1 Aprile 2019 – Lunedì, IV di Quaresima – (Is 65,17-21; Sal 29[30]; Gv 4,43-54) – I Lettura: «Parecchie volte abbiamo parlato di queste “due creazioni” di Dio: la prima, quella che è stata fatta in sei giorni, e la seconda, quando il Signore “rifà” il mondo, rovinato dal peccato, in Gesù Cristo. Abbiamo detto tante volte che questa seconda è più meravigliosa della prima. La prima è già una creazione meravigliosa; ma la seconda è ancor più meravigliosa» (Papa Francesco). Vangelo: Per mezzo della fede, andiamo incontro a Dio e scopriamo il Padre e il suo amore nella nostra vita. Quando constata la nostra fede, la nostra fiducia in lui, Gesù, per mezzo della potenza vivificante della sua parola, compie miracoli nella nostra vita. In questo brano di Vangelo, troviamo l’effetto della parola divina e la fiducia assoluta nella potenza di Gesù. Gesù ha ricompensato la fede del funzionario così come ricompensa la fede di ogni uomo.
Va’, tuo figlio vive – Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
Riflessione: «Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino». Oggi la Liturgia ci invita a contemplare la fede di quest’uomo: un funzionario del re. La sua posizione avrebbe potuto far storcere il naso a più di un benpensante: se sei al servizio del re, sei contro il popolo! Gesù non fa mai distinzione politiche o sociali, o di appartenenza a razze, culture o popoli; Gesù non prende posizione a favore dei ricchi o dei poveri, della classe dirigente o indigente. Per Gesù siamo (e dovremmo essere, contro ogni lotta di classe o di razza o di altro) tutti fratelli. Per Gesù conta non ciò che sei per il mondo ma ciò che sei per Dio: conta la fede che riponi in lui! Il ritratto che l’evangelista fa di questo funzionario, corrisponde pienamente all’immagine quaresimale del cristiano: un uomo che ha fede, che va da Gesù, ascolta la sua Parola, crede nella sua Parola e si mette in cammino. Questa è la Quaresima, questa è la conversione richiesta, questo è il vero atteggiamento del discepolo del Cristo: andare a lui, ascoltare la sua Parola, credere e mettersi in cammino! Quattro tappe che non possono e non debbono mai mancare nel nostro quotidiano impegno di santità.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: I miracoli di Dio non violentano la libertà dell’uo-mo – Dignitatis Humanae 11: Dio chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verità; per cui essi sono vincolati in coscienza a rispondere alla loro vocazione, ma non coartati. Egli, infatti, ha riguardo della dignità della persona umana da lui creata, che deve godere di libertà e agire con responsabilità. Ciò è apparso in grado sommo in Cristo Gesù, nel quale Dio ha manifestato se stesso e le sue vie in modo perfetto. Infatti Cristo, che è Maestro e Signore nostro, mite ed umile di cuore ha invitato e attratto i discepoli pazientemente. Certo, ha sostenuto e confermato la sua predicazione con i miracoli per suscitare e confortare la fede negli uditori, ma senza esercitare su di essi alcuna coercizione. Ha pure rimproverato l’incredulità degli uditori, lasciando però la punizione a Dio nel giorno del giudizio.
I miracoli, segni della potenza e dell’amore salvifico di Dio – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 13 Gennaio 1988): Parlando dei miracoli fatti da Gesù nel compiere la sua missione sulla terra, sant’Agostino in un testo interessante li interpreta come segni della potenza e dell’amore salvifico e come stimoli ad elevarsi nel regno delle cose celesti. “I miracoli che fece nostro Signore Gesù Cristo – egli scrive – sono opere divine che insegnano alla mente umana ad elevarsi al di sopra delle cose visibili per comprendere ciò che è Dio” (S. Augustini, “In Io. Ev. Tract.”, 24,1). A questo pensiero possiamo ricollegarci nel riaffermare lo stretto legame dei “miracoli-segni” compiuti da Gesù con la chiamata alla fede. Infatti tali miracoli dimostravano l’esistenza dell’ordine soprannaturale, che è oggetto della fede. A coloro che li osservavano e particolarmente a chi personalmente li sperimentava, essi facevano costatare quasi con mano che l’ordine della natura non esaurisce l’intera realtà. L’universo in cui vive l’uomo non è racchiuso soltanto nel quadro dell’ordine delle cose accessibili ai sensi e allo stesso intelletto condizionato dalla conoscenza sensibile. Il miracolo è “segno” che questo ordine viene superato dalla “Potenza dall’alto”, e quindi le è anche sottomesso. Questa “Potenza dall’alto” (cfr. Lc 24,49), cioè Dio stesso, è al di sopra dell’intero ordine della natura. Essa dirige quest’ordine e nello stesso tempo fa conoscere che – mediante quest’ordine e al di sopra di esso – il destino dell’uomo è il Regno di Dio. I miracoli di Cristo sono “segni” di questo Regno”.