18 Aprile 2019 – Giovedì Santo – (Es 12,1-8.11-14; Sal 115[116]; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15) – I Lettura: La Pasqua è sacrificio che fa memoria viva del passaggio dalla schiavitù alla libertà. La memoria si fa memoriale. Il sacrificio rituale dell’agnello con l’aspersione del sangue diventa per gli Israeliti segno della protezione del Signore. L’offerta delle primizie – gli azzimi (festa agricola, legata al ciclo delle stagioni) – posta in riferimento alla liberazione dall’Egitto, ricorda ora la partenza frettolosa da quel paese di schiavitù. Momento storico ben preciso di un popolo oppresso in cui Dio interviene con potenza. II Lettura: Al memoriale della liberazione dalla schiavitù d’Egitto Gesù sostituisce il suo memoriale nell’Ultima cena. Per salvare tutta l’umanità si è lasciato consegnare alla morte. L’Alleanza con Dio diventa nuova, sancita nel sangue del vero Agnello e nuova, di conseguenza, deve diventare anche la condotta del cristiano. Vangelo: A differenza degli altri Vangeli, Giovanni pone l’attenzione più sulla lavanda dei piedi che sull’istituzione dell’Eucaristia. Con il gesto della lavanda dei piedi e con un lungo discorso di addio Gesù rende espliciti la sua condizione, il senso della sua missione e il futuro dei discepoli. È con questo gesto che vuole soprattutto mostrare quale deve essere il comportamento dei responsabili della comunità, insegnando loro il nuovo ed eterno comandamento dell’amore.
Li amò sino alla fine – Dal Vangelo secondo Giovanni: Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariòta, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
Riflessione: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Pietro ha sempre avuto davanti ai propri occhi la misura della propria indegnità. Quando Gesù aveva usato la sua barca per proclamare alle folle la Buona Novella, invitandolo subito dopo a prendere il largo e gettare le reti, nel vederle miracolosamente piene di pesci, Pietro aveva esclamato: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore» (Lc 5,8). Ora che vede il suo Maestro inginocchiarsi dinanzi a lui e prendergli i piedi per lavarglieli, ancor più avverte tutta la sua piccolezza, tutto il suo peccato. Protesta e dichiara che non può permettere a Gesù di lavargli i piedi. Ma Gesù è venuto proprio per purificarci dal peccato! Non è venuto per i giusti, ma per i peccatori: è proprio la nostra miseria che ha attirato la sua misericordia! Il dono della Chiesa, del Sacramento Eucaristico e ogni altro dono, non sono frutto dei nostri meriti, ma della carità infinita con cui Dio vuole sovrastare il nostro nulla. Non abbiamo da stupirci, da protestare, tantomeno da fuggire dinanzi a tanto amore: dobbiamo solo, dichiarando il nostro peccato, rifugiarci tra le pieghe della sua misericordia; lasciarci purificare dal suo Sangue nel sacramento della Riconciliazione, immergerci nel balsamo della sua grazia, che cura ogni nostra ferita. Gesù conosce la nostra miseria, per questo è venuto: «da ricco che era, si è fatto povero, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Giovedì Santo – Benedetto XVI (Omelia, 5 Aprile 2012): Il Giovedì Santo non è solo il giorno dell’istituzione della Santissima Eucaristia, il cui splendore certamente s’irradia su tutto il resto e lo attira, per così dire, dentro di sé. Fa parte del Giovedì Santo anche la notte oscura del Monte degli Ulivi, verso la quale Gesù esce con i suoi discepoli; fa parte di esso la solitudine e l’essere abbandonato di Gesù, che pregando va incontro al buio della morte; fanno parte di esso il tradimento di Giuda e l’arresto di Gesù, come anche il rinnegamento di Pietro, l’accusa davanti al Sinedrio e la consegna ai pagani, a Pilato. Cerchiamo in quest’ora di capire più profondamente qualcosa di questi eventi, perché in essi si svolge il mistero della nostra Redenzione. Gesù esce nella notte. La notte significa mancanza di comunicazione, una situazione in cui non ci si vede l’un l’altro. È un simbolo della non-comprensione, dell’oscura-mento della verità. È lo spazio in cui il male, che davanti alla luce deve nascondersi, può svilupparsi. Gesù stesso è la luce e la verità, la comunicazione, la purezza e la bontà. Egli entra nella notte. La notte, in ultima analisi, è simbolo della morte, della perdita definitiva di comunione e di vita. Gesù entra nella notte per superarla e per inaugurare il nuovo giorno di Dio nella storia dell’umanità.
