1 Maggio 2019 – Mercoledì, II settimana di Pasqua – (At 5,17-26; Sal 33[34]; Gv 3,16-21) – I Lettura: La persecuzione annunciata da Gesù nei suoi discorsi ai discepoli trova ben presto il suo compimento. Gli apostoli nel proclamare la Parola incorrono in sofferenze e prigionie, ma nonostante gli impedimenti, Essa non risiede incatenata in luoghi angusti, ma opera una liberazione interiore e fisica a cui nessun potere umano può porre limiti. La Parola è liberta nel cuore di chi ascolta e nella vita di chi la testimonia. Vangelo: Il brano fa parte del discorso di Gesù a Nicodèmo che l’evangelista dice essere uno dei “notabili giudei”. In particolare i versetti oggi proclamati, conclusivi del discorso, appaiono in verità come un monologo, un parlare di Gesù tra sé e sé, il quale, dopo aver annunziato ciò che lo attende, la sua morte sulla Croce iscritta nel più ampio disegno salvifico di Dio, pone all’ascoltatore la necessità di stare dalla sua parte e scegliere la luce.
Dio ha mandato il Figlio nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di lui – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Riflessione: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito…». L’amore è dono. E Dio ci insegna ad amare donando. Egli ci dona ogni cosa, crea ogni cosa per noi, ma non si accontenta: non solo ci dona ogni cosa, ma si dona a ciascuno di noi. Ci dona ciò che più gli appartiene, ciò che ha di più caro e prezioso: il Figlio suo unigenito. Lo dona all’umanità ribelle e peccatrice, perché possa, per mezzo del Figlio, redimersi e salvarsi. Il Padre ci dona il Figlio perché possiamo giungere alla vita eterna; riconquistare il Paradiso che colpevolmente avevamo perduto a motivo del nostro peccato; ricostituire la perfetta comunione tra noi e con Dio, secondo l’originario progetto della creazione, perché per mezzo del Cristo fossimo un sola cosa, un solo spirito, membra di un unico corpo il cui capo è il Signore nostro Gesù. Egli come Luce è venuto nel mondo, per illuminare le nostre tenebre, per indicarci la via del ritorno al Padre, per strapparci dal potere del Maligno, dando se stesso, il suo Sangue, in riscatto per tutti, riacquistandoci con il suo Sacrificio e ottenendoci per misericordia ogni grazia e merito.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Dio è amore – CCC 218-219: Israele, nel corso della sua storia, ha potuto scoprire che uno solo era il motivo per cui Dio gli si era rivelato e lo aveva scelto fra tutti i popoli perché gli appartenesse: il suo amore gratuito. Ed Israele, per mezzo dei profeti, ha compreso che, ancora per amore, Dio non ha mai cessato di salvarlo e di perdonargli la sua infedeltà e i suoi peccati. L’amore di Dio per Israele è paragonato all’amore di un padre per il proprio figlio. È un amore più forte dell’amore di una madre per i suoi bambini. Dio ama il suo popolo più di quanto uno sposo ami la propria sposa; questo amore vincerà anche le più gravi infedeltà; arriverà fino al dono più prezioso: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16).
Dio ha tanto amato il mondo… – Mons. Andrea Turazzi, Vescovo (Omelia, 15 Marzo 2015): Il Figlio è la rivelazione dell’amore di Dio, il volto stesso di Dio. Non dobbiamo pensare alla crudeltà di un padre che consegna un figlio alla morte. Il Padre e il Figlio sono una cosa sola e amano l’uomo sino alla follia. Tutta la vita pubblica di Gesù è la rivelazione dell’identità di Dio e del suo rapporto con gli uomini. Ma, nel momento supremo dell’innalzamento sulla croce, siamo posti di fronte all’abisso della sua profondità e autocomunicazione. Dio è amore! Non un amore a parole, un vago sentimento, ma un amore concreto. Non un amore ristretto ai limiti nazionali, ma universale, un amore per il “mondo”. La croce diventa il centro di gravità universale! E di attrazione ed erogazione della vita divina. L’Innalzato è visibile da tutta l’umanità peccatrice e bisognosa di redenzione. A dispetto delle apparenze (il fallimento di Gesù), segna la suprema manifestazione della vittoria dell’a-more totale, gratuito, universale di Dio. L’immagine biblica a cui ci rinvia Gesù è quella del serpente di bronzo che Mosè innalzò nel deserto per soccorrere quanti venivano uccisi dal morso velenoso dei serpenti (cfr. Nm 21,8ss). Gesù è il Salvatore!
… ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie – Benedetto XVI, (Omelia, 22 Marzo 2009): Nel Vangelo di oggi vi sono parole pronunciate da Gesù che suscitano una certa impressione: Egli ci dice che la sentenza di Dio sul mondo è già stata emessa (cfr. Gv 3,19ss). La luce è già venuta nel mondo. Ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Quanto grandi sono le tenebre in tante parti del mondo! Tragicamente, le nuvole del male hanno ottenebrato anche l’Africa, compresa questa amata Nazione di Angola. Pensiamo al flagello della guerra, ai frutti feroci del tribalismo e delle rivalità etniche, alla cupidigia che corrompe il cuore dell’uomo, riduce in schiavitù i poveri e priva le generazioni future delle risorse di cui hanno bisogno per creare una società più solidale e più giusta – una società veramente ed autenticamente africana nel suo genio e nei suoi valori. E che dire di quell’insidioso spirito di egoismo che chiude gli individui in se stessi, divide le famiglie e, soppiantando i grandi ideali di generosità e di abnegazione, conduce inevitabilmente all’edonismo, all’evasione in false utopie attraverso l’uso della droga, all’irresponsabilità sessuale, all’indebolimento del legame matrimoniale, alla distruzione delle famiglie e all’eliminazione di vite umane innocenti mediante l’aborto? La parola di Dio, però, è una parola di speranza senza limiti. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito… perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,16-17). Dio non ci dà mai per spacciati! Egli continua ad invitarci ad alzare gli occhi verso un futuro di speranza e ci promette la forza per realizzarlo.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Chi compie il male, odia la luce…: non dice chi ha compiuto, ma chi compie il male; perché se uno ha fatto il male, ma ne è pentito… può avvicinarsi alla Luce. Invece chi compie il male, ossia persevera nel male, e non ne prova dolore, non viene alla Luce, ma la odia… in quanto essa mette a nudo il peccato dell’uomo… Chi infatti non vuole abbandonare il male, non sopporta di essere rimproverato, perciò fugge e odia il rimprovero” (Tommaso d’Aquino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: “[La libertà umana] è il segno della originalità dell’uomo, della sua essenziale regalità. L’uomo è arbitro di se stesso. L’uomo, anche per questo, riflette in sé l’immagine divina; egli è principio, è causa. Causa del suo agire. Libero è colui che è causa di se stesso. Padrone e responsabile delle sue azioni [cfr. S. TH. Metaph. 11,9; Contra Gentes, 11,48]. Il discorso si farebbe lungo, e salirebbe come inno celebrante l’antropologia cristiana. Una sola osservazione aggiungeremo qui, quella che riguarda il rapporto fra l’intelletto e la volontà nell’azione. L’intelletto non è libero; esso è obbligato dalla verità; ora, non è l’intelletto che guida la volontà? Ma poi, non è la verità che ci fa liberi, come dice il Vangelo? [cfr. Gv 8,32]. Non è perciò la volontà, al tempo stesso, liberata e vincolata dal pensiero? Sì; ma bisogna fare attenzione alla diversità dell’influsso che reciprocamente esercitano nel loro stupendo gioco psicologico l’intelletto sulla volontà, e la volontà sull’intelletto. L’intelletto presenta alla volontà, senza obbligarla, il bene, l’oggetto, a cui essa dovrebbe rivolgersi; importantissima fase della vita morale; fase didattica e pedagogica: ragionare bene [cfr. Pascal] cioè chiarire le idee, e offrire alla volontà l’argomento razionale per la sua decisione; ma non è fase decisiva, perché non obbligante; e la volontà, a sua volta, muove l’intelletto all’esercizio del pensiero, a tale, o tale altro studio; e in questo senso possiamo parlare di «libertà di pensiero» [cfr. S. TH. I,79,11, ad 2; e I-IIæ, 9,1, ad 3; cfr. SERTILLANGES, La Phil. mor. de St. Th., p.]. E questo per concludere alla basilare verità: che noi possiamo agire. Siamo liberi. Liberi per fare il bene, si capisce; ma – ahimé! – liberi e capaci anche di non fare il bene. È drammatico, ma è così. «La libertà dell’arbitrio consiste nel potere peccare o nel non peccare», ci insegna, riassumendo tutta la umana esperienza dopo S. Agostino [PL 44,917], S. Anselmo [cfr. Dialogus de libero arbitrio, PL 158,489]. E se vogliamo rispettare l’uomo nella sua integrità, dovremo sì, educarlo ad agire bene, logicamente, con senso di responsabilità, con capacità di autogoverno, e anche con l’aiuto esteriore della legge e dell’auto-rità, senza il quale ogni persona umana sarebbe esposta a pericoli d’ogni genere e la società all’anarchia [cfr. Rm 13,4]; ma non dovremo privarlo della sua intima, legittima, intangibile libertà. Il gioco è estremamente rischioso; ma questa è la sorte dell’uomo, della società, della storia. L’ordine verrà alla fine [cfr. Mt 13,29]”( Paolo VI, Udienza Generale, 16 Agosto 1972).
Santo del giorno: 1 Maggio – San Giuseppe Lavoratore: Nel Vangelo Gesù è chiamato ‘’l figlio del carpentiere’. In modo eminente in questa memoria di san Giuseppe si riconosce la dignità del lavoro umano, come dovere e perfezionamento dell’uomo, esercizio benefico del suo dominio sul creato, servizio della comunità, prolungamento dell’opera del Creatore, contributo al piano della salvezza (cfr. Conc. Vat. II, Gaudium et spes 34). Pio XII (1955) istituì questa memoria liturgica nel contesto della festa dei lavoratori, universalmente celebrata il 1° maggio.
Preghiamo: O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta e gli hai dato la speranza della risurrezione, fa’ che accogliamo e viviamo nell’amore il mistero celebrato ogni anno nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo…