Dagli Atti degli Apostoli (10,34a.37-43) – Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti: L’evangelista Luca sottolinea come gli Apostoli siano stati scelti per essere i «testi-moni» di tutte le cose compiute dal Cristo «nella regione dei Giudei e in Gerusalemme», della sua passione e morte, della sua risurrezione e ascensione. Inoltre, gli Apostoli, che hanno mangiato e bevuto con il Risorto, hanno ricevuto l’ordine di annunziare che Gesù «è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio» e di proclamare il perdono dei peccati per mezzo del suo nome. Una «Buona Notizia» che supera gli angusti confini della Palestina, in quanto, per volontà del Risorto, deve essere rivolta a tutti gli uomini.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési (3,1-4) – Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
Oppure
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (5,6b-8) – To–gliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.
Le due letture hanno il fine di inculcare ai credenti nuove esigenze di vita a motivo dell’accettazione del messaggio evangelico: se i Colossési devono pensare «alle cose di lassù, non a quelle della terra», i Corinzi devono sforzarsi di vivere onestamente togliendo dalla loro vita ogni malizia e perversità. Questo perché i battezzati possono testimoniare la verità del loro essere solo con le opere. La testimonianza passa necessariamente attraverso una vita nuova, anche se essere testimone non è il frutto di una scelta da parte dell’uomo ma di una elezione da parte di Dio.
Dal Vangelo secondo Giovanni (20,1-9) – Egli doveva risuscitare dai morti: Maria di Magdala e le altre donne furono le prime a constatare che il sepolcro era vuoto e a vedere per la prima volta Gesù risorto dai morti. Il Vangelo descrive «dettagliatamente l’ispezione del sepolcro rimasto privo del corpo di Gesù. A farla fu Pietro, colui che doveva essere il testimone più autorevole della comunità cristiana. Anche Giovani però fece le medesime constatazioni. Gesù non c’era nel sepolcro, rimanevano solo le bende e il sudario piegati e posti da una parte» (Vincenzo Raffa). A scorrere i fatti pasquali, gli eventi tendono a suggerire ai credenti di tutti i tempi una cosa molto semplice: il dono della testimonianza passa anche attraverso il crogiuolo della paura, del dubbio (cfr. Gv 20,19), quindi, nulla di scontato; gli Apostoli, testimoni prescelti da Dio, non erano diversi da noi, che ci troviamo, ancora oggi, dinanzi alla provocazione di una tomba vuota.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Approfondimento
La Pasqua – La Pasqua ebraica è il «memoriale» (zikkarôn) dell’esodo dall’Egitto: il rito celebrato nella notte della liberazione rimane come istituzione permanente che deve suscitare ogni volta il ricordo di quell’avvenimento (cfr. Dt 16,2-3).
Fare memoria, nel linguaggio biblico, ha un significato molto profondo: «non si tratta solo di un ricordo sul piano psicologico soggettivo, ma di qualcosa che esiste sul piano oggettivo: il memoriale pasquale risuscita la riconoscenza del popolo per la salvezza ricevuta e insieme fa sì che anche Dio “si ricordi” e rinnovi i prodigi compiuti (Sal 111,4-5)» (R. Tufariello).
Il 13 di Nisan si distruggeva tutto il lievito. Dal 14 al 21 del mese di Nisan si mangiava solo pane azzimo in memoria della partenza frettolosa dall’Egitto (non c’era stato il tempo di usare il lievito e attendere che il pane lievitasse). Il 14 di Nisan, veniva ucciso nel Tempio, da colui che offriva il sacrificio, l’agnello pasquale, il cui sangue era versato sull’altare mentre il grasso veniva bruciato. L’agnello veniva arrostito e si mangiava con erbe amare e pane azzimo.
«Il pane non lievitato, le erbe amare e la salsa piccante e saporita [haroset] che simboleggiavano la fretta, l’amarezza e il lavoro [il haroset era come la malta] fatto dai loro antenati, tutto ricordava il passato. Si rendevano grazie a Dio con i calici di vino rosso. I quattro ca-lici che si usavano dovevano essere acquistati anche se ciò avesse richiesto di dare in pegno i propri averi» (Ralph Gower).
La cena pasquale si apriva con la benedizione del calice (il primo dei quattro calici di vino), quindi ogni commensale prendeva le erbe amare e le intingeva nell’acqua salata (cfr. Mt 26,23).
Il capofamiglia prendeva uno dei tre pani azzimi, lo spezzava e lo metteva da parte, poi spiegava il significato del rito pasquale e intonava i Salmi 113-114. Si riempiva un secondo calice (cfr. Lc 22,17) e lo si consumava passandolo di mano in mano. Si pronunciava una preghiera di ringraziamento e si spezzava il pane. Dopo aver distribuito le erbe amare intinte nella salsa si consumava l’agnello arrostito. Il rito si concludeva con il canto dell’Hallel (Salmi 115-118) e del Grande Hallel (Salmo 136) e con la consumazione di un ultimo calice di vino. Per questa solenne festa tutti i Giudei cercavano di recarsi a Gerusalemme.
Dopo l’esilio babilonese, la Pasqua divenne anche annuncio di un nuovo esodo nell’attesa della futura salvezza che il Signore avrebbe attuato nell’era messianica operando nuovi prodigi.
Gesù istituisce l’eucaristia durante la celebrazione della sua ultima Pasqua, dando compimento all’antica Pasqua e inaugurando il nuovo esodo verso il suo Regno. Nella Pasqua di Gesù, nella sua morte e risurrezione, Dio opera in modo definitivo la liberazione dell’uomo dalla morte e dal peccato donandogli già fin dal tempo presente i beni futuri.
I cristiani accolgono l’invito del loro Maestro: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19) e fanno memoria della risurrezione del Cristo nel suo giorno. La domenica, il giorno del Signore, così diventa la celebrazione settimanale della Pasqua di Cristo: «Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del sole, poiché questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo il nostro Salvatore, risuscitò dai morti» (San Giustino, Apologiae, 1,67). Ma c’è anche un ricordo annuale celebrato come «tempo liturgico» che è pure il momento privilegiato del battesimo, autentico passaggio dei cristiani insieme al loro Redentore.
«La pasqua che i cristiani celebrano, esige che essi rinuncino al “vecchio lievito” di una condotta perversa e vivano con “con azzimi di purezza e di verità” (1Cor 5,6-8). Uniti a Cristo, essi rivivono personalmente il mistero pasquale, morendo al peccato e risuscitando a una vita nuova. Per questo la festa della risurrezione di Cristo diventa il momento privilegiato del battesimo, immersione spirituale nell’abis-so della sua morte e risurrezione. Scendere nelle profondità dell’a-bisso di Cristo e della sua pasqua vuol dire accettare di morire con lui e di passare con lui a nuova vita» (R. Tufariello).
In questa nuova luce, per tutti i credenti, la Pasqua cristiana è il passaggio dalla morte fisica e spirituale alla nuova vita eterna.
Commento al Vangelo
Il sepolcro vuoto – Il primo giorno della settimana, cioè al termine del riposo sabbatico, Maria di Màgdala si reca al sepolcro di mattino, quando era ancora buio. Luca dà delle notizie precise su Maria di Màdgala: discepola del Cristo, era stata liberata da una possessione diabolica (cfr. Lc 8,2).
L’episodio della visita al sepolcro è presente anche nei sinottici, mentre l’espressione temporale è molto vicina a quella di Mc 16,2, la differenza sta nell’ora, perché nel vangelo di Marco vien detto che il sole stava sorgendo. Forse l’annotazione temporale quando era ancora buio ha un valore simbolico: potrebbe indicare «le tenebre provocate dall’assenza di Gesù… Il Cristo-luce non si trova nel sepolcro, perciò regna il buio [Gv 2,1]; ma ben presto apparirà il sole che illumina il mondo e sarà contemplato nel suo fulgore, prima fra gli uomini, proprio da Maria Maddalena [Gv 20,15s]» (Salvatore Alberto Panimolle).
