20 Marzo 2019 – Mercoledì, II di Quaresima – (Ger 18,18-20; Sal 30[31]; Mt 20,17-28) – I Lettura: Al profeta Geremìa vengono tramate insidie dai suoi nemici per il fatto di aver predetto la fine della legge e del profetismo. Di tutta risposta, il profeta, si rivolge al Signore in un’intima preghiera di supplica piena di speranza per questo popolo, intercedendo per loro, ricordando al Signore quando si presentava per parlare in loro favore. Il Profeta non chiede vendetta ma perdono. Vangelo: Siamo al terzo annuncio della passione di Gesù. A differenza degli altri due annunci questo aggiunge più particolari in merito alla passione: “Gesù sarà schernito, flagellato, crocifisso”. Rispondendo alla richiesta della madre dei figli di Zebedèo, Gesù ha l’opportunità di spiegare in che senso intendesse il servizio. Il servizio secondo Gesù consiste nel dare la vita per gli altri, come ha fatto Lui morendo sulla croce per darci la salvezza.
Lo condanneranno a morte – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Riflessione: «Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Nella nostra vita si aprono due vie, inconciliabili tra esse: una, quella del mondo, che mi spinge ad avere ragione, a prevalere sugli altri, a farmi valere, ad essere apprezzato, amato, servito… E poi c’è la via di Dio: quella del servizio, quella della ricerca del bene comune, quella dell’amore disinteressato, della carità che tutto sopporta, tutto scusa e non manca di rispetto (cfr. 1Cor 13,4-7). Geremìa viene accusato, calunniato e infine consegnato dai suoi nemici, eppure Geremìa aveva parlato in loro favore e aveva per essi invocato perdono e misericordia. Egli non si fa giustizia da sé, non invoca vendetta, ma si rimette al giudizio divino. Lo stesso insegnamento lo ritroviamo nel Vangelo. Gesù indica la via per essere i primi: farsi ultimi! E proprio mentre annuncia quanto dovrà soffrire per amore degli uomini, i discepoli cercano i primi posti, due di loro si fanno raccomandare dalla propria mamma (magari sperando di strappare una promessa di gloria), e discutendo avanzano motivi per dimostrare la propria superiorità sugli altri. Gesù non si indispettisce di tanta superficialità, non si adira dinanzi alla indifferenza espressa dai discepoli circa il suo dover soffrire, ma con tanta pazienza indica la via unica per tutti: servire fino dare la vita per gli altri come via d’amore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Mentre saliva a Gerusalemme, Gesù… – CCC 557: «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme» (Lc 9,51). Con questa decisione, indicava che saliva a Gerusalemme pronto a morire. A tre riprese aveva annunziato la sua passione e la sua risurrezione. Dirigendosi verso Gerusalemme dice: «Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme» (Lc 13,33).
… lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 14 settembre 1983): La morte di Gesù è stata un esempio altissimo di onestà, di coerenza, di adesione alla verità fino al sacrificio supremo di sé. Per questo la Passione e morte di Gesù sono da sempre l’emblema stesso della morte del giusto che subisce eroicamente il martirio per non venir meno alla sua coscienza e alle esigenze della verità e della legge morale. È vero: la Passione di Cristo non cessa di stupire per gli esempi che ci ha lasciato. Lo rilevava già la lettera di san Pietro (cfr. 1Pt 2,20-23). Gesù ha accettato volontariamente la sua morte. Di fatto sappiamo che egli la predisse ripetutamente: l’annunciò tre volte durante l’ascesa verso Gerusalemme: avrebbe dovuto “soffrire molto… essere ucciso e risuscitare il terzo giorno” (Mt 16,21; 17,22; 20,18); e poi, a Gerusalemme stessa, pronunciò con chiaro riferimento a sé la parabola del padre di famiglia, al quale gli agricoltori ingrati uccisero il figlio (cfr. Mt 21,33-34). Infine, nel momento supremo e solenne dell’ultima Cena Gesù, riassumendo il senso della sua vita e della sua morte in quello di un’offerta fatta per gli altri, per la moltitudine degli uomini, parla del suo “corpo che è dato per voi”, del suo “sangue che viene versato per voi” (Lc 22,19-20 par.). La vita di Gesù è dunque una esistenza per gli altri, una esistenza che culmina in una morte-per-gli-altri, comprendendo negli “altri” l’intera famiglia umana con tutto il peso delle colpe che porta con sé fin dalle origini.
