7 Maggio 2019 – Martedì, III settimana di Pasqua – (At 7,51 – 8,1a; Sal 30[31]; Gv 6,30-35) – I Lettura: Il martirio di Stefano è la fine, anzi il fine del mondo: in esso si compie il ritorno del Signore e il suo giudizio di salvezza per tutti. Il testimone appartiene già alla creazione nuova, associato alla croce e alla gloria del suo Signore. Vangelo: La Parola di Dio è sempre stata letta nell’Antico Testamento come cibo, pane che dà la vita all’umanità; ma ora questa Parola, detta molte volte e in diversi modi nei tempi antichi agli esseri umani tramite Mosè e i profeti , è un uomo: è Parola di Dio umanizzata in Gesù di Nàzaret.
Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Riflessione: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?». Queste domande che la folla rivolge a Gesù sono forse la prova più evidente di come sia vera la pesante accusa che Stefano rivolge ai suoi uditori durante il processo che lo vedrà condannare a morte e diventare così il primo martire della Chiesa: «Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo». Chi muove queste domande a Gesù sono coloro che erano presenti al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci; uomini che erano da giorni al seguito di Gesù e che avevano non soltanto udito i tanti insegnamenti, dati con un’autorità che nessuno aveva mai avuto, ma certamente avevano anche assistito ad innumerevoli miracoli di guarigioni e di liberazioni. Eppure sono ancora lì a chiedere segni! Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie! Verrebbe di arrabbiarsi con loro se… non fosse che noi siamo ancora peggio! Quante volte abbiamo ascoltato la Parola di Dio? Quante volte ci è stata spiegata con l’autorità della Chiesa? Quante volte abbiamo toccato con mano i segni della presenza di Dio e della sua Provvidenza? Quante volte abbiamo approfittato della sua misericordia invocando il perdono dei nostri peccati e ottenendo il suo abbraccio e la sua comunione? Quante volte ci siamo accostati al Banchetto che ci dà salvezza? Eppure continuiamo a dubitare e chiedere a Dio segni!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: … è il Padre mio che vi darà il pane dal cielo, quello vero – Giovanni Paolo II (Omelia, 5 agosto 1979): L’uomo ha un bisogno estremo di sapere se merita nascere, vivere, lottare, soffrire e morire, se ha valore impegnarsi per qualche ideale superiore agli interessi materiali e contingenti, se, in una parola, c’è un “perché” che giustifichi la sua esistenza terrena. Questa dunque resta la questione essenziale: dare un senso all’uomo, alle sue scelte, alla sua vita, alla sua storia. Gesù possiede la risposta a questi nostri interrogativi; lui può risolvere la “questione del senso” della vita e della storia dell’uomo. Ecco la fondamentale lezione della liturgia odierna. Alla folla che l’ha seguito, purtroppo soltanto per motivi di interesse materiale, essendo stata sfamata gratuitamente con la moltiplicazione miracolosa dei pani e dei pesci, Gesù dice con serietà e autorità: “Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà” (Gv 6,28-29). Dio si è incarnato per illuminare, anzi per essere il significato della vita dell’uomo. Questo bisogna credere con profonda e gioiosa convinzione; questo bisogna vivere con costanza e coerenza; questo bisogna annunziare e testimoniare, nonostante le tribolazioni dei tempi e le avverse ideologie, quasi sempre così insinuanti e sconvolgenti. E in che modo Gesù è il significato dell’esistenza dell’uomo? Egli stesso lo spiega con consolante chiarezza: “Il Padre mio vi dà il pane del cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che scende dal cielo e dà la vita al mondo… Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” (Gv 6,32-35). Gesù parla simbolicamente, ricollegandosi al grande miracolo della manna data da Dio al popolo ebraico nella traversata del deserto. È chiaro che Gesù non elimina la normale preoccupazione e la ricerca del cibo quotidiano e di tutto ciò che può rendere la vita umana più progredita, più evoluta, più appagante. Ma la vita passa fatalmente. Gesù fa presente che il vero significato del nostro esistere terreno sta nell’eternità, e che tutta la storia umana con i suoi drammi e le sue gioie deve essere vista in prospettiva eterna.
Signore, dacci sempre questo pane – Mons. Vincenzo Paglia (Omelia, 2 Maggio 2006): Mentre ascoltiamo la Parola di Dio e ci impegniamo a seguirla vediamo affinarsi i nostri occhi e Gesù ci appare come il vero pane disceso dal cielo. Sì, anche noi chiederemo: “Dacci sempre questo pane!”. Sappiamo che viene da Dio ma non è lontano da noi, è anzi alla portata di tutti. Non c’è di sicuro motivo per “mormorare” di fronte a un amore così grande. Questo pane non ci mancherà mai se sapremo vivere come il Signore. Infatti “il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”, cioè saremo sfamati nella nostra ricerca di essere felici solo se sapremo usare della nostra vita non per conservarla, ma per spenderla per gli altri. È il miracolo che quotidianamente si realizza nell’Eucarestia, corpo spezzato e sangue versato che ridona la vita, proprio perché non è stato trattenuto da Cristo per se stesso, ma è stato offerto ed effuso largamente per tutti gli uomini.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? – “I miracoli che fece nostro Signore Gesù Cristo, sono opere divine che insegnano alla mente umana a elevarsi al di sopra delle cose visibili per comprendere ciò che è Dio. Siccome Dio è una natura che non è visibile agli occhi del corpo, e siccome i miracoli, con i quali egli regge e governa tutto il mondo e ogni creatura dell’universo, sembrano aver perduto valore perché ininterrottamente si ripetono, tanto che nessuno pensa più di apprezzare la pur stupefacente e mirabile potenza divina che si manifesta anche in un chicco di grano, nella sua misericordia egli si riservò alcune cose, da compiere al momento opportuno e al di fuori del normale corso degli avvenimenti naturali, in modo da suscitare stupore alla vista di tali fatti, non maggiori, ma insoliti, rispetto a quei quotidiani avvenimenti che non destano più impressione. È certamente un maggiore miracolo il governare tutto il mondo, che saziare cinquemila uomini con cinque pani; e, tuttavia, nessuno se ne stupisce mentre gli uomini si meravigliano di fronte al miracolo dei pani, non perché si tratta di una cosa maggiore dell’altra, ma perché è rara. Chi, infatti, nutre tutto il mondo, se non colui che da pochi chicchi crea le messi? E il Signore agì proprio come agisce Dio. Con la sua potenza divina moltiplica pochi chicchi facendone nascere le messi, e con la stessa potenza moltiplicò nelle sue mani i cinque pani. Vi era potenza infatti nelle mani di Cristo, e quei cinque pani erano come semi di grano che non furono gettati in terra nei solchi, ma furono moltiplicati da colui che aveva creato la terra. Questo fatto colpisce i nostri sensi e ci obbliga a elevare la mente; questo prodigio, compiuto sotto i nostri occhi, ci spinge a sforzare l’intelletto, in modo da ammirare, attraverso le opere visibili, Dio invisibile, e in modo da desiderare, dopo esserci innalzati alla fede ed esserci per mezzo di essa purificati, di riuscire a vedere Dio, la cui natura invisibile abbiamo conosciuto attraverso le opere visibili. Ma non è solo questo che dobbiamo vedere nei miracoli di Cristo. Interroghiamo gli stessi miracoli, sentiamo cosa ci dicono di Cristo: essi hanno infatti un loro linguaggio, se si sa intenderlo. Dato che Cristo è il Verbo di Dio, ogni atto del Verbo è per noi una parola” (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? I giudei sono indefessi ricercatori di segni, non possono proprio farne a meno: Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani (1Cor 1,20-22). Cercare segni, prodigi, e miracoli è il loro pane quotidiano, e non sanno, e non riescono a vedere e a capire, che chi parla loro è il pane della vita, che può realmente saziare la loro fame, fame di assoluto, di libertà, di purezza religiosa. Gesù già una volta aveva detto ai giudei: voi non volete venire a me per avere vita (Gv 5,40). Ora dice alla folla affamata di pane di darsi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna (Gv 6,37): Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete (Gv 6,35-36). È un’amara constatazione, la maggioranza dei testimoni oculari, pur vendo visto, non hanno creduto, non l’hanno accolto! E può succedere anche a noi, da credenti trasformarci in ricercatori di segni, dimenticando che la norma ormai è un’altra: sono beati quelli che non hanno visto e hanno creduto (Gv 20,26).
Santo del giorno: 7 Maggio – Santa Flavia Domitilla, Martire: Vissuta tra il primo e il secondo secolo, sono poche le informazioni su di lei. A parte una leggendaria Passio, non anteriore al V secolo, sia Eusebio sia Dione Cassio raccontano che sarebbe stata perseguitata sotto Diocleziano. Da Eusebio sappiamo che Flavia, nipote di Flavio Clemente, uno dei consoli di Roma (95 d.C.), per la sua fede in Cristo fu deportata a Ponza dove dovette soffrire, secondo San Girolamo, un lungo martirio. Dione Cassio ci dice, invece, che fu moglie di Flavio Clemente e che perse la vita per la propria fede. Una iscrizione conservata oggi nella basilica dei Ss. Nereo e Achilleo conferma queste ultime affermazioni, precisando che Flavia Domitilla era “neptis“ nipote di Vespasiano, padre di Domiziano, e che fu moglie di Flavio Clemente.
Preghiamo: O Dio, che apri la porta del tuo regno agli uomini rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, accresci in noi la grazia del Battesimo, perché liberi da ogni colpa possiamo ereditare i beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo…