aprile, meditazioni

24 Aprile 2019

24 Aprile 2019 – Mercoledì dell’Ottava di Pasqua – (At 3,1-10; Sal 104[105]; Lc 24,13-35) – I Lettura: Per via della maledizione pronunciata da Davide dopo la presa di Sion (cfr. 2Sam 5,8), lo storpio non poteva entrare nel tempio. Quindi gli apostoli gli danno più di una guarigione fisica: il diritto di lodare Dio. Vangelo: Anche l’esperienza dei due discepoli di Emmaus racconta di un dono inaspettato e oltre ogni desiderio. Nella desolazione del momento, dove le speranze riposte nell’uomo Gesù vengono infrante dalla sua morte, Cristo stesso si fa loro compagno e mette in luce il loro vero peccato: pur avendo ascoltato i testimoni della risurrezione di Cristo, erano rimasti increduli.

Riconobbero Gesù nello spezzare il pane Dal Vangelo secondo Luca: Ed ecco, in quello stesso giorno, [il primo della settimana], due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Riflessione: «Si fermarono, col volto triste…». Ieri, contemplando il Risorto, abbiamo detto che non possiamo credere in lui e continuare a piangere: Cristo è la nostra Pasqua, la nostra speranza! Oggi, facendoci contemplare Gesù Risorto che si accosta ai discepoli di Èmmaus, camminando con loro, dialogando con loro, fermandosi con loro e aprendo i loro cuori alla Parola e i loro occhi alla visione, il Vangelo ci chiama alla gioia. La tristezza appartiene a chi pensa che sia tutto finito, a chi si ferma, a chi non ha più forza per proseguire oltre. La tristezza è propria di chi si chiude al futuro, di chi guarda con paura il tragitto da percorrere. La tristezza è propria di chi guarda al passato con nostalgia e al presente con disillusione, senza aspettative per il futuro. Ma Gesù non ci lascia nella tristezza: egli è la Buona Novella; egli è la gioia che si fonda sulla certezza che è con noi, cammina con noi, apre i nostri occhi, dona la sapienza per comprendere il passato, anche quello più nefasto; dona forza per accogliere il presente, anche il più pesante; dona speranza per proseguire verso il futuro, anche il più insidioso. Credere e professare Cristo Risorto non può lasciarci nella tristezza: i nostri passi non devono fermarsi, la nostra lingua deve proclamare la speranza che la sua luce ha acceso nei nostri cuori.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Quando fu a tavola con loro, prese il pane – Benedetto XVI (Udienza Generale, 26 Marzo 2008): I discepoli di Emmaus lo riconobbero e si ricordarono dei momenti in cui Gesù aveva spezzato il pane. E questo spezzare il pane ci fa pensare proprio alla prima Eucaristia celebrata nel contesto dell’Ultima Cena, dove Gesù spezzò il pane e così anticipò la sua morte e la sua risurrezione, dando se stesso ai discepoli. Gesù spezza il pane anche con noi e per noi, si fa presente con noi nella Santa Eucaristia, ci dona se stesso e apre i nostri cuori. Nella Santa Eucaristia, nell’incontro con la sua Parola, possiamo anche noi incontrare e conoscere Gesù, in questa duplice Mensa della Parola e del Pane e del Vino consacrati. Ogni domenica la comunità rivive così la Pasqua del Signore e raccoglie dal Salvatore il suo testamento di amore e di servizio fraterno.

E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui (Lc 24,27) – CCC 111-114: Il Concilio Vaticano II indica tre criteri per una interpretazione della Scrittura conforme allo Spirito che l’ha ispirata: 1. Prestare grande attenzione “al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura”. Infatti, per quanto siano differenti i libri che la compongono, la Scrittura è una in forza dell’unità del disegno di Dio, del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore, aperto dopo la sua Pasqua. Il cuore di Cristo designa la Sacra Scrittura che appunto rivela il cuore di Cristo. Questo cuore era chiuso prima della Passione, perché la Scrittura era oscura. Ma la Scrittura è stata aperta dopo la Passione, affinché coloro che ormai ne hanno l’intelligenza considerino e comprendano come le profezie debbano essere interpretate. 2. Leggere la Scrittura nella “Tradizione vivente di tutta la Chiesa”. Secondo un detto dei Padri, “[…] la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali”. Infatti, la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo che le dona l’interpretazione di essa secondo il senso spirituale. 3. Essere attenti “all’analogia della fede”. Per “analogia della fede” intendiamo la coesione delle verità della fede tra loro e nella totalità del progetto della Rivelazione.

Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero (Lc 24,30-31) – CCC 1346-1347: La Liturgia dell’Eucaristia si svolge secondo una struttura fondamentale che, attraverso i secoli, si è conservata fino a noi. Essa si articola in due grandi momenti, che formano un’unità originaria: – la convocazione, la Liturgia della Parola, con le letture, l’omelia e la preghiera universale; – la Liturgia eucaristica, con la presentazione del pane e del vino, l’azione di grazie consacratoria e la comunione. Liturgia della Parola e Liturgia eucaristica costituiscono insieme “un solo atto di culto”; la mensa preparata per noi nell’Eucaristia è infatti ad un tempo quella della Parola di Dio e quella del Corpo del Signore. Non si è forse svolta in questo modo la cena pasquale di Gesù risorto con i suoi discepoli?

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «… sentivamo il cuore arderci in petto…: è dunque ben più utile concepire Gesù nel cuore che vederlo con gli occhi o intenderlo parlare, e l’opera dello Spirito Santo è ben più potente nei sensi dell’uomo interiore che l’impressione degli oggetti corporei su quelli dell’uomo esteriore. Che posto rimane, in effetti, al dubbio, quando colui che testimonia e chi riceve la testimonianza non sono che un solo spirito? E se sono un solo spirito sono anche un solo sentimento e un solo consenso» (Guerric d’Igny).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «I due discepoli, di cui conosciamo soltanto uno per nome, Cleopa, sono colpiti da una tristezza mortale, perché tutta la loro sequela per Gesù di Nazareth sembra essersi rivelata un fallimento, una sconfitta. La loro è una speranza delusa: di chi ha puntato la propria esistenza sul maestro ma si ritrova a mani vuote: forse tornano ad Emmaus per riprendere la loro vita quotidiana, senza l’audacia e l’entusiasmo della sequela. La loro tristezza perviene al vertice con una delle più belle e intense invocazioni che si possano rivolgere al Signore, anche se ancora non sanno che è lui: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino” (v. 29). Arduo è affrontare la sera e la notte con la tristezza nel cuore: forse si apre per loro una nuova notte di incubi e di macerazioni per la sconfitta nel discepolato: si sono lasciati illudere dal maestro di Nazareth, forse hanno abbandonato tutto a causa sua, ponendo a repentaglio la loro esistenza. Nonostante la loro delusione, Gesù si accosta e cammina con loro. Una delle espressioni che cadenza la narrazione è la formula “con loro”: il Risorto si accosta, cammina, conversa, rimane, cena “con loro”. Soltanto quando Gesù è con noi, possiamo superare qualsiasi forma di scoraggiamento nella sequela; e se egli non è con noi, siamo persi. Il Gesù di Luca stabilisce una relazione sempre più intima con i suoi interlocutori che perviene al culmine con la condivisione della mensa: quando si è come si è, senza finzioni; non si tratta mai di cene diplomatiche o d’occasioni ma che esprimono il vertice della condivisione. Ogni celebrazione eucaristica si caratterizza per questo restare di Gesù “con noi” e non con altri» (Don Antonio Pitta).

Santo del giorno: 24 Aprile – Santa Maria di Cleofa: Moglie di Cleopa (poi volgarizzato in Cleofa), era probabilmente una parente di Maria Santissima. I suoi figli furono chiamati “fratelli” di Gesù, termine semitico, che indicava anche i cugini. Ella è conosciuta anche come Maria Jacobi, poiché è considerata la madre di Giacomo, detto il Minore, che poi fu vescovo di Gerusalemme. Faceva parte del gruppo che seguivano il Signore per tutta la Galilea e S. Giovanni ce la presenta fra il coro delle “pie donne”, con la SS. Vergine e con Maria di Magdala, ai piedi di Gesù in croce. Maria di Cleofa rimase presso il Calvario dopo la morte del Redentore, assistette alla sua sepoltura, si recò con le altre donne al sepolcro e poté constatare la risurrezione di Gesù.

Preghiamo: O Dio, che nella liturgia pasquale ci dai la gioia di rivivere ogni anno la risurrezione del Signore, fa’ che l’esultanza di questi giorni raggiunga la sua pienezza nella Pasqua del cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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