30 Aprile 2019 – Martedì, II settimana di Pasqua – (At 4,32-37; Sal 92[93]; Gv 3,7b-15) – I Lettura: Il primo frutto dello Spirito, in seno alla prima comunità cristiana, è l’unità che deriva dalla fede. Il suo frutto è una profonda comunione e una intesa che si manifesta nella carità compassionevole con chi è nel bisogno. Vangelo: Il discorso di Gesù a Nicodèmo porta ad alzare lo sguardo verso il cielo, da dove deriva il vero dono per l’uomo: la capacità di rinascere, ovvero, di cambiare se stesso dal profondo liberandosi dall’oppressione del peccato. Questo dono è frutto del sacrificio di Cristo sulla croce.
Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Riflessione: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo». Il Tempo di Pasqua è il tempo della Chiesa: il Risorto dona lo Spirito Santo facendo dei suoi discepoli un sol corpo con un solo cuore. La comunione dei figli di Dio, la Chiesa, è la realizzazione del piano divino, il senso più profondo dell’intera Passione di Cristo, come più volte affermato da Gesù: «… ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge sotto un solo pastore» (Gv 10,16) e perfino dal sommo sacerdote che, mosso dallo Spirito Santo «profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,51b-52). Cristo è morto e risorto per abbattere ogni muro di inimicizia (cfr. Ef 2,14) che impediva l’unità dei figli di Dio in un corpo (cfr. 1Cor 12,12ss) il cui capo è lo stesso Signore Gesù (cfr. Ef 4,15). Con il Battesimo, per mezzo dello Spirito Santo, veniamo innestati in questo corpo e, pur rimanendo ciascuno col il proprio corpo, si ha la perfetta unità di cuore, in quanto in ognuno sono presenti gli stessi sentimenti di Gesù (cfr. Rm 15,5; Fil 2,5).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Comunione – Deus Caritas Est 20: L’amore del prossimo radicato nell’amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma è anche un compito per l’intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli: dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità. Anche la Chiesa in quanto comunità deve praticare l’amore. Conseguenza di ciò è che l’amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato. La coscienza di tale compito ha avuto rilevanza costitutiva nella Chiesa fin dai suoi inizi: «Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,44-45). Luca ci racconta questo in connessione con una sorta di definizione della Chiesa, tra i cui elementi costitutivi egli annovera l’adesione all’«insegnamen-to degli Apostoli», alla «comunione» (koinonia), alla «frazione del pane» e alla «preghiera» (cfr. At 2,42). L’elemen-to della «comunione» (koinonia), qui inizialmente non specificato, viene concretizzato nei versetti sopra citati: essa consiste appunto nel fatto che i credenti hanno tutto in comune e che, in mezzo a loro, la differenza tra ricchi e poveri non sussiste più (cfr. anche At 4,32-37). Con il crescere della Chiesa, questa forma radicale di comunione materiale non ha potuto, per la verità, essere mantenuta. Il nucleo essenziale è però rimasto: all’interno della comunità dei credenti non deve esservi una forma di povertà tale che a qualcuno siano negati i beni necessari per una vita dignitosa.
Così è chiunque è nato dallo Spirito – CCC 691: «Spirito Santo», tale è il nome proprio di colui che noi adoriamo e glorifichiamo con il Padre e il Figlio. La Chiesa lo ha ricevuto dal Signore e lo professa nel Battesimo dei suoi nuovi figli. Il termine «Spirito» traduce il termine ebraico Ruah, che nel suo senso primario significa soffio, aria, vento. Gesù utilizza proprio l’immagine sensibile del vento per suggerire a Nicodemo la novità trascendente di colui che è il Soffio di Dio, lo Spirito divino in persona. D’altra parte, Spirito e Santo sono attributi divini comuni alle tre Persone divine. Ma, congiungendo i due termini, la Scrittura, la liturgia e il linguaggio teologico designano la Persona ineffabile dello Spirito Santo, senza possibilità di equivoci.
