Liturgia

14 Aprile 2019 – DOMENICA DELLE PALME (C)

Dal libro del profeta Isaìa (50,4-7) – Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso: Il Servo del Signore va incontro alla passione, fisica e spirituale, senza opporre resistenza perché ha la certezza che Dio lo assiste. Il Servo del Signore, proprio perché Dio è con lui, sa che non resterà deluso: «dopo il suo intimo tormento vedrà la luce» (Is 53,11).

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (2,6-11) – Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò: L’umiltà di Gesù Cristo è il metro a cui deve ispirarsi il credente per instaurare un giusto rapporto con se stesso, con i propri fratelli e con Dio. L’inno, che Paolo ha attinto forse da qualche repertorio liturgico, riassume il destino terrestre e celeste di Gesù, il suo abbassamento e la sua esaltazione.

Dal vangelo secondo Luca (forma breve Lc 23, 1-49) La passione del Signore: Luca nel raccontare la passione di Gesù lo fa con il suo stile teologico: Gesù, pur soffrendo ingiustamente, è misericordioso e dolce. La sua passione ha i tratti dell’amore misericordioso verso i peccatori e culmina nella promessa fatta al buon ladrone: «Oggi sarai con me in Paradiso».

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca

  In quel tempo, tutta l’assemblea si alzò; condussero Gesù da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.

  Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.

  Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà».

  Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.

  Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cade-te su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».

  Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.

  Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

  Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

  Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

  Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

  Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

  Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.

Approfondimento

   La Passione di Gesù – Giuseppe Tosatto (Passione in Schede Bibliche, EDB): Il ciclo doloroso e trionfante della passione, morte e risurrezione di Cristo, che oggi troviamo come epilogo delle narrazioni evangeliche, in realtà fu l’elemento che attirò maggiormente l’attenzione e costituì la base del primitivo insegnamento apostolico.

  La buona novella era infatti essenzialmente l’annuncio della salvezza apportata al mondo mediante la morte e risurrezione di Gesù; per questo tutto ciò che riguardava tali eventi veniva a prendere un rilievo particolare.

  Dagli scritti paolini (1Tess 1,9-10; 4,14; 1Cor 15,3ss.; 2Cor 5,15; 13,4; Gal 1,4; Rm 4,24-25; 10,9; Fil 2,6-11; 1Tm 3,16), come pure dai discorsi di Pietro e Paolo nel libro degli Atti (2,14b-39; 3,12b-26; 4,8b-12; 5,29b-32; 10,34b-43; 13,16b-41; ecc.), è facile rendersi conto come il kerygma primitivo fosse tutto incentrato sul mistero redentivo di Cristo.

  Del resto l’ampiezza stessa del racconto della passione nei quattro vangeli, ove le vicende ultime della vita del Redentore sono seguite passo passo, conferma la somma importanza che ad esso, fin dagli inizi, vi si annetteva.

  Tutto ciò ci porta a concludere che gli eventi storici della passione e risurrezione di Cristo costituirono, sia cronologicamente che dottrinalmente, il fondamento della primitiva predicazione.

  Abbiamo cioè avuto una specie di capovolgimento: quello che attualmente è posto nei vangeli come conclusione dell’attività di Cristo, in realtà fu l’inizio dell’annuncio della buona novella.

  Passione e risurrezione, pur umanamente in contrasto tra loro, l’una in quanto umiliazione e l’altra in quanto glorificazione, appaiono quindi fin dall’inizio come un’unità indissolubile e inseparabile, poiché senza la risurrezione la passione di Cristo perderebbe il suo valore, e senza la passione e morte, nell’attuale piano salvifico divino, non ci sarebbe la redenzione; il che spiega pure come questo evento capitale per la storia dell’umanità sia divenuto, fin dall’inizio, l’insegnamento e la norma di vita dei singoli fedeli.

Commento al Vangelo

  La Passione interiore di Gesù – I credenti, «agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso» (Gal 3,1), amano primariamente fissare lo sguardo sulla passione cruenta del Verbo: il sangue versato nel Getsemani, le catene, i tormenti, i flagelli, la tortura della corona di spine, i chiodi della crocifissione, gli spasimi e la morte atroce tra insulti e dileggi, ma quasi sempre occultano la passione incruenta, quella interiore, che per intensità, sconquassando il cuore e la mente, fu certamente più dolorosa di quella fisica.

