11 Aprile 2019 – Giovedì, V di Quaresima – (Gen 17,3-9; Sal 104[105]; Gv 8,51-59) – I Lettura: In questi pochi versetti del diciassettesimo capitolo della Gènesi, viene ripresentata la vocazione di Abramo. Il popolo d’Isra-ele è ridotto a un piccolo resto e la sua speranza è sostenuta da un sicuro fondamento: che Dio non può rinnegare l’alleanza perché non può rinnegare se stesso. L’iniziativa è di Dio e rivelando ad Abramo il suo nome nuovo, lo rende padre di una moltitudine di nazioni. Abramo prostrandosi, si mette in atteggiamento di adorazione, cioè di gratitudine che si fa ascolto. Vangelo: Una delle caratteristiche del Vangelo di Giovanni è quella di sviluppare varie incomprensioni nei riguardi di Gesù, la più rilevante è l’incomprensione delle autorità. I capi del popolo non riescono a riconoscere la personalità divina di Cristo. Il vero problema sta nella mancanza della fede necessaria per penetrare in questo mistero. L’identità di Gesù viene messa in evidenza alla fine, quando Gesù afferma: «prima che Abramo fosse, Io Sono». I Giudei reagiscono con violenza a tali parole.
Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Riflessione: «Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Ieri ci siamo soffermati sulla Parola del Signore che da schiavi ci rende liberi, con una libertà che nessun dominatore di questo mondo potrà mai toglierci. Oggi Gesù approfondisce il tema dell’ascolto della sua Parola aggiungendo che non solo essa ci libera, ma ci strappa dalla morte donandoci la vita eterna. La parola del Signore è verità, è vita; l’impegno a perseverare nella parola e ad osservarla conduce alla libertà dal peccato e dalla morte. Osservanza della Parola, conoscenza della verità, conquista della libertà, possesso della vita eterna, sono le tappe progressive della vita cristiana sconfinante nell’eternità. Tutto deriva dalla potenza vivificatrice delle parole del Signore che sono «spi-rito e vita» (Gv 6,63), che sono «parole di vita eterna» (Gv 6,68). Abramo (Prima Lettura) ascolta la Parola e si fida: lascia tutto e segue le indicazioni divine. Questo lo renderà “padre di una moltitudine”, una fecondità che darà eternità alla sua discendenza. Ascoltare e obbedire alla parola del Signore è il grande sostegno della libertà umana, insidiata all’interno dalle passioni e all’esterno dalle seduzioni del male.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La pienezza della fede cristiana – Lumen Fidei 15: «Abramo […] esultò nella speranza di vedere il mio giorno, lo vide e fu pieno di gioia» (Gv 8,56). Secondo queste parole di Gesù, la fede di Abramo era orientata verso di Lui, era, in un certo senso, visione anticipata del suo mistero. Così lo intende sant’Agostino, quando afferma che i Patriarchi si salvarono per la fede, non fede in Cristo già venuto, ma fede in Cristo che stava per venire, fede tesa verso l’evento futuro di Gesù. La fede cristiana è centrata in Cristo, è confessione che Gesù è il Signore e che Dio lo ha risuscitato dai morti (cfr. Rm 10,9). Tutte le linee dell’Antico Testamento si raccolgono in Cristo, Egli diventa il “sì” definitivo a tutte le promesse, fondamento del nostro “Amen” finale a Dio (cfr. 2Cor 1,20). La storia di Gesù è la manifestazione piena dell’affidabilità di Dio. Se Israele ricordava i grandi atti di amore di Dio, che formavano il centro della sua confessione e aprivano lo sguardo della sua fede, adesso la vita di Gesù appare come il luogo dell’intervento definitivo di Dio, la suprema manifestazione del suo amore per noi. Quella che Dio ci rivolge in Gesù non è una parola in più tra tante altre, ma la sua Parola eterna (cfr. Eb 1,1-2). Non c’è nessuna garanzia più grande che Dio possa dare per rassicurarci del suo amore, come ci ricorda san Paolo (cfr. Rm 8,31-39). La fede cristiana è dunque fede nell’Amore pieno, nel suo potere efficace, nella sua capacità di trasformare il mondo e di illuminare il tempo. «Abbiamo conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi» (1Gv 4,16). La fede coglie nell’amore di Dio manifestato in Gesù il fondamento su cui poggia la realtà e la sua destinazione ultima.
La vittoria della Pasqua – Catechismo degli Adulti 399: Nessun uomo potrebbe da solo, con le sue forze, uscire dal regno del peccato e della morte. Il Signore Gesù, crocifisso e risorto, ci comunica la potenza del suo Spirito e spezza le catene che ci tengono prigionieri. Ci rigenera a nuova vita, come figli di Dio. Certo, anche dopo la rigenerazione, rimangono l’inclinazione interiore disordinata e l’influsso esteriore negativo, ma questi non sono più irresistibili. Si deve ancora combattere, ma si può vincere. Così anche la sofferenza e la morte rimangono, ma cambiano senso e diventano occasione di crescita spirituale. La vita divina elimina il peccato e trasfigura le sue conseguenze. Ci introduce nella condizione pasquale, superiore alla stessa condizione paradisiaca originale, in quanto ci dà la possibilità di giungere a una perfezione più alta: «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20).
Gesù per sua natura è onnipotente – Catechismo Tridentino: Le sacre Scritture attribuiscono al Salvatore molteplici qualità, di cui alcune chiaramente gli spettano come Dio, altre come uomo, avendo Egli in sé, con la duplice natura, le proprietà rispettive. Rettamente dunque dicevamo che Gesù Cristo, per la sua natura divina, è onnipotente, eterno, immenso; mentre per la sua natura umana, diciamo che ha patito, è morto, è risorto. Ma, oltre questi, altri attributi convengono a entrambe le nature, come quando, in questo articolo, lo diciamo nostro Signore; a buon diritto del resto, potendosi riferire tale qualifica all’una e all’altra natura. Infatti egli è Dio eterno come il Padre; così pure è Signore di tutte le cose quanto il Padre. E come egli e il Padre non sono due distinti Dei, ma assolutamente lo stesso Dio, così non sono due Signori distinti. Ma anche come uomo, per molte ragioni è chiamato Signore nostro. Innanzi tutto perché fu nostro Redentore e ci liberò dai nostri peccati, giustamente ricevette la potestà di essere vero nostro Signore e meritarne il nome. Insegna infatti l’Apostolo: Si umiliò, fattosi ubbidiente fino alla morte e morte di croce; per cui Dio lo ha esaltato, conferendogli un nome, che è sopra ogni altro, onde al nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, in cielo, in terra, nell’inferno; e ogni lingua proclami che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre (Fil 2,8-11). Egli stesso disse di sé dopo la risurrezione: Mi è stato conferito ogni potere in cielo e sulla terra (Mt 28,18). Inoltre è chiamato Signore per aver riunito in una sola Persona due nature, la divina e l’umana. Per questa mirabile unione meritò, anche senza morire per noi, d’essere costituito quale Signore, sovrano di tutte le creature in genere, e specialmente dei fedeli che gli obbediscono e lo servono con intimo affetto.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Onnipresenza di Gesù – “Contempla il cielo, Gesù è là; considera la terra, Gesù è là; sali con la parola nel cielo, discendi con la parola agli inferi, vi troverai Gesù. Infatti, se sali al cielo, trovi Gesù, e se discendi agli inferi, Gesù è là [cfr. Sal 138,8]. Oggi, mentre parlo, egli è con me in questo momento, in questo istante; e se ora un cristiano parla in Armenia, Gesù è con lui. Nessuno – infatti – dice che Gesù è il Signore, se non per mezzo dello Spirito Santo [1Cor 12,13]. Se con il tuo pensiero precipiti negli abissi, anche là vedrai Gesù operare, poiché sta scritto: Non dire in cuor tuo: chi è salito al cielo? cioè per farne discendere Cristo; ovvero: chi discenderà nell’abisso? cioè per trarre Cristo fuori dai morti [Rm 10,6-7]. Dove dunque non è colui che ha riempito di sé tutte le cose, terrestri, celesti e infere? Egli è dunque veramente grande, egli, la cui potenza ha riempito il mondo, che è e sarà sempre ovunque, perché Il suo regno non avrà mai fine [Lc 1,33]” (Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: I Giudei accusano Gesù di essere indemoniato e forse anche un esaltato perché pretende di liberare dalla morte i suoi discepoli. Tutti gli uomini sono segnati con il sigillo della morte… Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”… Chi credi di essere? A questa domanda Gesù risponde ai Giudei istituendo un confronto tra la loro incredulità e la fede di Abramo di cui essi si vantano di essere figli: Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia. Abramo che perseverò nella fede, ha avuto la gioia e la luce interiore per contemplare, al di là del tempo, il giorno del Verbo, un giorno rilucente di gloria divina.
Santo del giorno: 11 Aprile – Santa Gemma Galgani, Vergine: “Nasce il 12 marzo 1878 a Bogonuovo di Camigliano (Lucca). La mamma Aurelia muore nel settembre del 1886. Nel 1895 Gemma riceve l’ispirazione a seguire con impegno e decisione la via della Croce. Gemma ha alcune visioni del suo angelo custode. L’11 novembre 1897 muore anche il padre di Gemma, Enrico. Ammalata, Gemma, legge la biografia del venerabile passionista Gabriele dell’Addolorata (ora santo), che le appare e la conforta. Gemma nel frattempo matura una decisione e la sera dell’8 dicembre, festa dell’Immacolata, fa voto di verginità. Nonostante le terapie mediche, la malattia di Gemma, osteite delle vertebre lombari con ascesso agli inguini, si aggrava fino alla paralisi delle gambe, dalla quale però viene guarita miracolosamente. Le visioni di Gemma continuano e le viene data la grazia di condividere le sofferenza di Cristo. Nel maggio del 1902 Gemma si ammala nuovamente, si riprende, ma ha una ricaduta in ottobre. Muore l’11 aprile 1903” (Avvenire).
Preghiamo: Assisti e proteggi sempre, Padre buono, questa tua famiglia che ha posto in te ogni speranza, perché liberata dalla corruzione del peccato resti fedele all’impegno del Battesimo, e ottenga in premio l’eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo…