9 Marzo 2019 – Sabato dopo le Ceneri – (Is 58,9b-14; Sal 85[86]; Lc 5,27-32) – I Lettura: Il Signore non chiede il digiuno religioso, ma un’autentica conversione, che si manifesti in nuove relazioni di giustizia sociale e di misericordia verso i poveri e i miseri. Il risultato complessivo di cui Israele godrà è espresso con il simbolo della luce: “Allora brillerà nelle tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio”. Salmo: “Davide prega per essere di quelli che otterranno la salvezza per mezzo della grazia. Piega il tuo orecchio: il salmista parla come un ammalato senza forza, il quale ha bisogno che il medico si pieghi verso di lui per udirlo” (Atanasio). Vangelo: “L’iniziativa parte sempre da Dio: è lui che ci viene incontro e ci invita, senza condizioni, senza pregiudiziali. Levi il pubblicano è la persona più lontana dalla fede che si possa immaginare ma Gesù non se ne preoccupa. Vede in Levi il Matteo che può diventare, non ha paura di osare. Lasciamoci incontrare, allora, non abbiamo paura della nostra fragilità” (P. Curtaz).
Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e di altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».
Riflessione: «Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi t’invoca». Il Signore usa misericordia verso tutti, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi (cfr. 2Pt 3,9). Egli passa, fissa lo sguardo su ciascuno, ama tutti, e tutti vuole presso di sé. La chiamata di Gesù raggiunge dotti e ignoranti, zeloti e pubblici peccatori, farisei e pagani… accomunati da un’unica verità: l’essere peccatori. Ed è proprio il nostro essere peccatori che spinge Dio ad essere misericordia, a chiamarci a sé: egli desidera ricostruire la natura umana corrotta, ridare un volto, il suo, all’uomo nuovo, creato secondo lo Spirito. Se la chiamata è per tutti, se la misericordia è senza confini, rimane però la libera scelta del singolo uomo: a ciascuno di noi è rivolto l’invito a seguirlo, ma sta a noi abbandonare le reti, alzarci dal tavolo delle imposte, gettare via il mantello, lasciare la brocca che ci offre un’acqua che non disseta e correre dietro il Maestro. Conversione significa essere pronti a lasciare: non si può pensare di seguire il Cristo rimanendo fedeli a Mammona, non può pretendere di dichiararsi cristiano chi non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini. Se la risposta è personale, se la responsabilità è del singolo, il frutto è invece sempre comunitario: Dio ci chiama ad essere un solo Corpo e il cristiano deve sentirsi e vivere questa dimensione comunitaria. Ed ecco il banchetto allestito da Levi: non una cena dove godersi il suo Signore, ma una casa aperta, divenuta luogo di incontro tra il suo Signore e gli altri peccatori, luogo di conversione, luogo di festa.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì – Benedetto XVI (Udienza Generale, 30 Agosto 2006): […] Gesù accoglie nel gruppo dei suoi intimi un uomo che, secondo le concezioni in voga nell’Israele del tempo, era considerato un pubblico peccatore. Matteo, infatti, non solo maneggiava denaro ritenuto impuro a motivo della sua provenienza da gente estranea al popolo di Dio, ma collaborava anche con un’autorità straniera odiosamente avida, i cui tributi potevano essere determinati anche in modo arbitrario. Per questi motivi, più di una volta i Vangeli parlano unitariamente di “pubblicani e peccatori” (Mt 9,10; Lc 15,1), di “pubblicani e prostitute” (Mt 21,31). Inoltre essi vedono nei pubblicani un esempio di grettezza (cfr. Mt 5,46: amano solo coloro che li amano) e menzionano uno di loro, Zaccheo, come “capo dei pubblicani e ricco” (Lc 19,2), mentre l’opinione popolare li associava a “ladri, ingiusti, adulteri” (Lc 18,11). Un primo dato salta all’occhio sulla base di questi accenni: Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia. Anzi, proprio mentre si trova a tavola in casa di Matteo-Levi, in risposta a chi esprimeva scandalo per il fatto che egli frequentava compagnie poco raccomandabili, pronuncia l’importante dichiarazione: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati: non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori” (Mc 2,17). Il buon annuncio del Vangelo consiste proprio in questo: nell’offerta della grazia di Dio al peccatore!