Dovete nascere dall’alto – Giovanni Paolo II (Discorso, 23 Agosto 1997): Il vangelo di san Giovanni racconta la conversazione notturna di Cristo con Nicodemo. Andando ad incontrare Cristo, questo membro del Sinedrio, esprime la propria fede: «Rabbi, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai se Dio non è con lui» (Gv 3,2). Gesù gli risponde: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3). Nicodemo chiede: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare nel grembo di sua madre e rinascere?» (Gv 3,4). E Gesù risponde: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito» (Gv 3,5-6). Gesù fa passare Nicodemo dalle realtà visibili a quelle invisibili. Ognuno di noi è nato dall’uomo e dalla donna, da un padre e da una madre; questa nascita è il punto di partenza della nostra intera esistenza. Nicodemo pensa a questa realtà naturale. Al contrario, Cristo è venuto nel mondo per rivelare un’altra nascita, la nascita spirituale. Quando professiamo la nostra fede, diciamo chi è Cristo: «Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli… generato, non creato, della stessa sostanza del Padre, consubstantialis Patri; per mezzo di lui tutte le cose sono state create, per quem omnia facta sunt; per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo; per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo, descendit de caelis et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine et homo factus est». Sì, giovani amici, il Figlio di Dio si è fatto uomo anche per voi tutti, per ciascuno di voi.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Voi vedete cosa l’anima fa nel corpo. Dà vita a tutte le membra: vede per mezzo degli occhi, ode per mezzo delle orecchie, odora per mezzo delle narici, per mezzo della lingua parla, per mezzo delle mani opera, per mezzo dei piedi cammina: è presente insieme a tutte le membra, perché esse vivano: dà a tutte la vita e a ciascuna il suo compito. L’occhio non ode, l’orecchio non vede, e neppure la lingua vede né l’orecchio e l’occhio parlano; eppure vivono: vive l’orecchio, vive la lingua: i compiti sono diversi, la vita è comune. Così è la Chiesa di Dio: in alcuni santi compie miracoli, in altri santi dice la verità, in altri custodisce la verginità, in altri ancora custodisce la pudicizia coniugale; in altri santi questo, in altri santi quello: ciascuno compie l’opera propria, ma tutti vivono parimenti. E quello che è l’anima per il corpo dell’uomo, lo è lo Spirito Santo per il corpo di Cristo che è la Chiesa: lo Spirito Santo opera in tutta la Chiesa ciò che l’anima opera in tutte le membra di un unico corpo… Se dunque volete vivere di Spirito Santo, conservate l’amore, amate la verità, per raggiungere così l’eternità” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Fede e Crocifisso: “… guarderanno a Colui che hanno trafitto” (Zc 12,10) – La nuova nascita da Dio e la fede nel Figlio di Dio ci conducono alla pienezza del nostro essere, perché esse ci introducono nella beatitudine eterna. Se non raggiungiamo questo obiettivo la nostra vita fallisce. Ma come evitare questo fallimento? Il popolo d’Israele, durante la terrificante marcia nel deserto che l’avrebbe portato nella terra promessa, più volte si era ribellato al Signore Dio. Accadde anche dopo la conquista di Corma: Israele si lamentò della manna, “cibo leggero e nauseante”. Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d’Israeliti morì (Nm 21,1-6). Ma anche allora, “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34,6), si lasciò impietosire dalle umili preghiere del suo popolo. Per suo incarico Mosè costruì un serpente di rame che venne posto su un’asta: quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita (cfr. Nm 21,7-9). Questo episodio, ricordato da Gesù a Nicodemo, chiarisce il significato e il valore dell’innalzamento sulla Croce del Figlio di Dio: Dio ha stabilito che il Crocifisso sia il sacramento della salvezza, la fonte della vita. In Gesù crocifisso si compie in modo mirabile la profezia di Zaccaria: “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto […] In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità” (Zc 12,10-13,1). Se ne ricorderà san Giovanni nel suo Vangelo, subito dopo la trafittura del Cuore di Gesù. Solo chi “volge risolutamente e pienamente gli occhi verso Cristo crocifisso, con fede, speranza e carità, devozione, ammirazione, esultanza, riconoscenza, lode e gioia… celebra la Pasqua con lui, si mette in cammino per attraversare il mar rosso con l’aiuto del legno della Croce” (San Bonaventura).
Santo del giorno: 30 Aprile – San Giuseppe Tuan Sacerdote domenicano, martire: Giuseppe Tuân (o Hoan), nato in una famiglia cristiana di nazionalità vietnamita, entrò nell’ordine dei Padri Predicatori, che prestavano la loro opera missionaria nella sua comunità d’origine. Nonostante le difficoltà della persecuzione religiosa ordinata dall’imperatore Tự Đức, ebbe un ministero fruttuoso. Arrestato a causa di un delatore, venne messo in carcere e infine decapitato il 30 aprile 1861, a circa quarant’anni. Beatificato con altri 24 martiri delle persecuzioni in Vietnam il 29 aprile 1951, è stato poi canonizzato, inserito nel gruppo dei 117 martiri capeggiati da Andrea Dung Lac, il 19 giugno 1988.
Preghiamo: Concedi al tuo popolo, Dio misericordioso, di proclamare la potenza del Signore risorto, perché in lui, sacramento universale di salvezza, manifesti al mondo la pienezza della vita nuova. Per il nostro Signore…