Il Figlio dell’uomo è venuto per servire – CCC 440: Gesù ha accettato la professione di fede di Pietro che lo riconosceva quale Messia, annunziando la passione ormai vicina del Figlio dell’uomo. Egli ha cosi svelato il contenuto autentico della sua regalità messianica, nell’identità trascendente del Figlio dell’uomo “che è disceso dal cielo” (Gv 3,13), come pure nella sua missione redentrice quale Servo sofferente: “Il Figlio dell’uomo… non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28). Per questo il vero senso della sua regalità si manifesta soltanto dall’alto della croce. Solo dopo la Risurrezione, la sua regalità messianica potrà essere proclamata da Pietro davanti al popolo di Dio (cfr. At 2,36).
… lo condanneranno a morte… – CCC 606-607: Il Figlio di Dio disceso dal cielo non per fare la sua volontà ma quella di colui che l’ha mandato, «entrando nel mondo dice: […] Ecco, io vengo […] per fare, o Dio, la tua volontà. […] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre» (Eb 10,5-10). Dal primo istante della sua incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino di salvezza: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34). Il sacrificio di Gesù «per i peccati di tutto il mondo» (1Gv 2,2) è l’espressione della sua comunione d’amore con il Padre: «Il Padre mi ama perché io offro la mia vita» (Gv 10,17). «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato» (Gv 14,31). Questo desiderio di abbracciare il disegno di amore redentore del Padre suo anima tutta la vita di Gesù perché la sua passione redentrice è la ragion d’essere della sua incarnazione: «Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!» (Gv 12,27). «Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?» (Gv 18,11).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Ama l’umiltà e avrai gloria! Se ti ricordi che Cristo dice che si perde la mercede innanzi a Dio, quando uno va cercando onore presso gli uomini e fa il bene per essere visto dagli uomini, metti tanta accortezza a non essere onorato dagli uomini, quanta ne mettono gli altri per averne gloria. “Hanno ricevuto la loro mercede” [Mt 6,2], dice il Signore. Perciò non ti far danno da te stesso, andando dietro alla gloria degli uomini. Dio è un grande osservatore; cerca di aver gloria presso Dio, Dio distribuisce splendide ricompense. Hai forse raggiunto una gran rinomanza, ti stimano, ti onorano, ti cercano? Cerca di diportarti come un suddito “Non come chi esercita un potere sugli altri” [1Pt 5,3] e non seguir l’esempio dei principi mondani. Il Signore ha comandato che, chi vuol essere il primo, deve essere servo di tutti [cfr. Mc 10,44]. In una sola parola: pratica l’umiltà, come conviene a chi la ama. Amala e avrai gloria. Questo è il cammino verso la vera gloria, che si ha tra gli angeli, innanzi a Dio. Cristo ti dichiarerà suo discepolo innanzi agli angeli [cfr. Lc 12,8] e ti darà gloria, se imiterai la sua umiltà; egli, infatti, disse: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete pace per le vostre anime” [Mt 11,29]» (Basilio di Cesarea).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Sarà schiavo di tutti… – Con questo detto «non si condanna di aspirare ai posti di responsabilità né si insegna paradossalmente che per raggiungere tali posti bisogna farsi servi e schiavi di tutti, ma più semplicemente si vuol dire che nell’ambito della comunità cristiana i chiamati al comando devono adempiere al loro mandato con spirito di servizio, facendosi tutto a tutti e guardando solo al bene degli altri [cfr. 1Cor 9,19-23; 2Cor 4,5]» (A. Sisti). Per Gesù servire vuol dire essere obbediente alla volontà del Padre fino alla morte, senza sconti e ripiegamenti, come il Servo di Iahvè, che si fa solidale con il peccato degli uomini. Affermando che è venuto per «dare la propria vita in riscatto per molti», il Cristo dichiara il carattere soteriologico della sua morte. Donandosi alla morte per la salvezza degli uomini e per la loro liberazione dalla schiavitù del peccato, Gesù offre alla Chiesa un modello di amore supremo, che essa è chiamata a inverare e prolungare nella storia.
Santo del giorno: 20 Marzo – San Giovanni Nepomuceno, Sacerdote e martire: “Nacque nel 1330 a Nepomuk, in Boemia, fu consacrato sacerdote a Praga e divenne predicatore di corte del re Venceslao. La moglie del re, Giovanna di Baviera, conosciutolo, lo scelse come confessore. Il re, corrotto, sospettava che Giovanna gli fosse infedele e la tormentava spesso per conoscere ciò che esisteva solo nella sua mente. Si rivolse così a Giovanni per conoscere le confessioni della donna. Ma il santo si rifiutò di rispondere. Nonostante le minacce Giovanni si mostrò inflessibile. Tale fermezza gli costò la condanna ad essere gettato nel fiume Moldava. Sul ponte della città tra il sesto e il settimo pilastro venne gettato nella corrente. Era l’anno 1383” (Avvenire).
Preghiamo: Sostieni sempre, o Padre, la tua famiglia nell’impegno delle buone opere; confortala con il tuo aiuto nel cammino di questa vita e guidala al possesso dei beni eterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo…