marzo, meditazioni

12 Marzo 2019

12 Marzo 2019 – Martedì, I di Quaresima – (Is 55,10-11; Sal 33[34]; Mt 6,7-15) – I Lettura: Nei versetti prece-denti il brano riportato oggi nella prima lettura, il profeta ribadisce a chi è sfiduciato, che le vie dell’uomo non sono quelle di Dio: solo l’ascolto della sua parola e una vera conversione del cuore potranno nutrire in noi la vita di speranza. La nostra speranza, infatti, si fonda sulla certezza che Dio ha per ciascuno di noi le migliori intenzioni e che la sua parola ottiene sempre ciò che promette. Vangelo: Il profeta Isaìa, ci ha invitato ad un atteggiamento di speranza; il brano del vangelo ci suggerisce come tradurre in preghiera questo comporta-mento tipico del cristiano. La preghiera non è dire a Dio cosa deve fare secondo noi nella nostra vita, ma è un continuo porsi riguardo a Dio come figli nei confronti di un padre, con l’unico desiderio di compiere la sua volontà, perché fiduciosi che tutto ciò che è permesso da lui è sempre per il nostro bene più grande.

Voi dunque pregate così Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregan-do, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

Riflessione: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole». Qual è la preghiera più potente, la più efficace? Tale domanda la si ritrova spesso sulla bocca dei cristiani. La tentazione che serpeggia, nel chiedersi quale possa essere la preghiera più efficace, è quella di pensare che le nostre parole servano a “convincere” Dio della bontà della nostra richiesta. Come se fosse un qualunque politico o amministratore di giustizia che devo convincere ad approvare le mie richieste o a convincere della mia innocenza. Allora si inizia con una novena, poi vediamo che “non funziona” e cambiamo santo e formula, nella speranza di trovare quella “giusta” che finalmente piegherà Dio a fare quanto deciso da noi! Gesù ci dice chiaramente che la preghiera non è spreco di parole: esse si devono usare, ed egli stesso le usa e insegna ad usarle, ma come espressione di un interiore desiderio di conformarsi alla volontà divina e non con la pretesa che sia Dio a fare quanto vogliamo. Dio è Padre e da buon Padre sa di cosa necessitiamo: a lui sia la gloria! Ecco perché vogliamo che sia lui a regnare nella nostra vita. Ecco perché desideriamo vivere secondo i suoi progetti, la sua volontà. Nella certezza che nella misura in cui viviamo per lui, egli non ci farà mancare il cibo quotidiano. E se anche dovessimo sbagliare, non ci farà mancare il suo abbraccio misericordioso, nella misura in cui anche noi ci dimostriamo misericordiosi verso il prossimo. Dio conosce i nostri limiti e i pericoli che assediano la nostra anima, ecco perché siamo certi che sarà sua cura quella di liberarci dalle insidie del Maligno.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: … così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto… – Benedetto XVI (Omelia, 26 Ottobre 2008): […] il luogo privilegiato in cui risuona la Parola di Dio, che edifica la Chiesa… è senza dubbio la liturgia. In essa appare che la Bibbia è il libro di un popolo e per un popolo; un’eredità, un testamento consegnato a lettori, perché attualizzino nella loro vita la storia di salvezza testimoniata nello scritto. Vi è pertanto un rapporto di reciproca vitale appartenenza tra popolo e Libro: la Bibbia rimane un Libro vivo con il popolo, suo soggetto, che lo legge; il popolo non sussiste senza il Libro, perché in esso trova la sua ragion d’essere, la sua vocazione, la sua identità. Questa mutua appartenenza fra popolo e Sacra Scrittura è celebrata in ogni assemblea liturgica, la quale, grazie allo Spirito Santo, ascolta Cristo, poiché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Scrittura e si accoglie l’alleanza che Dio rinnova con il suo popolo. Scrittura e liturgia convergono, dunque, nell’unico fine di portare il popolo al dialogo con il Signore e all’obbedienza alla volontà del Signore. La Parola uscita dalla bocca di Dio e testimoniata nelle Scritture torna a Lui in forma di risposta orante, di risposta vissuta, di risposta sgorgante dall’amore (cfr. Is 55,10-11).

L’efficacia della Parola di Dio – Giovanni Paolo II (Omelia, 25 Gennaio 1992): Come gli Ebrei del tempio di Esdra e di Neemia […] dobbiamo anche noi farci ascoltatori attenti della Sacra Scrittura, in cui Dio parla, istruisce, illumina, rimprovera, ma anche consola, purifica il suo popolo. Essa è come la pioggia o la neve che irrora il terreno, rendendolo fecondo (cfr. Is 55,1-10); contiene i principi per la soluzione dei problemi spirituali e morali dell’umanità, che si interroga sui destini eterni. L’azione liturgica è il luogo privilegiato, dove la Parola di Dio viene proclamata e diffusa nei cuori, come forte carica per sostenere la lotta quotidiana contro le difficoltà e le tentazioni.

Padre – Mons. Luca Brandolini (Lectio Biblica della Quaresima 2012): Padre: è la prima parola che dal cuore affiora sulle labbra. Parola consolante e sconvolgente che ci consente di entrare subito in una straordinaria relazione: quella stessa di Gesù venuto a svelarci il disegno che Dio ha nella storia umana, di invitarci alla comunione con Sé [cfr. DV 2] e, con tutti coloro che accolgono l’invito, formare un solo popolo. È uno slancio iniziale, una “confessione di fede”, anzi una vera benedizione di cui non saremmo capaci se lo Spirito non venisse incontro alla nostra debolezza. Proprio perché animati e guidati da lui, di cui ci è stato fatto dono nel battesimo, noi possiamo chiamarlo “Abbà”, cioè con particolare tenerezza e confidenza “papà” ovvero “babbo caro”. Proprio come lo chiamava Gesù, anche nei momenti più drammatici, come quello vissuto nel giardino degli ulivi [cfr. Mt 26,39]. Dicendogli “Padre” noi affermiamo anzitutto che siamo venuti da Lui, che siamo stati voluti, pensati, amati; che «in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» [At 17,28]. Ma questa parola acquista per i cristiani spessore più forte «perché egli ci ha fatti rinascere alla sua vita adottandoci come suoi figli nel suo Figlio unigenito: per mezzo del Battesimo, ci incorpora al Corpo del suo Cristo e, per mezzo dell’unzione dello Spirito che scende dal Capo nelle membra, fa di noi dei “cristi”» [CCC 2782]. Questa è la novità! È vero che il popolo d’Israele riconosce Dio come “Padre” [cfr. Is 63,16b], ma non lo invoca come tale. Solo Gesù può farlo e in lui anche noi divenuti figli nel battesimo. Pregare il “Padre nostro” deve dunque sviluppare in noi due disposizioni fondamentali, frutto dello stupore adorante che suscita in noi la consapevolezza di essere figli: il desiderio e la volontà di somigliargli e quindi di corrispondere al dono. Lo afferma – tra l’altro – S. Cipriano: «Bisogna che, quando chiamiamo Dio Padre nostro, ci ricordiamo del dovere di comportarci come figli».

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Pregare il Padre con le parole del Cristo – “Preghiamo dunque, fratelli carissimi, come ci ha insegnato Dio facendosi nostro maestro. Affettuosa e familiare è la preghiera in cui ci rivolgiamo a Dio con le sue stesse parole, in cui ci facciamo sentire attraverso la preghiera di Cristo. Che il Padre riconosca, quando noi preghiamo, le parole del proprio Figlio. Sia presente anche nella nostra voce colui che abita nel nostro cuore. E poiché l’abbiamo come avvocato presso il Padre per i nostri peccati [cfr. 1Gv 2,1], quando, peccatori, supplichiamo per le nostre colpe, serviamoci delle parole del nostro avvocato. Gesù ha detto infatti: «Se domanderete qualche cosa al Padre mio in mio nome, egli ve la darà» [Gv 15,23]. Quanto più facilmente otterremo quello che chiediamo in nome di Cristo, se lo facciamo con la sua stessa preghiera!” (Cipriano).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Matteo inserisce la preghiera del Padre nostro nella magnifica cornice del ‘Discorso della Montagna’ per opporre l’agire cristiano a quello degli ipocriti (Mt 6,9-13). Oltre a chiedere che sia santificato il nome del Padre, il discepolo deve chiedere il pane quotidiano. Praticamente deve imparare a chiedere al Padre quanto è necessario per la sua sussistenza. Inoltre, il discepolo, deve chiedere che gli siano rimessi i debiti. I discepoli che anelano al perdono di Dio, devono perdonarsi a vicenda (cfr. Mt 5,39; 6,12; 7,2; 2Cor 2,7; Ef 4,32; Col 3,13) e devono perdonare il prossimo senza mai stancarsi: fino a settanta volte sette (cfr. Mt 18,22). Chi non vuole perdonare non può pretendere di ricevere il perdono di Dio: se «vogliamo essere giudicati benignamente, anche noi dobbiamo mostrarci benigni verso coloro che ci hanno arrecato qualche offesa. Infatti ci sarà perdonato nella misura in cui avremo perdonato loro, qualunque cattiveria ci abbiano fatto» (Giovanni Cassano). Con l’ultima petizione il discepolo chiede di non essere abbandonato alla tentazione. Una supplica che nasce dalla consapevolezza della propria debolezza dinanzi alla prepotenza e all’astuzia di Satana, il Tentatore per antonomasia: «Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,41).

Santo del giorno: 12 Marzo – San Luigi Orione, Sacerdote e fondatore: Nacque a Pontecurone nella diocesi di Tortona, il 23 giugno 1872. A 13 anni entrò fra i Frati Minori di Voghera. Nel 1886 entrò nell’oratorio di Torino diretto da san Giovanni Bosco. Nel 1889 entrò nel seminario di Tortona. Proseguì gli studi teologici, alloggiando in una stanzetta sopra il duomo. Qui ebbe l’opportunità di avvicinare i ragazzi a cui impartiva lezioni di catechismo, ma la sua angusta stanzetta non bastava, per cui il vescovo gli concesse l’uso del giardino del vescovado. Il 3 luglio 1892, il giovane chierico Luigi Orione, inaugurò il primo oratorio intitolato a san Luigi. Nel 1893 aprì il collegio di san Bernardino. Nel 1895, venne ordinato sacerdote. Molteplici furono le attività cui si dedicò. Fondò la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza e le Piccole Missionarie della Carità; gli Eremiti della Divina Provvidenza e le Suore Sacramentine. Mandò i suoi sacerdoti e suore nell’America Latina e in Palestina sin dal 1914. Morì a Sanremo nel 1940.

Preghiamo: Volgi il tuo sguardo, Padre misericordioso, a questa tua famiglia, e fa’ che superando ogni forma di egoismo risplenda ai tuoi occhi per il desiderio di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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