12 Aprile 2019 – Venerdì, V di Quaresima – (Ger 20,10-13; Sal 17[18]; Gv 10,31-42) – I Lettura: Il brano della prima lettura richiama il tema dell’uomo di Dio perseguitato che confida nel suo Signore. Per lunghi anni la voce del profeta è rimasta inascoltata. Ora egli per comando di Dio, deve annunziare che il giudizio divino è irrevocabile. La vita sofferente di Geremìa riflette quella di Gesù, deriso e umiliato per la sua fedeltà. La risposta di Geremìa a questa umiliazione è la fede confidente nei confronti del suo Signore. Vangelo: Siamo nel contesto della festa della Dedicazione. Mentre Gesù passeggia liberamente nel Tempio, i Giudei tentano di lapidarlo perché lo ritengono un bestemmiatore in quanto si fa uguale a Dio. Gesù insiste nei loro riguardi nell’invitarli a guardare le opere da lui compiute, come ultimo tentativo per cercare di far schiudere il loro cuore alla fede, ma anche questo tentativo rimane disatteso.
Cercavano di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.
Riflessione: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». È triste vedere come più Gesù fa il bene e più viene contraccambiato con il male; più dona salvezza e più cercano di ucciderlo. E, ancora peggio, senza alcun valido motivo! Gesù stesso cerca di farli ragionare, li invita a capire che i loro sentimenti non sono guidati dall’amore e che quindi i loro cuori non sono aperti alla verità di Dio. Gesù trascorre le sue giornate insegnando, guarendo, facendo il bene a chiunque, testimoniando a tutti l’amore del Padre. Le folle attestano di lui: «Ha fatto bene ogni cosa» (Mt 7,37). Perfino i soldati, pagani, dichiarano ufficialmente di lui: «Mai un uomo ha parlato così» (Gv 7,46). Sembra davvero assurdo e malvagio il comportamento dei Giudei; ma nel contemplare tale atteggiamento, non possiamo pensare che il nostro sia migliore! Quante cose ha fatto il Signore per noi, quanti doni ci elargisce continuamente? Quanti segni in nostro favore, quanta misericordia, quanto perdono…? Eppure ci ritroviamo spesso a lamentarci di lui, a brontolare e gemere con lui. A volte gli lanciamo contro accuse e parole più dolorose di grosse pietre. E Gesù è quasi costretto a nascondersi e fuggire da noi.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il Signore è al mio fianco – Giovanni Paolo II (Omelia, 2 Settembre 1984): Il profeta ha risposto pienamente alla chiamata di Dio, che pure lo faceva segno di contraddizione, si è lasciato “afferrare” da Dio, a cui ha aderito con tutte le proprie forze. Altrettanto chiede a noi Gesù Cristo, Figlio del Padre: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita, la troverà… Che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?” (Mt 16,24ss). Dobbiamo seguire Cristo con la forza dell’amore. Dobbiamo dare amore per amore. Perché egli per primo ha amato noi: si è incamminato per amor nostro sulla via della croce, prevedendone in anticipo tutti i dolorosi particolari, e opponendosi risolutamente alle interpretazioni riduttive e ai consigli di umana prudenza che perfino Pietro aveva cercato di dare. Chi più di Pietro è stato privilegiato da Cristo? Eppure egli lo chiama addirittura “satana”, quando cerca di sviare il Maestro dalla via regale della croce. Ecco quanto ci ha amato Gesù Cristo: a prezzo del suo stesso sangue, nell’obbedienza offerta al Padre senza chiedere nulla per sé. Anche a ciascuno Gesù chiede la totalità del dono di noi stessi: ci chiede di seguirlo sulla nostra “via crucis” quotidiana, di non rifiutargli quelle conquiste, compiute talora anche a prezzo di eroismi nascosti, che egli esige da chi gli vuole rimanere fedele, sempre e a tutti i costi; ci chiede di portare la croce della nostra vita quotidiana, senza indietreggiare, aggrappandoci a lui per non cadere per sfiducia o stanchezza, tanto meno senza tradire mai, nella prospettiva del giudizio finale: “Poiché è il Figlio dell’uomo… verrà nella gloria del Padre suo… e renderà a ciascuno secondo le sue azioni” (Mt 16,27). E, come è stato detto, saremo giudicati sull’amore.
