26 Marzo 2019 – Martedì, III di Quaresima – (Dn 3,25.34-43; Sal 24[25]; Mt 18,21-35) – I Lettura: Il popolo d’Israele è sotto la cattività babilonese, deportato in terra straniera. Forse si sarà lamentato di Dio perché ha allontanato da loro il suo volto lasciandolo in balia della spada e della schiavitù, dimenticando la sua promes-sa. La preghiera di Azarìa va letta in questa cornice: egli parte dalla consapevolezza che sono stati i peccati d’Israele a meritare le disgrazie e l’esilio e non la dimenticanza di Dio. Per questo Azarìa si rivolge al Signore, perché sa di poter impetrare ancora dal suo cuore misericordioso il perdono e l’aiuto. Vangelo: “Quante volte dovrò perdonare?” chiede Pietro a Gesù. Gesù aveva insegnato ai discepoli l’urgente necessità della correzione fraterna, e a Pietro, che certamente faceva riferimento ad una Legge con spirito ben diverso, sembrò forse un po’ esagerato tutta la trafila da fare prima di arrivare ad un giudizio. Comunque, Pietro pensa di essere molto magnanimo nel dichiararsi disposto a perdonare fino a sette volte (cfr. Pro 24,16). La risposta di Gesù supera il concetto di giustizia rappresentato dalla legge del taglione, e inaugura la legge della carità fraterna e l’amore vicendevole senza limiti.
Se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello, il Padre non vi perdonerà – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Riflessione: «Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Quante volte siamo ricorsi al Sacramento della Riconciliazione per chiedere e ottenere la grazia del perdono, la restaurazione dell’immagine divina donataci dallo Spirito Santo il giorno del Battesimo e deturpata dal nostro colpevole peccato! E sempre la misericordia del Padre ha prevalso sulla nostra miseria. Per quanto grande fossero le colpe, un solo atto della sua divina volontà, realizzata mediante la Chiesa nella persona dei suoi ministri, cancella il peccato e ridona la pace. Dio ci ha creati per amore e per amore ci sorregge e ci chiama a sé. Per amore ci accoglie ogni qual volta riconoscendo le nostre colpe, invochiamo la sua misericordia. Mai troppo grande sarà lo stupore dinanzi a tanta gratuità, mai troppo grande sarà il senso di gratitudine dinanzi a tanta abbondanza di dono e di perdono. Il Signore indica quale sia la via più bella per rendere grazie a Dio per la comunione ricostruita: ricostruire la comunione con i nostri fratelli: rimettere loro i debiti, con la stessa misura, con la stessa gratuità e misericordia.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Azarìa si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 10 Luglio 2002): Questo inno, cantato da tre giovani ebrei che invitano tutte le creature a lodare Dio, sboccia in una situazione drammatica. I tre giovani, perseguitati dal sovrano babilonese, si trovano immersi nella fornace ardente a motivo della loro fede. Eppure, anche se in procinto di subire il martirio, essi non esitano a cantare, a gioire, a lodare. Il dolore aspro e violento della prova scompare, sembra quasi dissolversi in presenza della preghiera e della contemplazione. È proprio questo atteggiamento di fiducioso abbandono a suscitare l’intervento divino. Infatti, come attesta suggestivamente il racconto di Daniele, “l’angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco… Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia” (Dn 3,49-50). Gli incubi si disperdono come nebbia al sole, le paure si sciolgono, la sofferenza è cancellata quando tutto l’essere umano diventa lode e fiducia, attesa e speranza. È questa la forza della preghiera quando è pura, intensa, colma di abbandono in Dio, provvidente e redentore.
