aprile, meditazioni

29 Aprile 2019

29 Aprile 2019 – Lunedì – Santa Caterina da Siena (Festa) – (1Gv 1,5-2,2; Sal 102[103]; Mt 11,25-30) – I Lettura: Il frutto della tenebra è identificato dall’apostolo Giovanni con lo stato della coscienza falsificata, che consiste nella convinzione di essere senza peccato, e perciò non bisognosi del perdono di Dio (cfr. vv. 8-10). Il principio attivo del perdono dei peccati è il sangue di Gesù (cfr. v. 7), mentre la condizione, che rende possibile il perdono, va ricercata nella coscienza del peccato… Mentre la coscienza del peccato, tipica di chi cammina nella luce, spinge verso mete più perfette, senza pessimismi o ripiegamenti, il senso di colpa, che è generato dalle tenebre, produce una paralisi nello slancio verso il bene e ferisce in profondità le energie positive della persona (E. Cuffaro). Vangelo: I sentimenti filiali, che devono caratterizzare la preghiera del cristiano, spingono la persona a porre la gratuità al di sopra delle aspettative, e la lode al di sopra della domanda. Ciò, però, non significa che Cristo non chieda… la preghiera cristiana deve imparare, innanzitutto, la gratuità, che è più nobile della domanda. In altre parole: non è solo il bisogno che deve spingerci ad entrare in contatto con Dio, perché l’amore non deve avere nessuna ragione o scopo, all’infuori di se stesso (Cuffaro).

Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Riflessione: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». Il Tempo di Pasqua inizia con la festa di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia. Le Letture liturgiche sono proprie della festa, ma hanno un profondo senso pasquale: anzitutto la lode, il rendimento di grazie, è il canto di vittoria dei redenti; la lode sgorga dal cuore del cristiano che sperimenta la potenza misericordiosa della morte e risurrezione di Gesù; la lode è l’inizio del canto eterno che si celebra intorno al Trono di Dio in Cielo. E poi abbiamo l’esaltazione dei piccoli che diventano l’oggetto della rivelazione, ma anche i maggiori interpreti della stessa: santa Caterina, semianalfabeta, diviene depositaria di confidenze e locuzioni di Dio Padre, raccolte nel famoso “Dialogo della Divina Provvidenza”; diviene guida ed esortazione non solo alle consorelle ma perfino al Papa, tramite un fitto ed intenso epistolario; entra nei misteri della fede al punto da essere annoverata tra i Dottori della Chiesa, al pari dei maggiori teologi. Ed è proprio ciò che avviene il mattino di Pasqua: a delle donne viene affidato l’annuncio più glorioso della storia, ed esse contemplano il Risorto, prostrandosi ai suoi piedi (cfr. Mt 28,9), mentre i dotti, i sacerdoti rimangono confusi, al buio

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Santa Caterina da Siena – Benedetto XVI (Udienza Generale, 24 Novembre 2010): Secondo Caterina, le lacrime dei Santi si mescolano al Sangue di Cristo, di cui ella ha parlato con toni vibranti e con immagini simboliche molto efficaci: “Abbiate memoria di Cristo crocifisso, Dio e uomo (…). Ponetevi per obietto Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso” (Epistolario, Lettera n. 21: Ad uno il cui nome si tace). Qui possiamo comprendere perché Caterina, pur consapevole delle manchevolezze umane dei sacerdoti, abbia sempre avuto una grandissima riverenza per essi: essi dispensano, attraverso i Sacramenti e la Parola, la forza salvifica del Sangue di Cristo. La Santa senese ha invitato sempre i sacri ministri, anche il Papa, che chiamava “dolce Cristo in terra”, ad essere fedeli alle loro responsabilità, mossa sempre e solo dal suo amore profondo e costante per la Chiesa. Prima di morire disse: “Partendomi dal corpo io, in verità, ho consumato e dato la vita nella Chiesa e per la Chiesa Santa, la quale cosa mi è singolarissima grazia” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 363). Da santa Caterina, dunque, noi apprendiamo la scienza più sublime: conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Nel Dialogo della Divina Provvidenza, ella, con un’immagine singolare, descrive Cristo come un ponte lanciato tra il cielo e la terra. Esso è formato da tre scaloni costituiti dai piedi, dal costato e dalla bocca di Gesù. Elevandosi attraverso questi scaloni, l’anima passa attraverso le tre tappe di ogni via di santificazione: il distacco dal peccato, la pratica della virtù e dell’amore, l’unione dolce e affettuosa con Dio. Cari fratelli e sorelle, impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio, in modo intenso e sincero, Cristo e la Chiesa. Facciamo nostre perciò le parole di santa Caterina che leggiamo nel Dialogo della Divina Provvidenza, a conclusione del capitolo che parla di Cristo-ponte: “Per misericordia ci hai lavati nel Sangue, per misericordia volesti conversare con le creature. O Pazzo d’amore! Non ti bastò incarnarti, ma volesti anche morire! (…) O misericordia! Il cuore mi si affoga nel pensare a te: ché dovunque io mi volga a pensare, non trovo che misericordia” (cap. 30, pp. 79-80). Grazie.

La priorità di pregare – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 29 Aprile 2007): Cari fratelli e sorelle nel Signore! Dalla vita e dagli scritti di Caterina da Siena viene a noi tutti un insegnamento quanto mai attuale in questa nostra epoca, cioè la priorità di pregare e lavorare per la salvezza delle anime. Non fu infatti questo lo scopo e la passione di tutta la sua esistenza? Talora, influenzati eccessivamente dalla cultura moderna, si ha la sensazione che la nostra pastorale rischi di apparire preoccupata, per dirla in modo paradossale, quasi solo di far stare bene la gente su questa terra piuttosto che di orientare le anime decisamente all’incontro con Cristo, l’unico Redentore dell’uomo. Nel Dialogo della Divina Provvidenza Caterina scrive che, volendo rimediare ai tanti mali dell’umanità, Dio Padre misericordioso ci ha dato “il Ponte” del suo Figlio, “acciò che passando il fiume non annegaste, il quale fiume è il mare tempestoso di questa tenebrosa vita!”. E pertanto ciò che più d’ogni altra cosa deve interessarci è di “piacere a Dio” e restargli uniti, come fece lei con il “suo celeste Sposo”. Chi dimora in Cristo, l’Amico, il Maestro, lo Sposo, non conosce smarrimento e paura; diventa piuttosto saldo nella fede, ardente nell’amore e perseverante nella speranza.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi darò sollievo. Non chiama questo o quello in particolare, ma si rivolge a tutti quanti sono tormentati dalle preoccupazioni, dalla tristezza, o si trovano in peccato. «Venite», non perché io voglia chiedervi conto delle vostre colpe, ma per perdonarle. «Venite», non perché io abbia bisogno delle vostre lodi, ma perché ho un’ardente sete della vostra salvezza. «Io» – infatti, egli dice – «vi darò sollievo». Non dice semplicemente: io vi salverò, ma ciò che è molto di più: vi porrò in assoluta sicurezza, perché questo è il senso delle parole «vi darò sollievo»” (Giovanni Crisostomo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero – Lo stile del brano evangelico di oggi è decisamente sapienziale (Sir 51,1-30; Sap 6,9). Gesù invita alla sua sequela i «piccoli», tutti coloro che sono «affaticati e oppressi», ai quali offre la sua legge, dolce e il cui carico è leggero. Per cui, il messaggio emergente è la «nuova giustizia» evangelica in netta contrapposizione con la giustizia farisaica fatta di precetti e di leggi; una giustizia ipocrita, strisciante da sempre in tutte le religioni, anche nel cuore dei cristiani. Chi si mette seriamente al seguito di Cristo deve accettare, senza tentennamenti, la «clausola» che la sequela esige: rinnegare se stessi e portare la croce dietro di lui, ogni giorno (Lc 9,23), senza infingimenti o accomodamenti. È la croce che, per il Cristo come per il suo discepolo, diventa motivo discriminante della vera sapienza, quella sapienza che agli occhi del mondo è considerata sempre «stoltezza» o «scandalo» (1Cor 1,17-31). Un carico, la croce di Cristo, che non soverchia le forze umane, non annienta l’uomo nelle sue aspettative, non lo umilia nella sua dignità di creatura, anzi lo esalta, lo promuove, lo avvia, «di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito Santo» (2Cor 3,18) ad un traguardo di felicità e di beatitudine eterna. La croce va quindi piantata al centro del cuore e della vita del credente. Molti cristiani tendono invece a porre al centro di tutto la loro vita con le sue scelte morali o gusti o programmi e tentando di far ruotare attorno a questo centro anche l’intero messaggio evangelico, accettandolo in parte o corrompendelo o assoggettandolo ai propri capricci; da qui la necessità di imporre alla Bibbia, distingui, precetti o nuove leggi frutto della tradizione umana; paletti issati come muri di protezione per contenere la devastante e benefica azione esplosiva della Parola di Dio: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini […]. Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione» (Mc 7,8-9).

Santo del giorno: 29 Aprile – Santa Caterina da Siena: Nata nel 1347 Caterina non va a scuola, non ha maestri. I suoi avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre. E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua “cella” di terziaria domenicana. La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di processionisti, tutti più istruiti di lei. Li chiameranno “Caterinati”. Lei impara a leggere e a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi lei parla a papi e re, a donne di casa e a regine, e pure ai detenuti. Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI. Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377. Deve poi recarsi a Roma, chiamata da papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente. Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni.

Preghiamo: O Dio, che in santa Caterina da Siena, ardente del tuo spirito di amore, hai unito la contemplazione di Cristo crocifisso e il servizio della Chiesa, per sua intercessione concedi a noi tuoi fedeli, partecipi del mistero di Cristo, di esultare nella rivelazione della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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