Gesù non si stanca di amare – Papa Francesco (Omelia, 2 Aprile 2015): In questo giovedì, Gesù era a tavola con i discepoli, celebrando la festa della pasqua. E il brano del Vangelo che abbiamo sentito contiene una frase che è proprio il centro di quello che ha fatto Gesù per tutti noi: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1). Gesù ci ha amato. Gesù ci ama. Senza limiti, sempre, sino alla fine. L’amore di Gesù per noi non ha limiti: sempre di più, sempre di più. Non si stanca di amare. Nessuno. Ama tutti noi, al punto da dare la vita per noi. Sì, dare la vita per noi; sì, dare la vita per tutti noi, dare la vita per ognuno di noi. E ognuno di noi può dire: “Ha dato la vita per me”. Ognuno. Ha dato la vita per te, per te, per te, per me, per lui… per ognuno, con nome e cognome. Il suo amore è così: personale. L’amore di Gesù non delude mai, perché Lui non si stanca di amare, come non si stanca di perdonare, non si stanca di abbracciarci. Questa è la prima cosa che volevo dirvi: Gesù ci ha amato, ognuno di noi, sino alla fine.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La lavanda dei piedi – «“Sempre ci lava i piedi, colui che sempre intercede per noi; e ogni giorno abbiamo bisogno di lavarci i piedi, cioè di dirigere i nostri passi sulla via della salvezza”. Essendosi messo a lavare i piedi dei discepoli, il Signore venne a Simon Pietro, il quale gli dice: Signore, tu lavare i piedi a me? [Gv 13,6]. Chi non si spaventerebbe nel vedersi lavare i piedi dal Figlio di Dio? Sebbene sia segno di temeraria audacia per il servo contraddire il Signore, per l’uomo opporsi a Dio, tuttavia Pietro preferì questo piuttosto che lasciarsi lavare i piedi dal suo Signore e Dio. Né dobbiamo credere che Pietro sia stato il solo a spaventarsi e a rifiutare il gesto del Signore, quasi che gli altri, prima di lui, avessero accettato volentieri e senza scomporsi quel servizio. Le parole del Vangelo, veramente, si lascerebbero più facilmente intendere nel senso che Gesù comincia a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli col panno di cui si era cinto, e subito dopo viene a Simon Pietro, facendo supporre che il Signore avesse già lavato i piedi a qualcuno, e che, dopo, fosse arrivato al “primo” degli Apostoli. Chi non sa infatti che il beatissimo Pietro era il primo degli Apostoli? In realtà non è da pensare che sia arrivato a lui dopo aver lavato i piedi ad altri, ma che abbia cominciato da lui. Quando, dunque, cominciò a lavare i piedi dei discepoli, si appressò a colui dal quale doveva cominciare, cioè a Pietro; e allora Pietro rimase senza fiato, come sarebbe rimasto senza fiato qualsiasi altro di loro, e disse: Signore, tu lavare i piedi a me? Tu? A me? È meglio meditare che tentare di spiegare queste parole, nel timore che la lingua sia incapace di esprimere quanto l’anima è riuscita a concepire» (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il Venerdì Santo la Chiesa non celebra l’Eucaristia e perciò bisognava conservare il Santissimo Sacramento dalla Messa di Giovedì. L’Eucaristia, come si faceva sin dai primi tempi, veniva collocata nella sacrestia. Nel XII secolo, sotto l’influenza del crescente culto del Santissimo Sacramento, si cominciò a collocare l’Eucaristia nella chiesa, sull’altare oppure in luogo specialmente preparato. La trasla-zione avveniva in solenne processione e la cappella della custodia veniva addobbata con fiori e luci. La riposizione del Santissimo Sacramento doveva simboleggiare la permanenza di Cristo nella tomba e per questo i fedeli cominciarono a chiamare il luogo della custodia «Sepolcro del Signore», benché la Chiesa fosse contraria all’addobbo somigliante a quello della tomba. La spogliazione degli altari ha un’antica origine. All’inizio, era probabilmente un atto comune che poi ha assunto il significato simbolico. L’altare è il simbolo di Cristo e il rimuovere delle tovaglie fa ricordare lo spogliamento di Gesù dalle sue vesti. […]. Fedele alle parole del Signore: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa incessantemente celebra l’Eucaristia. La Chiesa, radunata attorno alla mensa eucaristica, oggi più che mai, sperimenta la presenza del Signore. Rimarrà accanto a lui nella preghiera notturna per non sentire come una volta i discepoli nel Giardino degli Olivi: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?» (La Bibbia e i Padri della Chiesa).
Santo del giorno: 18 Aprile – Madonna dell’Arco: La Beata Vergine Maria è venerata con il titolo di Madonna dell’Arco nell’omonimo santuario situato a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli e diocesi di Nola, retto dai padri Domenicani. Si tratta di uno dei maggiori poli della devozione mariana in Campania. L’immagine che lì è custodita sanguinò prodigiosamente il 6 aprile 1450, Lunedì di Pasqua, e fu oggetto di numerosi altri fatti singolari. Il santuario, costruito a partire dal 1593, è meta di pellegrinaggi da tutta la Campania specie il Lunedì di Pasqua, quando le associazioni dei “fujenti” o “battenti” vi si riversano in massa nell’anniversario del primo prodigio.
Preghiamo: O Dio, che ci hai riunIti per celebrare la santa Cena nella quale il tuo unico Figlio, prima di consegnarsi alla morte, affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore, fa’ che dalla partecipazione a così grande mistero attingiamo pienezza di carità e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…