Alla notizia che la tomba era stata manomessa, Pietro e l’altro discepolo, quello che Gesù amava, si recano al sepolcro. Sono in due, una nota che può essere spiegata con Dt 19,15: «Un solo testimone non avrà valore contro alcuno… il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o di tre testimoni».
Il discepolo innominato corre più veloce di Pietro, forse perché più giovane, forse perché era il discepolo quello che Gesù amava e l’amore lo faceva correre più in fretta o forse perché, con questo artefizio letterario, Giovanni vuole preparare il lettore al «vide e credette». Cede comunque il passo a Pietro, segno che l’autorità petrina era ormai indiscussa nella comunità cristiana. Simon Pietro entra, quindi, nel sepolcro e osserva i teli posati… e il sudario… avvolto in un luogo a parte: «Pietro può arguire che il cadavere di Gesù non può essere stato trafugato, perché eventuali ladri non sarebbero stati interessati a slegare il cadavere e lasciare le cose in ordine; cade così la teoria della Maddalena [Hanno portato via il Signore dal sepolcro] e bisognerà battere altre strade per spiegare il fatto del sepolcro vuoto» (Mauro Orsatti).
Entra anche l’altro discepolo, dai più identificato con Giovanni, e vide e credette. La forma «greca potrebbe essere un aoristo incoativo con il significato di “incominciò a credere”» (Mauro Orsatti): è la fede incipiente che inizia a crescere e a irrobustirsi, stimolata dal sepolcro vuoto, dalle bende e dal sudario avvolto in un luogo a parte. Potremmo ricordare Gv 11,45: «Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto [la risurrezione di Lazzaro], credettero in lui».
Nonostante tutto, Pietro e l’altro discepolo se ne tornarono a casa portando nel cuore domande senza risposte: Infatti non avevano compreso la Scrittura che Egli doveva risorgere dai morti. Con quest’ultima annotazione non si vuole screditare gli Apostoli e non si vuole mettere in risalto la loro poca fede o incredulità. Anche per un ebreo, e gli Apostoli erano ebrei, risultava ostica la comprensione della risurrezione.
La pericope evangelica mostra con chiarezza che Maria di Màgdala, Pietro e l’altro discepolo approdano alla fede nella risurrezione lentamente, seguendo percorsi molto diversi, costruiti anche su dubbi, segni, domande e riflessioni gravide di timori e di paure (cfr. Gv 20,19). In ogni caso, i segni da soli non possono condurre alla conclusione che Gesù è risorto: per arrivare a questo occorre comprendere la Scrittura e questa viene solo dall’incontro con il Risorto, così come ci suggerisce il racconto dei discepoli di Emmaus: «Noi speravamo… alcune donne… si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo… Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto… [Gesù] disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti…”. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,13ss).
Un’esperienza unica che si rinnova sempre quando i credenti, il primo giorno della settima, spezzano il pane dopo aver letto le Scritture.
Riflessione
Pensate alle cose di lassù – Passare da una tomba vuota al Cielo, per Paolo, il passo sembrerebbe scontato: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù… pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,1-2). Ma per molti non è così.
Mentre i cimiteri sono sotto gli occhi di tutti e non si fa fatica a trovare i sepolcri, il Cielo deve essere cercato e trovarlo non è facile.
L’Apostolo suggerisce ai cristiani di Colossi che per trovare il Cielo bisogna pensare alle cose di lassù; che fuori metafora significa puntare sui veri valori, le cose di lassù, e dare il giusto valore a quelle della terra.
Alzare gli occhi al Cielo, pensare alle cose di lassù, poi, non è soltanto un movimento di palpebre, ma qualcosa che impegna l’uomo nella sua totalità: «spirito, anima e corpo» (1Ts 2,23). Ora, per alzare gli occhi al Cielo, innanzi tutto, bisogna farsi afferrare dal «desiderio di essere sciolti dal corpo per essere con Cristo» (Fil 1,23), come argutamente faceva notare santa Teresa di Gesù: «voglio vedere Dio, ma per vederlo bisogna morire» (Libro della mia vita, 1).
Noi già siamo risorti e il Padre già «ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù» (Fil 2,6), ma questa gloria esploderà in tutto il suo fulgore solo “nell’ultimo giorno”; ora se è vero tutto questo, è altrettanto vero che per «risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo, bisogna “andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore” [2Cor 5,8]» (CCC 1005).
Quindi per alzare gli occhi al Cielo, per risorgere, bisogna porre la propria vita nel sepolcro di Cristo.
I battezzati non hanno paura della morte perché grazie «a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” [Fil 1,21]. “Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui” [2Tm 2,11]. Qui sta la novità essenziale della morte cristiana: mediante il Battesimo, il cristiano è già sacramentalmente “morto con Cristo” per vivere di una vita nuova; e se noi moriamo nella grazia di Cristo, la morte fisica consuma questo morire “con Cristo” e compie così la nostra incorporazione a lui nel suo atto redentore» (CCC 1010).
Da sottolineare l’affermazione del Catechismo, «Qui sta la novità essenziale della morte cristiana»: mediante il Battesimo, il cristiano è già sacramentalmente “morto con Cristo” per vivere di una vita nuova: una nuova vita, che resta nascosta e sarà manifesta e gloriosa solo alla parusia (cfr. Col 3,3); una nuova vita che va vissuta nel quotidiano, senza sconti: sopportando «con forza e gioia quel che in noi, nella vita sociale, nella stessa comunità ecclesiale, mette a prova, appare grigiore e tenebra, tentazione e contraddizione» (G. Agresti).
Lo scrittore latino Lucio Anneo Seneca diceva: «Pensa quanto di bene v’è nel morire a tempo, e quanto a molti sia stato di nocumento l’aver troppo vissuto» (Ad Marc., De cons., 20,4).
Possiamo subito individuare quest’ultimi: sono coloro che, nella loro lunga vita, hanno pensato soltanto alle cose della terra. Il nocumento sta nel fatto che costoro saranno trovati dalla morte impreparati e si sa come va a finire quando il Maestro trova i suoi alunni impreparati.
La pagina dei Padri
Entrambi gli apostoli corrono al sepolcro – Giovanni Scoto Eriugena: Entrambi gli Apostoli corrono al sepolcro. Il sepolcro di Cristo è la divina Scrittura, nella quale i misteri della sua Divinità e umanità sono protetti dallo spessore della lettera come da una pietra tombale.
Ma Giovanni vi arriva prima di Pietro. Poiché la virtù del pensiero spirituale, per sua natura totalmente purificato, penetra gli intimi segreti della sovrana Parola divina più sottilmente e rapidamente della virtù dell’azione, che ha ancora bisogno di purificarsi. Pietro, però, entra per primo nel sepolcro, seguito da Giovanni. E così, tutti e due corrono, tutti e due entrano, Pietro che è simbolo della fede, Giovanni che significa l’intelletto.
Per la ragione stessa per cui è scritto “se non credete, non comprenderete”, la fede avanza necessariamente per prima nel sepolcro della sacra Scrittura, e poi al seguito entra l’intelletto, il cui ingresso è preparato dalla fede.
Pietro, senza dubbio, si levò altissimo in volo, quando riconobbe il Cristo, Dio ormai fatto uomo nel tempo, proclamando: Tu sei il Cristo, figlio del Dio vivo. Ma più alto ha volato colui che conobbe con il pensiero lo stesso Cristo, come Dio generato da Dio prima di tutti i tempi, e ne diede l’annuncio: Nel principio era il Verbo.