9 Aprile 2019 – Martedì, V di Quaresima – (Nm 21,4-9; Sal 101[102]; Gv 8,21-30) – I Lettura: “La narrazione biblica sottolinea che la liberazione dalla morte per avvelenamento avveniva solo se si “guardava” il serpente innalzato, cioè se si aveva uno sguardo di fede nei confronti di quel “simbolo di salvezza”, come lo definisce il libro della Sapienza (16,6) che spiega: «Chi si volgeva a guardarlo era salvato non per mezzo dell’oggetto che vedeva, ma da Te, salvatore di tutti» (16,7). Gesù, nel dialogo notturno con Nicodèmo, stabilisce un parallelo tra quel segno di salvezza e «il Figlio dell’uomo innalzato», cioè sé stesso” (G. Ravasi). Vangelo: La parola innalzare ha un doppio senso: di innalzare sulla Croce ed essere innalzato alla destra del Padre. La Buona Novella della morte e risurrezione rivela chi è Gesù, e loro sapranno che Gesù è la presenza di Dio in mezzo a noi. Il fondamento di questa certezza della nostra fede è duplice: da un lato, la certezza che il Padre sta sempre con Gesù e non rimane mai solo e, dall’altro, la radicale e totale obbedienza di Gesù al Padre, che diventa apertura totale e cristallina trasparenza del Padre per noi.
Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.
Riflessione: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono». Gesù parla ormai apertamente, non solo della sua Passione, ma anche nei dettagli che lo vedranno patire e morire innalzato sul patibolo della Croce. La Quaresima, che volge ormai al termine, è quel tempo di grazia che ci invita ad innalzare gli occhi a Cristo, a volgere lo sguardo verso colui che è stato per noi trafitto (cfr. Zc 12,10; Gv 19,37). La frase di Gesù che abbiamo riportato all’inizio, non è da intendersi rivolta a soli contemporanei del Cristo, in vista della sua crocifissione. Essa è rivolta a ciascuno di noi, oggi, come esortazione e verità per la nostra vita spirituale! Come essere certi di poter conoscere il Cristo? Come riuscire a cogliere le profondità del suo mistero? Come entrare nelle pieghe del suo Cuore, scrutarne i sentimenti più intimi, cogliere i tratti essenziali del suo carattere? La Parola ci indica la via: contemplando il Signore crocifisso, fissando lo sguardo su colui che è il perfezionatore della nostra fede (cfr. Eb 12,2), innalzandolo, nella nostra vita, sul glorioso trono della Croce dove è stato glorificato dal Padre; quel trono da cui il Cristo ci attira a sé (cfr. Gv 12,28.32-33).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: … voi siete di questo mondo – CCC 408-409: Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli uomini conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa, che può essere definita con l’espressione di san Giovanni: «il peccato del mondo» (Gv 1,29). Con questa espressione viene anche significata l’influenza negativa esercitata sulle persone dalle situazioni comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei peccati degli uomini. La drammatica condizione del mondo che «giace» tutto «sotto il potere del maligno» (1Gv 5,19), fa della vita dell’uomo una lotta: Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio.
Tu chi sei? – CCC 653: La verità della divinità di Gesù è confermata dalla sua Risurrezione. Egli aveva detto: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono» (Gv 8,28). La Risurrezione del Crocifisso dimostrò che egli era veramente «Io Sono», il Figlio di Dio e Dio egli stesso. San Paolo ha potuto dichiarare ai Giudei: «La promessa fatta ai nostri padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi… risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel Salmo secondo: “Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato”» (At 13,32-33). La Risurrezione di Cristo è strettamente legata al Mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.
Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo – Benedetto XVI (Udienza Generale, 9 Gennaio 2013): […] il fatto dell’Incarnazione, di Dio che si fa uomo come noi, ci mostra l’inaudito realismo dell’amore divino. L’agire di Dio, infatti, non si limita alle parole, anzi potremmo dire che Egli non si accontenta di parlare, ma si immerge nella nostra storia e assume su di sé la fatica e il peso della vita umana. Il Figlio di Dio si è fatto veramente uomo, è nato dalla Vergine Maria, in un tempo e in un luogo determinati, a Betlemme durante il regno dell’imperatore Augusto, sotto il governatore Quirino (cfr. Lc 2,1-2); è cresciuto in una famiglia, ha avuto degli amici, ha formato un gruppo di discepoli, ha istruito gli Apostoli per continuare la sua missione, ha terminato il corso della sua vita terrena sulla croce. Questo modo di agire di Dio è un forte stimolo ad interrogarci sul realismo della nostra fede, che non deve essere limitata alla sfera del sentimento, delle emozioni, ma deve entrare nel concreto della nostra esistenza, deve toccare cioè la nostra vita di ogni giorno e orientarla anche in modo pratico. Dio non si è fermato alle parole, ma ci ha indicato come vivere, condividendo la nostra stessa esperienza, fuorché nel peccato.
