5 Aprile 2019 – Venerdì, IV di Quaresima – (Sap 2,1a.12-22; Sal 33[34]; Gv 7,1-2.10.25-30) – I Lettura: La condotta del giusto diventa coscienza per l’agire immorale dei malvagi. Questi pur di metterlo a tacere si scagliano contro di lui schernendolo a dimostrazione del reale aiuto che Dio gli ha promesso. Gesù è il vero giusto che fu condannato dai peccatori ad una morte ignominiosa, solo perché le sue parole furono ritenute scomode, e il suo farsi Figlio di Dio una bestemmia inaudita. Vangelo: Gli abitanti di Gerusalemme sono al corrente del disegno omicida dei capi, per questo si meravigliano che Gesù parli liberamente in pubblico. Essi conoscono bene la teologia messianica e sanno che l’origine di Gesù dalla Galilea è una prova decisiva per escludere la sua messianicità. Ma l’origine di Gesù è un autentico mistero. Nonostante la sua apparente origine dalla Galilea, la patria terrena di Gesù è la Giudea: la fonte della sua vita e della sua missione non è un uomo, ma Dio.
Cercavano di arrestare Gesù, ma non era ancora giunta la sua ora – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto. Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.
Riflessione: «Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari». Il Tempo quaresimale ci impone di soffermare la nostra contemplazione sul Cristo rifiutato, tradito, condannato e ucciso. Una sentenza scritta ben prima che fosse consegnato alle autorità competenti! Una sentenza decisa dai soliti maligni senza scrupoli, voluta da chi non vuole mettersi in discussione, da chi preferisce far morire un innocente riconoscendolo colpevole in nulla, piuttosto che cercare la verità e mettersi in ascolto della Parola di Dio. Alla fine riusciranno nei loro intenti, e proprio come già profetizzato dalla Scrittura (vedi la Prima Lettura), ai piedi della Croce lanceranno la sacrilega sfida: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere» (Mc 15,36). Come dire che se alla fine Cristo è morto, o è stato per sua colpa o per colpa del Padre che non lo ha soccorso. Contempliamo Gesù in mano agli aguzzini, ma lo contempliamo anche in mano alla nostra malizia, ai nostri innumerevoli peccati, con cui continuamente lo tradiamo, lo condanniamo e lo fissiamo alla Croce con la nostra crudele e superficiale malizia.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? – Paolo VI (Omelia, 7 Marzo 1974): Tutti si stringono d’intorno a lui, il Maestro che per i suoi miracoli e i suoi discorsi faceva tanto parlare di sé… specialmente per una questione che turbava assai l’opinione pubblica, e che i capi ebrei di Gerusalemme non volevano nemmeno che si prospettasse. La questione era questa: chi è questo Gesù di Nazareth? chi è questo giovane maestro, che fa tanto parlare di sé? chi è? un profeta? un seduttore del popolo? chi è? Il Messia? Ecco una parola importante per capire il significato… Messia, che vuol dire il consacrato da Dio, era un personaggio profetico, il cui nome prestigioso attraversa, da Davide in poi, la storia avventurosa e infelice del popolo ebraico, come un segno di speranza, di liberazione, di grandezza. Questa idea della venuta del Messia s’era impadronita dell’opinione pubblica, sotto la dominazione dei Romani, proprio al tempo di Gesù.
L’Ora di Gesù – Benedetto XVI (Omelia, 25 Agosto 2005): Nell’Eucaristia l’adorazione deve diventare unione. Con la Celebrazione eucaristica ci troviamo in quell’“ora” di Gesù di cui parla il Vangelo di Giovanni. Mediante l’Eucaristia questa sua “ora” diventa la nostra ora, presenza sua in mezzo a noi […]. Torniamo ancora all’Ultima Cena. La novità che lì si verificò, stava nella nuova profondità dell’antica preghiera di benedizione d’Israele, che da allora diventa la parola della trasformazione e dona a noi la partecipazione all’“ora” di Cristo. Gesù non ci ha dato il compito di ripetere la Cena pasquale che, del resto, in quanto anniversario, non è ripetibile a piacimento. Ci ha dato il compito di entrare nella sua “ora”. Entriamo in essa mediante la parola del potere sacro della consacrazione – una trasformazione che si realizza mediante la preghiera di lode, che ci pone in continuità con Israele e con tutta la storia della salvezza, e al contempo ci dona la novità verso cui quella preghiera per sua intima natura tendeva. Questa preghiera – chiamata dalla Chiesa “preghiera eucaristica” – pone in essere l’Eucaristia. Essa è parola di potere, che trasforma i doni della terra in modo del tutto nuovo nel dono di sé di Dio e ci coinvolge in questo processo di trasformazione. Per questo chiamiamo questo avvenimento Eucaristia, che è la traduzione della parola ebraica beracha – ringraziamento, lode, benedizione, e così trasformazione a partire dal Signore: presenza della sua “ora”. L’ora di Gesù è l’ora in cui vince l’amore. In altri termini: è Dio che ha vinto, perché Egli è l’Amore. L’ora di Gesù vuole diventare la nostra ora e lo diventerà, se noi, mediante la celebrazione dell’Eucaristia, ci lasciamo tirare dentro quel processo di trasformazioni che il Signore ha di mira. L’Eucaristia deve diventare il centro della nostra vita.