  La Passione interiore di Gesù è incentrata su due episodi: la preghiera nell’Orto degli Ulivi e il suo arresto. Attraverso la cronaca di questi fatti, gli evangelisti ci fanno assistere al progressivo abban­dono e isolamento del Cristo anche da parte dei suoi discepoli più intimi. L’acme si raggiungerà nel momento della crocifissione e della morte. Proclamato giusto dal centurione e dalla folla che si allontana dal Calvario percuotendosi il petto, Gesù muore solo: abbandonato dai suoi amici e dagli apostoli, ad assistere «da lontano» a «questi avvenimenti» saranno soltanto i «suoi conoscenti» e le «donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea».

  I fatti più salienti sono: l’abbandono apparente del Padre durante la preghiera nel Getsemani, in cui Gesù è lasciato solo a lottare contro il potere delle tenebre e a subire l’estrema tentazione (Mt 26,39.42; Mc 14,35-36; Lc 22,41-44); il sonno di Pietro, Giacomo e Giovanni su cui Gesù aveva maggior diritto di sperare e che invece non comprendono la sua angoscia interiore e lo lasciano moralmente solo (Mt 26,40-41.43.45; Mc 14,37.50; Lc 22,45-46); il tradimento e il bacio di Giuda, apostolo e amico (Mt 26,50); la violenza della cattura e la fuga precipitosa dei discepoli. A questi eventi bisogna aggiungere l’ignominiosa traduzione in catene e il processo iniquo (Mt 26,48.55-57; Mc 14,43-45.50-53; Lc 22,47).

  Luca accentua la sofferenza interiore di Gesù sottolineando la sudorazione di sangue, un fenomeno che si attiva in persone quando sono sotto la dolorosa pressione di eventi tragici. Ma non dice nulla del suo bisogno di sentire vicini a sé i discepoli: egli prega da solo, lontano dai suoi amici e, alla fine, «gli apparve un angelo dal cielo a confortarlo». Con queste variazioni, il terzo evangelista non fa che sottolineare maggiormente la solitudine del Cristo, Gesù è così colpito nei suoi affetti più cari attraverso una serie di sofferenze morali che feriscono il suo cuore sensibilissimo.

  «Gli eventi sono riferiti nel loro elemento paradossale e urtante, senza darne una precisa spiegazione. I protagonisti, tolta la frase di Gesù alla ciurmaglia [Mc 14,48b-49], non parlano; sono fatti che da sé si rivolgono al lettore per creare in lui un’impressione sconcertante in un’andatura piuttosto impersonale: sono gli apostoli che, dopo le promesse, lasciano solo il Maestro sorpresi dall’angoscia e dal sonno; è Giuda, uno dei dodici che giunge con la turba, bacia Gesù e lo fa catturare mentre qualcuno dei discepoli percuote con la spada [cfr. Mc 14,47]; poi alla fine è l’abbandono totale, persino da parte di un ignoto giovinetto che curiosava e che fugge nudo [cfr. Mc 14,50-53]» (Giuseppe Tosatto).

  Nel grigiore dei sentimenti dei protagonisti, Gesù campeggia per la grandezza morale e la dolcezza che si manifestano nell’accoglienza amichevole del traditore, nella risposta negativa ai discepoli ad usare la spada e soprattutto nel suo gesto amorevole di guarire Malco, il servo del sommo sacerdote.

  La passione interiore e morale, consumatasi nell’Orto degli Ulivi, è il preludio dell’abbandono, del rigetto fisico da parte di tutti. Inchiodato sulla croce, il Figlio esperimenterà anche l’abbandono del Padre: «Verso le tre, Gesù gridò a gran voce “Eli, Eli, lemà sabactani” che significa: “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?”».

  Matteo e Marco, a differenza di Luca, pongono sulle labbra di Gesù il versetto iniziale del Salmo 22 dove è espressa l’angosciante ricerca del Padre da parte del Figlio: su di lui, abbandonato dagli amici più cari, sembra essersi chiuso anche il Cielo.

Riflessione

   «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» – Contemplando la Passione del Signore, sovvengono alla mente del credente alcune considerazioni che sono parti integranti della sua fede. Innanzi tutto, la «morte violenta di Gesù non è stata frutto del caso di un concorso sfavorevole di circostanze. Essa appartiene al mistero del disegno di Dio, come spiega san Pietro agli Ebrei di Gerusalemme fin dal suo primo discorso di Pentecoste: “Egli fu consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio” [At 2,23]» (CCC 599).

  Questa «morte violenta» è al centro della fede cristiana: il «Mistero pasquale di Gesù, che comprende la sua passione, morte, risurrezione e glorificazione, è al centro della fede cristiana, perché il disegno salvifico di Dio si è compiuto una volta per tutte con la morte redentrice del suo Figlio, Gesù Cristo» (Compendio CCC 112).

  Una «morte violenta» che incontrovertibilmente fa parte del disegno di Dio: «Per riconciliare con sé tutti gli uomini votati alla morte a causa del peccato, Dio ha preso l’iniziativa amorevole di mandare suo Figlio perché si consegnasse alla morte per i peccatori. Annunciata nell’Antico Testamento, in particolare come sacrificio del Servo sofferente, la morte di Gesù avvenne secondo le Scritture» (ibidem 118). Affermazioni che fanno intendere la morte di Cristo come una necessità e così si dichiara la Parola di Dio: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,14; cfr. Lc 24,25).

  Il Crocifisso, dunque, rivela «l’iniziativa amorevole» del Padre di consegnare il Figlio «alla morte per i peccatori».

  Da queste affermazioni nasce una domanda: Perché questo agire di Dio? Soltanto l’amore è una risposta soddisfacente: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16; cfr. 1Gv 4,9).

  A commento di questo passo giovanneo sono illuminanti le parole di sant’Efrem: «Abramo aveva molti servitori; perché Dio non gli dice di sacrificare uno di loro? Perché l’amore di Abramo non si sarebbe rivelato attraverso un servitore; occorreva per questo il suo stesso figlio (cfr. Gen 22,1-18). Parimenti c’erano molti servitori di Dio, ma egli non mostrò il suo amore verso le creature tramite nessuno di loro, bensì tramite il proprio Figlio, grazie al quale fu proclamato il suo amore per noi: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16)» (Diatessaron, 21,7).

  Il vero motivo della morte del Figlio e la sorgente prima della nostra salvezza è l’amore di Dio.

  Il Crocifisso, quindi, manifesta agli uomini come il Padre ama: un amore più forte dell’amore di una madre per i suoi bambini; un amore che ha vinto le più gravi difficoltà; un amore che è arrivato al dono più prezioso: il dono del Figlio (cfr. CCC 219).

  La Chiesa apostolica sentì l’urgenza di svelare agli uomini l’Amo-re (1Gv 4,8.16) e lo fece invitando gli uomini a tenere «fisso lo sguardo su Gesù» crocifisso (Eb 12,5), su Colui che era morto per amore. Oggi molti cristiani sembrano vergognarsi di questo segno d’amore inconsapevoli, forse, che velare il Crocifisso equivale a una violenta operazione chirurgica che raschia dal cuore dell’uomo la conoscenza della fonte dell’amore riducendolo a un grumo di passioni e di istinti. Diceva il poeta latino Ovidio Nasone: “Ognuno difende l’opera ch’egli ha fatto”; il Padre celeste l’ha fatto: per salvare noi, opera sua, trattò da peccato Colui che non aveva conosciuto peccato (cfr. 2Cor 5,25). Puro amore!

La pagina dei Padri

  Perché Gesù ha avuto paura della morte? – Sant’Efrem: Colui che raccomandò ai suoi discepoli di non aver paura della morte – “Non abbiate paura di coloro che uccidono il corpo” (Mt 10,28) -, come mai ha avuto paura della morte ed ha chiesto che il calice si allontanasse da lui (cfr. Mt 26,39)? … Egli ha avuto paura, così come ha avuto fame e sete, si è affaticato e ha dormito. Oppure, dice questo perché gli uomini non possano dire nel mondo: È senza sofferenza e senza dolore che ha pagato i nostri debiti. O anche, per insegnare ai discepoli ad affidare la propria vita e la propria morte a Dio. […].

  In effetti, se colui che non teme ha avuto paura ed ha chiesto di essere liberato, sapendo che ciò era impossibile, quanto più è necessario che gli altri perseverino nella preghiera prima della tentazione, per esserne liberati quando essa si presenta.

  Infine, forse, perché nell’ora della tentazione le nostre anime sono tormentate in tutti i sensi e i nostri pensieri divagano, egli è rimasto in preghiera per insegnarci che è necessario pregare contro i complotti e le insidie del demonio, per poter padroneggiare con una preghiera incessante i dispersi pensieri. O semplicemente, è per confortare coloro che hanno paura della morte che egli ha esternato la propria paura, perché essi sappiano che tale paura non li induce in peccato se essa non perdura a lungo.

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