Faccio sempre le cose che sono gradite al Padre – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 15 Luglio 1987): Veramente Gesù ha compiuto la volontà del Padre sino alla fine. Con la passione e morte in croce ha confermato “di fare sempre le cose gradite al Padre”: ha compiuto la volontà salvifica per la redenzione del mondo, nella quale il Padre e il Figlio sono uniti perché eternamente sono “una cosa sola” (Gv 10,30). Quando stava morendo sulla croce, Gesù “gridò a gran voce: ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’” (cfr. Lc 23,46), queste sue ultime parole testimoniavano che sino alla fine tutta la sua esistenza terrena era rivolta al Padre. Vivendo – come Figlio – “per (mezzo del) Padre” viveva totalmente “per il Padre”. E il Padre, come egli aveva predetto, “non lo lasciò solo”. Nel mistero pasquale della morte e della risurrezione si sono compiute le parole: “Quando avrete innalzato il figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono”. “Io Sono”: le stesse parole con le quali una volta il Signore – il Dio vivo – aveva risposto alla domanda di Mosè a proposito del suo nome (cfr. Es 3,13-14).
In perfetta comunione con il Padre – CCC 1693: Cristo Gesù ha sempre fatto ciò che era gradito al Padre. Egli ha sempre vissuto in perfetta comunione con lui. Allo stesso modo i suoi discepoli sono invitati a vivere sotto lo sguardo del Padre «che vede nel segreto» (Mt 6,6) per diventare «perfetti come è perfetto il Padre…» (Mt 5,47).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto» [Gv 3,14]. Ecco che cosa leggiamo nel libro dei Numeri: «Il Signore mandò fra il popolo dei serpenti velenosi», perché il popolo aveva mormorato contro il Signore. E il Signore disse a Mosè: «Fabbrica un serpente di bronzo e mettilo come un segno: chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita» [Nm 21,6-8]. Il serpente di bronzo è figura di Cristo, Dio e uomo: il bronzo che, nonostante il passare del tempo, non si consuma, simboleggia la sua divinità, e il serpente la sua umanità, la quale fu innalzata sul legno della croce, come segno della nostra salvezza. Alziamo dunque i nostri occhi e guardiamo all’autore della nostra salvezza, Gesù Cristo [cfr. Eb 12,2]” (Sant’Antonio di Padova).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: “Pretendere un Vangelo senza Croce, spoglio del senso cristiano della mortificazione, o contagiato dall’ambiente pagano e naturalista che ci impedisce di capire il valore redentore della sofferenza, ci metterebbe nella terribile possibilità di ascoltare dalle labbra di Cristo: «Dopo tutto, non vale la pena di continuare a parlarci». Che il nostro sguardo alla Croce, uno sguardo sereno e contemplativo, sia una domanda al Crocifisso che, senza suoni di parole Gli dica: «Tu, chi sei?» (Gv 8,25). Egli ci risponderà che è «il Cammino, la Verità e la Vita» (Gv 14,6), la Vite, alla quale se non siamo uniti, poveri tralci, non possiamo dare frutto, perché solo Lui ha parole di vita eterna. E così, se non crediamo che ‘Lui è’, moriremo per i nostri peccati. Vivremo tuttavia, e vivremo, già in questa terra, vita Celestiale, se impariamo da Lui la gioiosa certezza che il Padre è con noi, che non ci lascia soli. Così imiteremo il Figlio, facendo sempre quello che compiace al Padre” (D. Josep M. Manresa Lamarca).
Santo del giorno: 9 Aprile – San Liborio, Vescovo di Le Mans: “Secondo alcune fonti antiche Liborio sarebbe stato il quarto vescovo di Le Mans in Francia, ma non è possibile tracciarne una cronologia precisa. Il suo pontificato durò 49 anni, intorno al 380. Secondo alcuni documenti un suo successore, il vescovo Aldrico, consacrando la cattedrale nell’835 volle che uno degli altari fosse dedicato ai santi di Le Mans fra cui Liborio. Nell’836 il vescovo di Paderborn inviò una delegazione a Le Mans per avere delle reliquie del santo. In occasione della traslazione avvennero dei miracoli. San Liborio divenne così patrono anche di Paderborn. L’iconografia lo rappresenta come un vescovo anziano, caratterizzato dalla presenza di piccole pietre: è, infatti, protettore dei malati di calcolosi renale. Viene raffigurato anche assieme a un pavone o a qualche penna di pavone in ricordo del leggendario uccello che accompagnò la traslazione delle reliquie. Il culto è particolarmente diffuso in Francia, Germania, Spagna e Italia” (Avvenire).
Preghiamo: Il tuo aiuto, Dio onnipotente, ci renda perseveranti nel tuo servizio, perché anche nel nostro tempo la tua Chiesa si accresca di nuovi membri e si rinnovi sempre nello spirito. Per il nostro Signore Gesù…