suo cibo (cfr. Gv 4,34), che orienta e sostiene l’esistenza. Dubitare allora della divinità di Gesù, come fanno i Giudei del passo evangelico di oggi, significa opporsi all’opera di Dio. Essi infatti, affermano: è il figlio di Giuseppe! Di lui conosciamo il padre e la madre! (cfr. Gv 6,42). Essi non vanno oltre le sue origini terrene, e per questo si rifiutano di accoglierLo come la Parola di Dio fattasi carne. Sant’Agostino, nel suo Commento al Vangelo di Giovanni, spiega così: «erano lontani da quel pane celeste, ed erano incapaci di sentirne la fame. Avevano la bocca del cuore malata… Infatti, questo pane richiede la fame dell’uomo interiore» (26,1). E dobbiamo chiederci se noi realmente sentiamo questa fame, la fame della Parola di Dio, la fame di conoscere il vero senso della vita. Solo chi è attirato da Dio Padre, chi Lo ascolta e si lascia istruire da Lui può credere in Gesù, incontrarLo e nutrirsi di Lui e così trovare la vera vita, la strada della vita, la giustizia, la verità, l’amore. Sant’Agostino aggiunge: «il Signore… affermò di essere il pane che discende dal cielo, esortandoci a credere in lui. Mangiare il pane vivo, infatti, significa credere in lui. E chi crede, mangia; in modo invisibile è saziato, come in modo altrettanto invisibile rinasce [a una vita più vera], rinasce di dentro, nel suo intimo diventa un uomo nuovo» (ibidem). Invocando Maria Santissima, chiediamole di guidarci all’incontro con Gesù perché la nostra amicizia con Lui sia sempre più intensa; chiediamole di introdurci nella piena comunione di amore con il suo Figlio, il pane vivo disceso dal cielo, così da essere da Lui rinnovati nell’intimo del nostro essere.
Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato – CCC 606-607: Il Figlio di Dio disceso dal cielo non per fare la sua volontà ma quella di colui che l’ha mandato, «entrando nel mondo dice: […] Ecco, io vengo […] per fare, o Dio, la tua volontà. […] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre» (Eb 10,5-10). Dal primo istante della sua incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di salvezza: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). Il sacrificio di Gesù «per i peccati di tutto il mondo» (1Gv 2,2) è l’espressione della sua comunione d’amore con il Padre: «Il Padre mi ama perché io offro la mia vita» (Gv 10,17). «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato» (Gv 14,31). Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù perché la sua passione redentrice è la ragion d’essere della sua incarnazione: «Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!» (Gv 12,27). «Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?» (Gv 18,11). E ancora sulla croce, prima che «tutto [sia] compiuto» (Gv 19,30), egli dice: «Ho sete» (Gv 19,28).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Il giorno del Signore, riunitevi; spezzate il pane e rendete grazie: però dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro. Chiunque ha qualche dissenso con il suo vicino, non si unisca a voi, prima che essi non si siano riconciliati, altrimenti il vostro sacrificio sarebbe profanato. Infatti di questo sacrificio il Signore ha detto: In ogni luogo e in ogni tempo mi viene offerto un sacrificio puro, perché io sono un grande re – dice il Signore – e il mio nome è ammirabile tra le genti [Ml 1,11.14]. Riguardo poi all’eucaristia farete il ringraziamento in questo modo. Anzitutto sopra il calice: «Ti ringraziamo, o Padre nostro, per la santa vite di Davide tuo servo, che ci hai fatto svelare da Gesù Cristo tuo servo. A te sia gloria nei secoli. Amen». Poi sopra il pane spezzato: «Ti ringraziamo, o Padre nostro… / Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto è diventato una cosa sola, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno: perché tua è la gloria e la potenza per mezzo di Gesù Cristo nei secoli. Amen». Nessuno mangi o beva della vostra eucaristia, se non i soli battezzati nel nome del Signore, poiché egli ha detto: Non date le cose sacre ai cani [Mt 7,6]. Dopo esservi saziati ringraziate così: «Ti ringraziamo, o Padre santo, per il tuo santo nome, che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la sapienza, la fede, l’immortalità che ci hai fatto svelare da Gesù Cristo tuo servo. A te sia gloria nei secoli. Amen. / Tu, Signore onnipotente, hai creato tutte le cose a gloria del tuo nome e hai dato ai figli degli uomini cibo e bevanda perché ti lodino; ma a noi hai fatto la grazia di un cibo e di una bevanda spirituale e della vita eterna per opera di Gesù il servo tuo. / Anzitutto ti ringraziamo perché sei potente. A te sia gloria nei secoli. Amen. / Ricordati, o Signore, della tua Chiesa, liberala da tutti i mali, rendila perfetta nel tuo amore, riuniscila dai quattro venti santificata, nel tuo regno che per lei hai preparato. Perché tuo è il potere e la gloria nei secoli. Amen. / Venga la grazia e passi questo mondo! Chi è santo si avvicini, chi non lo è si converta. Maranathà»” (Didachè, 14.9-10).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gerlando Lentini (Gli Atti degli Apostoli oggi): [I cristiani] Costretti a lasciare Gerusalemme, incominciano ad invadere la vicina Samaria; particolarmente perseguitati, è da notare, sono i cristiani ellenisti cui apparteneva Stefano i quali si distinguevano, nella loro predicazione, per una particolare accentuazione dell’aspetto universalistico del messaggio di Cristo e conseguentemente per un abbandono più o meno immediato delle istituzioni strettamente giudaiche. Gli Apostoli restano nella città santa che rimane ancora il centro di diffusione del Vangelo, in attesa che lo Spirito si manifesti sul da farsi. In questo momento balza all’attenzione della comunità un altro giovane, Filippo, che con lo stesso ardore del martire Stefano predica Cristo in una città della Samaria. Non ci viene riportato di lui alcun discorso. D’altronde quel che importava ai predicatori del Vangelo era una sola cosa: dire a tutti che Gesù è il Cristo, il Salvatore; e questa verità così semplice e profonda la dicevano con tale convinzione e con una parola così piena di divina unzione che le folle restavano incantate e innamorate di Lui. Tanto più che la potenza dello Spirito si manifestava con segni straordinari: da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida di disperata sconfitta; e molti paralitici e storpi venivano sanati. Comunque non tutti quelli che ascoltavano venivano guariti nel corpo e nell’anima. La libertà di rifiutare l’annunzio della salvezza non viene mai soppressa: è tutto nelle mani di Dio, ma anche nelle nostre. In quella città, conclude Luca, vi fu una grande gioia. La Chiesa non è stata mandata per celebrare i funerali, per piangere sulla morte, per fare i lamenti. La Chiesa annunzia Cristo; e Cristo è gioia: il sangue dei martiri l’accresce e la proietta nella pienezza eterna.
Santo del giorno: 8 Maggio – Sant’Amato Ronconi, Terziario francescano: Amato Ronconi nacque a Saludecio da una ricca famiglia verso il 1225. Rimasto presto orfano, trascorse la sua giovinezza con la famiglia del fratello Giacomo. Deciso a vivere secondo il Vangelo si dedicò in un primo tempo all’accoglienza dei poveri e dei pellegrini costruendo per loro un ospizio sul Monte Orciale. Donate poi tutte le sue sostanze ai poveri si ritirò ad una vita di rigorosissima penitenza. Compì ben quattro pellegrinaggi alla tomba dell’apostolo Giacomo a Compostella. Morì nel 1292 all’età di sessantasei anni. Papa Pio VI ne confermò il culto nel 1776.
Preghiamo: Assisti, o Dio nostro Padre, questa tua famiglia raccolta in preghiera: tu che ci hai dato la grazia della fede, donaci di aver parte all’eredità eterna per la risurrezione del Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Egli è Dio…