Il Padre è in me, e io nel Padre – Benedetto XVI (Udienza Generale, 2 Gennaio 2013): Nei quattro Vangeli emerge con chiarezza la risposta alla domanda «da dove» viene Gesù: la sua vera origine è il Padre, Dio; Egli proviene totalmente da Lui, ma in un modo diverso da qualsiasi profeta o inviato da Dio che l’hanno preceduto. Questa origine dal mistero di Dio, “che nessuno conosce”, è contenuta già nei racconti dell’infanzia dei Vangeli di Matteo e di Luca… L’angelo Gabriele annuncia: «Lo Spirito scenderà su di te, e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Ripetiamo queste parole ogni volta che recitiamo il Credo, la Professione di fede: «et incarnatus est de Spiritu Sancto, ex Maria Virgine», «per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria». A questa frase ci inginocchiamo perché il velo che nascondeva Dio, viene, per così dire, aperto e il suo mistero insondabile e inaccessibile ci tocca: Dio diventa l’Emmanuele, “Dio con noi”.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Cercavano dunque di prenderlo [Gv 10,39]. Magari l’aves-sero preso! ma con la fede e l’intelligenza, non perseguitandolo e uccidendolo. Fratelli miei, io che parlo, che dico a voi queste cose forti io che sono debole, cose grandi io piccolo, cose solide io fragile; e voi, che appartenete a quella medesima massa cui appartengo io che vi parlo, tutti insieme cerchiamo di impadronirci di Cristo. Che significa impadronirci di lui? Se hai inteso bene la sua parola, lo hai raggiunto e lo hai preso. Ma non così volevano afferrarlo i Giudei: tu lo hai preso per averlo, essi volevano prenderlo per eliminarlo. E siccome volevano prenderlo in questo modo, cosa fece egli? Sfuggì dalle loro mani. Non riuscirono a prenderlo perché non avevano le mani della fede. Il Verbo si è fatto carne, e non era difficile per il Verbo liberare la sua carne dalle mani di carne. Prendere il Verbo spiritualmente, questo è prendere davvero il Cristo” (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Tornare ai fatti – Don Luigi Maria Epicoco (Riflessione, 28 Marzo 2018): L’aria è divenuta tesissima nel vangelo. Si intuisce che siamo ormai alle soglie della settimana santa. Anche oggi il vangelo racconta di come ormai gli animi sono esasperati e i Giudei si convincono sempre di più che Gesù vada eliminato. Qui il problema non è più avere o non avere ragione. Qui il problema è che Gesù ha messo completamente in discussione lo schema che essi hanno nel credere, e si sa che a volte diventa più importante lo schema della fede stessa, perché lo schema ci rassicura, lo schema ci dà una certezza umana. Mettere in discussione uno schema significa un po’ mettere in discussione una certezza, e preferiamo uccidere la Verità pur di non toccare lo schema umano che ci siamo creati. I Giudei contemporanei a Gesù non sono né meglio né peggio di noi. Anche noi da credenti, e da discepoli di Cristo, corriamo il medesimo rischio dei Giudei. Anche per noi può capitare di considerare più importante lo schema che la Verità stessa. E si sa che la Verità è un fatto, mentre lo schema a volte è solo una costruzione dentro la nostra testa. Così arriviamo a negare i fatti pur di salvare “quello di cui siamo convinti”. È in un clima così che si prepara l’idea finale di uccidere Gesù, e noi magari ci troviamo alle stesse condizioni e alle stesse decisioni: farLo fuori perché mette in discussione i nostri schemi. “Se non credete a me, credete almeno alle opere che io compio”. È così che Gesù cerca di riportare tutti a una ragionevolezza di fondo, e sembra paradossale che debba essere proprio Gesù a dover difendere la ragionevolezza delle cose. Ma a pensarci bene non è strano perché un’autentica fede non è la contraddizione della ragione, ma il suo uso più alto e più vertiginoso. Una ragione funziona davvero però solo a patto che parta dai fatti, diversamente si fa sempre una brutta fine. “Tornare ai fatti”, sembra questo l’invito di Gesù, perché sa bene che “contro i fatti non valgono gli argomenti”. Ma sappiamo bene che l’unico fatto che fu preso sul serio era quello della sua morte.
Santo del giorno: 12 Aprile – San Giuseppe Moscati, Laico: Originario di Serino di Avellino, nacque a Benevento nel 1880, ma visse quasi sempre a Napoli, la «bella Partenope», come amava ripetere da appassionato di lettere classiche. Si iscrisse a medicina «unicamente per poter lenire il dolore dei sofferenti». Da medico seguì la duplice carriera sopra delineata. In particolare salvò alcuni malati durante lìeruzione del Vesuvio del 1906; prestò servizio negli ospedali riuniti in occasione dell’epidemia di colera del 1911; fu direttore del reparto militare durante la grande guerra. Negli ultimi dieci anni di vita prevalse l’impegno scientifico: fu assistente ordinario nell’istituto di chimica fisiologica; aiuto ordinario negli Ospedali riuniti; libero docente di chimica fisiologica e di chimica medica. Alla fine gli venne offerto di diventare ordinario, ma rifiutò per non dover abbandonare del tutto la prassi medica. «Il mio posto è accanto all’ammalato!». In questo servizio integrale all’uomo Moscati morì il 12 aprile del 1927. Straordinaria figura di laico cristiano, fu proclamato santo da Giovanni Paolo II nel 1987 al termine del sinodo dei vescovi «sulla Vocazione e Missione dei laici nella Chiesa».
Preghiamo: Perdona, Signore, i nostri peccati, e nella tua misericordia spezza le catene che ci tengono prigionieri a causa delle nostre colpe, e guidaci alla libertà che Cristo ci ha conquistata. Per il nostro Signore Gesù Cristo…