La riconciliazione – Paolo VI (Discorso, 3 Marzo 1984): Essa, sotto certi aspetti, è l’altro nome del sacramento della Penitenza, ma qui non la consideriamo nella sua dimensione strettamente sacramentale, bensì in quella spirituale e sociale. Essa suppone una rottura da riparare e rientra in quel disegno di reciproco perdono, che tesse tutta la trama del Vangelo. Ricorderete l’inquietante interrogativo di Pietro al Maestro divino: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù gli rispose: non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,21-22). La riconciliazione, presa in questo senso, regola i rapporti degli uomini tra di loro. Qui entra in gioco tutta la vasta e complessa problematica della guerra e della pace, del rancore e del perdono, della concordia familiare e comunitaria; qui trovano soluzione tutti i conflitti del prestigio e dell’onore, dell’odio e dell’egoismo. Sarebbe mera utopia prescindere dal Vangelo, per chi volesse sanare in radice queste e altre questioni che toccano direttamente il cuore dell’uomo. Solo nell’ideale evangelico della carità eroica, che Cristo ha osato proporre ai suoi seguaci, risiede il segreto della vittoria su queste passioni, che avvelenano gli spiriti: “Io anzi vi dico: amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia, e pregate per quelli che vi hanno perseguitato e vi calunniano” (Mt 5,44). Da qui prende forza e significato la riconciliazione, e da qui deriva pure la sua necessità, per appartenere al regno di Dio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Questa parabola cerca di ottenere due cose: che noi riconosciamo e condanniamo i nostri peccati, e che perdoniamo quelli degli altri. E il condannare è in funzione del perdonare, affinché cioè il perdonare diventi più facile. Colui infatti che riconosce i propri peccati, sarà più disposto a perdonare al proprio fratello. E non solo a perdonare con la bocca, ma di cuore. Altrimenti noi rivolgeremo la spada contro noi stessi. Che male può farti il tuo nemico che possa essere paragonato a quello che tu fai a te stesso, accendendo la tua ira e attirando contro di te la sentenza di condanna da parte di Dio? Se infatti tu sei vigilante e vivi filosoficamente, tutto il male ricadrà sulla testa di chi ti offende e sarà lui a pagare il malfatto; ma se ti ostini nella tua indignazione, allora sarai tu stesso a riportare il danno: non quello che ti procurerà l’offesa del nemico, ma quello che ti deriverà dal tuo rancore” (Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Diecimila talenti (circa 340 tonnellate d’oro), è una somma astronomica, un debito che il servo non avrebbe mai potuto pagare. Da qui l’ordine che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito (la norma di estendere la pena alla famiglia del reo non è conosciuta dal diritto veterotestamentario, ma è mutuata dal codice penale ellenistico (cfr. Dn 6,25). Come ultima tavola di salvezza non restava quindi che implorare pietà: la supplica arriva immantinente al cuore del re-padrone il quale ebbe compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Una bella lezione di magnanimità, ma il servo non vuole intenderla e nell’incontrare un pari suo che gli doveva cento denari, ben misera cosa perché l’equivalente di circa mezzo Kg d’argento, non vuol sentire ragione e fa applicare la pena che gli era stata condonata. Ma l’epilogo della parabola stravolge tutto: il servo spietato viene punito perché incapace di perdonare e in questo modo codifica una norma squisitamente cristiana: così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello. Tale sentenza è il più bel commento al Padre nostro e in particolare a quella petizione che ci fa dire rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12). Dalle parole di Gesù si esplicita una condizione per essere raggiunti dal perdono del Padre: se perdonerete di cuore, in questo modo la «legge del perdono che Gesù impone ai suoi non si ferma alla superficie, ma raggiunge le profondità più intime dell’essere umano: mente, volontà, sentimento. Il cristiano… deve rivestirsi di tenera compassione, sopportare e perdonare: proprio come il Signore ha perdonato… Se c’è una misura, essa è quella del perdono di Dio: “Siate misericordiosi, come misericordioso è il Padre celeste” [Lc 6,36]» (A. Lancellotti).
Santo del giorno: 26 Marzo – Beata Maddalena Caterina Morano: “Nata a Chieri, nel Torinese, il 15 novembre 1847, è la sesta di otto figli. Il padre muore nel 1855 quando già cinque dei suoi figli erano morti. Maddalena, a soli otto anni, inizia a lavorare con il telaio e a dieci sente il desiderio di fare la maestra. Il suo sogno si avvera dopo cinque anni. Il parroco di Buttigliera d’Asti apre una scuola materna e Maddalena, non ancora quindicenne, è assunta come maestra. Nel 1877 Maddalena confessa alla madre il suo desiderio di farsi suora, ma avendo compiuto trent’anni, è respinta sia dalle Figlie della Carità sia dalle Domenicane. L’anno successivo don Bosco l’accetta nella sua Congregazione e il 4 settembre 1879 emette la professione religiosa nelle Figlie di Maria Ausiliatrice. Ricopre subito incarichi di responsabilità poi viene trasferita in Sicilia: in 26 anni fonda 19 case, 12 oratori, 6 scuole, 5 asili, 4 convitti, 3 scuole di religione. Muore il 26 marzo 1908. È stata beatificata il 5 novembre 1994” (Avvenire).
Preghiamo: Non ci abbandoni mai la tua grazia, o Padre, ci renda fedeli al tuo santo servizio e ci ottenga sempre il tuo aiuto. Per il nostro Signore Gesù Cristo…