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Cosa simboleggia la passione di Cristo – “Questo nostro tempo di miseria e di lacrime viene simboleggiato dai quaranta giorni prima della Pasqua; il tempo che seguirà, di letizia, di pace, di felicità, di vita eterna, di regno senza fine, che ancora non è, è simboleggiato invece da questi cinquanta giorni in cui noi eleviamo lodi a Dio. Ci vengono cioè presentati due tempi: uno prima della risurrezione del Signore, l’altro dopo la risurrezione del Signore; uno è il tempo in cui siamo, l’altro è il tempo in cui speriamo di essere un giorno. Il presente tempo di pianto, simboleggiato dai giorni di quaresima, lo simboleggiamo e in esso siamo; ma il tempo di gioia, di pace e di regno, simboleggiato da questi giorni di Pentecoste, lo esprimiamo con l’alleluia, ma non possediamo ancora le lodi. Ma ora sospiriamo l’alleluia. Che significa l’alleluia? «Lodate Dio». Ma non possediamo ancora le lodi, si ripetono nella Chiesa le lodi di Dio dopo la risurrezione, perché la nostra lode sarà eterna dopo la nostra risurrezione. La passione del Signore simboleggia il nostro tempo, questo in cui piangiamo. I flagelli, le catene, gli obbrobri, gli sputi, la corona di spine, il vino misto al fiele, l’aceto sulla spugna; gli insulti, gli obbrobri, e infine la stessa croce, le sacre membra pendenti dal legno, cosa ci simboleggiano se non il tempo in cui viviamo, tempo di tristezza, tempo di morte, tempo di tentazione! Perciò un tempo fetido; ma sia fetore di letame nel campo, non in casa. Si piangono i peccati, non le brame inappagate. È un tempo fetido: ma se ne usiamo bene, un tempo fedele. Che cosa è più fetente di un campo coperto di letame? Era bello il campo prima che il carro di letame lo ricoprisse: è stato reso fetido perché diventasse ubertoso. Dunque il fetore è simbolo di questo tempo: ma per noi tale fetore sia tempo di fertilità” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «C’è un modo scontato di ascoltare la Parola di Dio che ci fa ritenere di conoscerla già. Come quegli uomini che davanti a Gesù pensano di sapere già chi è, perché sanno da dove viene. Basta loro qualche sommaria notizia a chiudere occhi e orecchie. Gesù però sfugge a questa logica della scontatezza e del pregiudizio: ha qualcosa da comunicare, o meglio qualcuno da farci conoscere che è Dio stesso, che sfugge ai facili giudizi di chi pensa di sapere già come vanno le cose. Per questo Gesù sfugge alla cattura di quegli uomini che volevo imprigionarlo. La Parola del Signore sfugge all’ingabbiamento che vogliamo tante volte imporgli, per farne qualcosa di innocuo e scontato. Sfugge e si libera del peso delle abitudini, anche quelle religiose, che tante volte noi usiamo per camuffarla. Non era giunta ancora la sua ora, dice Giovanni, perché il tempo opportuno per cercare Gesù è sempre, in ogni momento e situazione, e mai è l’ora in cui possiamo dire di possederlo già» (Mons. Vincenzo Paglia).
Santo del giorno: 5 Aprile – San Vincenzo Ferrer, Sacerdote: «Da trent’anni il mastro Vincenzo va da una città all’altra, da un paese all’altro attraverso tutta l’Europa, montato su un semplice somarello, in inverno come in estate, il bell’abito dei domenicani lungo fino a terra a coprire i suoi piedi nudi. Come Gesù è seguito da una folla immensa di poveri, di donne, di bambini, di chierici, di contadini, di teologi, di duchi e di duchesse, tutti mescolati» (Le meraviglie di Dio, Mondadori 2000). Nato a Valencia intorno al 1350, Vincenzo si trovò a vivere al tempo del grande scisma d’Occidente, quando i papi erano 2 e poi addirittura 3. E, suo malgrado, egli si trova al centro della divisione che minaccia il vertice della Chiesa. Ancora giovane domenicano, era stato notato da Pietro de Luna, legato del papa avignonese. Seguendo da vicino il cardinale, si rese però conto che la Chiesa aveva più che mai bisogno del ripristino dell’unità e della riforma morale. Incominciò allora la sua attività di predicazione. Nel 1394 il suo protettore, il cardinale de Luna, divenuto papa con il nome di Benedetto XIII, lo nomina suo confessore, cappellano domestico, penitenziere apostolico. Egli intensifica la sua attività ma nel 1398 si ammala e ha una visione nella quale gli appare il Salvatore accompagnato da san Domenico e san Francesco. Il Signore tocca la guancia del malato e gli ordina di mettersi in viaggio e conquistare molte anime. Vincenzo lascia allora Avignone ed intraprende vere e proprie campagne di predicazione in Spagna, Svizzera e Francia, in cui parla dell’Anticristo e del giudizio finale. Contribuisce così in modo decisivo alla fine dello scisma e al miglioramento dei costumi. Morì a Vannes nel 1419.
Preghiamo: Padre santo, che nei tuoi sacramenti hai posto il rimedio alla nostra debolezza, fa’ che accogliamo con gioia i frutti della redenzione e li manifestiamo nel rinnovamento della vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…