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Garanzia della nostra salvezza – “Dobbiamo mantenere ferma e costante la norma della fede e osservare i comandamenti di Dio: credere cioè in Dio, temerlo perché è il Signore, e amarlo perché è nostro Padre. Ora, l’adempimento di queste opere lo si consegue con la fede, come dice Isaia: Se non avete fede, non potrete comprendere [Is 7,9]. La verità ci porta alla fede, perché la fede ha per oggetto cose che esistono veramente: così che noi crediamo in esseri che davvero sono, e proprio perché realmente sono, manteniamo costantemente ferma la nostra convinzione a loro riguardo. Dato poi che la fede è garanzia della nostra salvezza, dobbiamo prenderci gran cura di acquistare una vera intelligenza delle realtà che veramente esistono. Ed è la fede che ce la procura, come ci hanno tramandato gli anziani che furono discepoli degli apostoli. In primo luogo [la fede] ci raccomanda di ricordare che abbiamo ricevuto il battesimo per la remissione dei peccati, nel nome di Dio Padre e nel nome di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, morto e risorto, e nello Spirito Santo di Dio; [di ricordarci] inoltre, che questo battesimo è il sigillo della vita eterna ed è la nostra nuova nascita in Dio, così che ora noi non siamo più figli di uomini mortali, ma figli del Dio eterno; (e di ricordarci) infine, che l’Essere eterno è Dio, che è al di sopra di ogni cosa creata; che tutto è a lui soggetto perché egli ha fatto tutte le cose. Perciò Dio non ha autorità e dominio sopra realtà create da un altro, ma su ciò che viene da lui, e ogni cosa è di Dio; per questo motivo, Dio è onnipotente” (Ireneo di Lione).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Sperare contro ogni speranza – Don Luigi Maria Epicoco (Commento, 12 Marzo 2018): La fede è innanzitutto mettersi in cammino. È camminare quando invece la tua angoscia e la tua disperazione ti dicono di fermarti, di mandare a quel paese ogni cosa. La fede è cammino quando tutta la realtà intorno a te ti dice che è tutto finito e invece Gesù ti sussurra che è tutto cominciato. Il miracolo più importante non è la guarigione di questo bambino (che è cosa bellissima), ma la guarigione della fiducia del padre. Un genitore che deve stare accanto a un figlio che soffre, che lotta tra la vita e la morte deve poter stare accanto a lui con la fiducia guarita e non con la disperazione che lo soffoca. Un credente non ha i miracoli in tasca ma dovrebbe avere una buona scorta di capacità di lottare, uno sperare contro ogni speranza. Sperare persino anche davanti alla morte. Per questo molte volte la grazia di Dio agisce su chi deve stare accanto a chi soffre perché chi soffre è già Gesù, è un novello crocifisso, ma non è detto che chi gli sta accanto è un’altra Maria o un altro Giovanni. Si ha bisogno di molta forza per rimanere “presso la croce” di chi amiamo. Chi lo fa si accorge che anche il suo essere accanto è stato un cammino che l’ha portato molto più lontano di quanto potesse immaginare. Chi si lascia raggiungere da quella grazia misteriosa che sgorga dalla croce, si accorge che ciò che sembrava la fine era solo un trampolino e che il bello deve ancora venire.
Santo del giorno: 1 Aprile – San Lodovico Pavoni, Sacerdote e Fondatore: Lodovico Pavoni, nato l’11 novembre 1784 a Brescia da una nobile famiglia, divenne presto sensibile al contrasto tra i benefici di pochi e la sofferenza di molti che aveva causato la rivoluzione francese. Decise allora di diventare sacerdote, per spendere interamente la vita a servizio dei poveri. Ordinato il 21 febbraio 1807, venne nominato nel 1812 segretario del nuovo vescovo di Brescia, monsignor Gabrio Maria Nava. Per i giovani sbandati e disorientati aveva fondato uno dei primi oratori della città, poi l’Istituto San Barnaba, cui aggiunse, nel 1824, la prima scuola tipografica d’Italia. Dai suoi primi collaboratori voleva trarre una nuova famiglia religiosa, ma ci riuscì solo dopo molti anni: l’erezione canonica avvenne l’11 agosto 1847, col nome di Figli di Maria, oggi Figli di Maria Immacolata Pavoniani. Due anni dopo, durante i combattimenti delle dieci giornate di Brescia, padre Lodovico portò in salvo sotto la pioggia i suoi giovani nella località di Saiano, ma si ammalò: morì il 1 aprile, a 64 anni. È stato beatificato il 14 aprile 2002 da san Giovanni Paolo II. Il 9 maggio papa Francesco ha approvato un ulteriore miracolo ottenuto per sua intercessione, aprendo la via alla sua canonizzazione, che è stata fissata a domenica 16 ottobre 2016. I suoi resti mortali riposano dal 27 ottobre 2002 nella navata sinistra del Tempio votivo di Santa Maria Immacolata in Brescia, sotto la statua della Vergine. La sua memoria liturgica cade il 28 maggio, data della prima traslazione nel Tempio dell’Immacolata.
Preghiamo: O Dio, che rinnovi il mondo con i tuoi sacramenti, fa’ che la comunità dei tuoi figli si edifichi con questi segni misteriosi della tua presenza e non resti priva del tuo aiuto per la vita di ogni giorno. Per il nostro Signore Gesù Cristo…