Antifona d’ingresso
Acclamate al Signore da tutta la terra, cantate un inno al suo nome, rendetegli gloria, elevate la lode. Alleluia. (Sal 66,1-2)
Colletta
Esulti sempre il tuo popolo, o Padre, per la rinnovata giovinezza dello spirito, e come oggi si allieta per il dono della dignità filiale, così pregusti nella speranza il giorno glorioso della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Oppure:
Padre misericordioso, accresci in noi la luce della fede, perché nei segni sacramentali della Chiesa riconosciamo il tuo Figlio, che continua a manifestarsi ai suoi discepoli, e donaci il tuo Spirito, per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te…
Prima lettura At 5,27b-32.40b-41
Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo.
Di fronte a un potere ostile che vuole soffocare la verità, gli apostoli non cercano una facile conciliazione, ma assumono un atteggiamento fermo che ha chiari punti di riferimento nella Parola e nell’esempio di Gesù. Questa fedeltà è l’aspetto serio della vita cristiana che porta a prendere posizione e a fare scelte ben precise: non si può stare col Crocifisso e scendere a compromessi con i crocifissori.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 29 (30)
«Adamo si nascose nel paradiso di sera. La sera è figura di questa vita di lacrime nella quale gemiamo tutti, da Adamo in poi, ed è anche figura della morte del Cristo. Il mattino è la risurrezione del Cristo, la risurrezione delle anime e il mattino eterno della consumazione dei secoli» (San Girolamo).
Rit. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. Rit.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia. Rit.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre. Rit.
Seconda lettura Ap 5,11-14
L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza.
Giovanni introduce le sue visioni con questo ritornello: “Io Giovanni vidi”. Egli realizza con fedeltà il compito che gli è stato affidato, quello di guardare e di scrivere. In questa visione egli si trova davanti alla corte celeste e all’Agnello, figura di Cristo, ucciso per la salvezza non solo di Israele, ma di tutti i popoli della terra. Ecco perché il canto celebra la sua dignità: egli è degno di ricevere da Dio la potenza, la ricchezza e ogni onore.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione. Parola di Dio.
Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Cristo è risorto, lui che ha creato il mondo, e ha salvato gli uomini nella sua misericordia.
Alleluia.
Vangelo Gv 21,1-19
Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce.
Il racconto evangelico ha la finalità di farci riconoscere chi è Gesù Risorto, di esprimere la sua vicinanza alle nostre situazioni quotidiane, il suo desiderio di aiutarci nelle difficoltà, la sua volontà di servirci, di condividere con noi la sua Parola e il suo cibo. Dopo la sua resurrezione il Cristo non abbandona la sua Chiesa ma resta in cammino con lei e ne condivide le fatiche e il ristoro.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Cer-to, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi». Parola del Signore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
Simone, figlio di Giovanni – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 9 Dicembre 1992): Quando Gesù sta per conferire la missione a Pietro, si rivolge a lui con un appellativo ufficiale: “Simone, figlio di Giovanni” (Gv 21,15), ma assume poi un tono familiare e d’amicizia: “Mi ami tu più di costoro?”. Questa domanda esprime un interesse per la persona di Simon Pietro e sta in rapporto con la sua elezione per una missione personale. Gesù la formula a tre riprese, non senza un implicito riferimento al triplice rinnegamento. E Pietro dà una risposta che non è fondata sulla fiducia nelle proprie forze e capacità personali, sui propri meriti. Ormai sa bene che deve riporre tutta la sua fiducia soltanto in Cristo: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo” (Gv 21,17). Evidentemente il compito di pastore richiede un amore particolare verso Cristo. Ma è lui, è Dio che dà tutto, anche la capacità di rispondere alla vocazione, di adempiere la propria missione. Sì, bisogna dire che “tutto è grazia”, specialmente a quel livello! E avuta la risposta desiderata, Gesù conferisce a Simon Pietro la missione pastorale: “Pasci i miei agnelli”; “Pasci le mie pecorelle”. È come un prolungamento della missione di Gesù, che ha detto di sé: “Io sono il buon Pastore” (Gv 10,11). Gesù, che ha partecipato a Simone la sua qualità di “pietra”, gli comunica anche la sua missione di “pastore”. È una comunicazione che implica una comunione intima, che traspare anche dalla formulazione di Gesù: “Pasci i miei agnelli… le mie pecorelle”; come aveva già detto: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18). La Chiesa è proprietà di Cristo, non di Pietro.
Pasci le mie pecore – Benedetto XVI (Omelia, 24 Aprile 2005): Una delle caratteristiche fondamentali del pastore deve essere quella di amare gli uomini che gli sono stati affidati, così come ama Cristo, al cui servizio si trova. “Pasci le mie pecore”, dice Cristo a Pietro, ed a me, in questo momento. Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel Santissimo Sacramento.
In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane… – Paolo VI (U-dienza Generale, 29 Marzo 1967): «… quando poi sarai invecchiato, – sono parole di Gesù a Pietro al termine del fatto evangelico ricordato – tenderai le mani, e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorresti. Disse questo (il Signore) per indicare con quale morte egli (Pietro) avrebbe reso gloria a Dio. E, detto ciò, gli soggiunse: Seguimi» (Gv 21,18-19). INDEFETTIBILE E SUPREMA LA PAROLA DEL MAESTRO: «TU ME SEQUERE». Sono cose note; ma non fanno palpitare il cuore a ripensarle qui, dove l’apostolo e martire Simone di Giovanni, detto Pietro da Gesù, ebbe il suo umilissimo sepolcro, e sopra questo fu eretta questa Basilica? qui, dove quelle parole di Gesù risuonano ancora, e ancora sono operanti? Le vedete scritte a caratteri cubitali nella grande fascia che gira sopra i pennacchi e sotto i cornicioni interni della Basilica. E non sorge nel pensiero l’idea che ben più grande, ben più potente, ben più bella di questa architettura michelangiolesca è l’architettura, di cui questa vuol essere immagine ed onore, concepita da Cristo Signore, quando disse a Pietro: «Sopra questa pietra costruirò la mia Chiesa» (Mt 16,18), edificata nell’amore? Dura ancora l’edificio escatologico, dura ancora la Chiesa, e sempre la carità è la sua vita. Oh! pregate, Figli carissimi, affinché possiamo tutti comprendere questo prodigioso disegno divino; e pregate affinché Chi a Pietro succede possa ancora e sempre dimostrare, anche con l’evidenza esteriore, oltre che con l’intangibile realtà che in Lui si personifica, ch’Egli è quello che è per l’amore che a Cristo Lo unisce, e per la parola che Cristo a Pietro consegnò: Tu seguimi! Pregate!
Preghiera dei Fedeli (proposta)
Dio ci ha dato tanti benefici, primo fra tutti il dono della fede. Preghiamo perché ci renda capaci di testimoniare con la coerenza della vita questo valore inestimabile.
Preghiamo insieme e diciamo: Accresci in noi la fede, Signore.
– Perché la Chiesa di Cristo goda di vera e stabile pace su tutta la terra, e crescendo nell’amore e timore di Dio Padre, sia piena del conforto dello Spirito Santo, preghiamo. Rit.
– Perché i credenti in Cristo non ricadano sotto le potenze del male, ma sempre liberi da ogni compromesso e da ogni paura, professino apertamente il loro credo, preghiamo. Rit.
– Perché l’assemblea domenicale manifesti sempre più la vera natura della Chiesa, che nasce dalla parola di Dio e si edifica nel banchetto eucaristico, per testimoniare la carità fraterna, preghiamo. Rit.
– Perché ogni cristiano, a immagine e somiglianza del Padre, abbia un cuore grande, lento all’ira e sempre disponibile al perdono, preghiamo. Rit.
– Perché il Vangelo che abbiamo proclamato con la bocca, metta radici di fede nella nostra vita e produca sostanziosi frutti di giustizia e di santità, preghiamo. Rit.
Celebrante: O Signore, che ci hai creati e redenti, fa’ che la nostra fede porti frutti abbondanti di giustizia e di carità, e glorifichi il tuo nome. Per Cristo nostro Signore.
Preghiera sulle offerte
Accogli, Signore, i doni della tua Chiesa in festa, e poiché le hai dato il motivo di tanta gioia, donale anche il frutto di una perenne letizia. Per Cristo nostro Signore.
Prefazio di paquale III (proposta)
Cristo sempre vive e intercede per noi.
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
proclamare sempre la tua gloria, o Signore,
e soprattutto esaltarti in questo tempo
nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.
Egli continua a offrirsi per noi
e intercede come nostro avvocato:
sacrificato sulla croce più non muore,
e con i segni della passione vive immortale.
Per questo mistero,
nella pienezza della gioia pasquale,
l’umanità esulta su tutta la terra,
e con l’assemblea degli angeli e dei santi
canta l’inno della tua gloria: Santo…
Antifona alla comunione
Disse Gesù ai suoi discepoli: “Venite a mangiare”. E prese il pane e lo diede loro. Alleluia. (cfr. Gv 21,12.13)
Preghiera dopo la comunione
Guarda con bontà, Signore, il tuo popolo, che hai rinnovato con i sacramenti pasquali, e guidalo alla gloria incorruttibile della risurrezione. Per Cristo nostro Signore.
Un po’ di pane per camminare
Il tema unificante di questa III domenica di Pasqua è la teofania (mani-festazione) di Cristo resuscitato, le sue apparizioni.
A questa teofania va congiunta anche la testimonianza di coloro che appartengono al Signore, ovvero i suoi discepoli. Ma questa testimonianza, secondo la prima lettura e il Vangelo odierni necessita di un Testimone che con la propria vita veicoli il messaggio del Risorto e incida nelle coscienze di coloro che ascoltano. Il nesso che giustifica la scelta delle tre letture odierne consiste nell’affermazione di fede secondo cui ogni esperienza di morte sul piano umano, ha un risvolto di gloria nell’ordine della grazia.
“Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade”. Questo versetto iniziale, insieme a Gv 21,14: “Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti”, sono di carattere redazionale: formano cioè una inclusione letteraria e perciò delimitano la pericope dell’apparizione del risorto e nello stesso tempo la legano a quella di Gv 20.
Che questa prima parte del brano (Gv 21,1-14) sia un’inclusione, lo possiamo ricavare anche dall’uso del verbo “faneróō-rendere manifesto o visibile o conosciuto quello che è stato nascosto o ignoto, manifestare” che, se al v. 1 è all’attivo: “il Signore manifestò se stesso” – è al passivo o medio al v. 14 – fu “manifestato” (dal Padre), o si manifestò; ciò suggerisce che tutta la pericope intermedia va compresa come la totalità della Manifestazione divina del Risorto.
“Si trovavano insieme”. Cosa molto particolare di questo capitolo è che non compaiono i Dodici, o sarebbe meglio dire gli Undici, ma si parla di sette discepoli. Questo numero, altamente simbolico nella Sacra Scrittura, che indica la totalità, la pienezza, vuole in questo caso vedere nel gruppetto di discepoli la totalità di tutti i vocati che sono chiamati a partecipare al pasto di Gesù fino alla fine dei tempi. Anche il termine “mathētês-disce-polo” ricorre ben sette volte in tutta la prima sezione del brano, ad indicare l’universalità del messaggio.