Seguimi – Benedetto XVI (Omelia, 20 Agosto 2011): Vale la pena accogliere nel nostro intimo la chiamata di Cristo e seguire con coraggio e generosità il cammino che ci propone! Molti sono chiamati dal Signore al matrimonio, nel quale un uomo e una donna, formando una sola carne (cfr. Gen 2,24), si realizzano in una profonda vita di comunione. È un orizzonte luminoso ed esigente al tempo stesso. Un progetto di amore vero che si rinnova e si approfondisce ogni giorno condividendo gioie e difficoltà, e che si caratterizza per un dono della totalità della persona. Per questo, riconoscere la bellezza e la bontà del matrimonio, significa essere coscienti che solo un contesto di fedeltà e indissolubilità, come pure di apertura al dono divino della vita, è quello adeguato alla grandezza e dignità dell’amore matrimoniale. Cristo chiama altri, invece, a seguirlo più da vicino nel sacerdozio e nella vita consacrata. Che bello è sapere che Gesù ti cerca, fissa il suo sguardo su di te, e con la sua voce inconfondibile dice anche a te: «Seguimi!» (cfr. Mc 2,14). Cari giovani, per scoprire e seguire fedelmente la forma di vita alla quale il Signore chiama ciascuno di voi, è indispensabile rimanere nel suo amore come amici. E come si mantiene l’amicizia se non attraverso il contatto frequente, la conversazione, lo stare uniti e il condividere speranze o angosce? Santa Teresa di Gesù diceva che la preghiera è «conversare con amicizia, stando molte volte in contatto da soli con chi sappiamo che ci ama» (cfr. Libro della vita, 8). Vi invito, quindi, a rimanere ora in adorazione di Cristo, realmente presente nell’Eucarestia. A dialogare con Lui, a porre davanti a Lui le vostre domande e ad ascoltarlo. Cari amici, prego per voi con tutta l’anima. Vi supplico di pregare anche per me. Chiediamo al Signore, in questa notte, attratti dalla bellezza del suo amore, di vivere sempre fedelmente come suoi discepoli. Amen!
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e i peccatori? Ma chi è peccatore se non colui che rifiuta di riconoscersi tale? Non significa affondare nel proprio peccato e identificarsi con lui, il non voler più riconoscersi peccatore? Chi è ingiusto, se non colui che si ritiene giusto? E pertanto, fariseo, hai ben letto la parola del Salmo: Nessun vivente è giustificato dinanzi a te [Sal 142,2]. Fintantoché siamo in questo corpo mortale, la fragilità domina in noi; anche se non pecchiamo con le azioni, non possiamo vincere i peccati di pensiero né evitare ogni ingiustizia; anche se abbiamo la forza di sfuggire ad essi materialmente e se siamo capaci di vincere ogni colpa cosciente, come possiamo abolire le mancanze causate dalla negligenza e i peccati d’ignoranza? Fariseo, confessa il tuo peccato e potrai sedere alla mensa del Signore; Cristo si farà pane per te, quel pane che sarà spezzato per il perdono dei tuoi peccati; Cristo diventerà per te la coppa che sarà versata per la remissione dei tuoi peccati” (Pietro Crisologo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa – Levi, il pubblicano divenuto discepolo, prepara in casa sua un banchetto per Gesù al quale invita anche i suoi pari. Per Angelo Lancellotti «è probabilmente il banchetto d’addio che il nuovo “apostolo” dà ai suoi ex-colleghi per sottolineare la serietà e il carattere definitivo della sua risposta alla singolare chiamata del Maestro di Nazaret». In ogni caso mettersi a tavola con i pubblicani e i peccatori significa rendersi impuri. Alle proteste dei farisei, sempiterni scandalizzati di tutti e di tutto quello che non rientrava nel loro modo di pensare, Gesù risponde con un proverbio abbastanza eloquente e con una citazione veterotestamentaria «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano». Gesù non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori, perché diventino giusti attraverso la loro fede in lui (cfr. Gal 2,16), attraverso l’abbandono totale e fiducioso in lui, che «è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25). Viene smantellata quella peregrina idea che faceva considerare la salvezza come una miscela di obbedienza pedissequa della Legge e di supererogazione di opere buone (cfr. Lc 18,9-14). Tutto è grazia e come corrispondenza al dono gratuito della salvezza Dio desidera unicamente il nostro amore (cfr. Dt 6,5), come Levi il pubblicano immantinènte gli ha dato.
Santo del giorno: 9 Marzo – Santa Francesca Romana, Religiosa: Francesca Bussa de’ Leoni nacque a Roma nel 1384. Cresciuta negli agi di una nobile e ricca famiglia, coltivò nel suo animo l’ideale della vita monastica, ma non poté sottrarsi alla scelta che per lei avevano fatto i suoi genitori. La giovanissima sposa, appena tredicenne, prese dimora con lo sposo Lorenzo de’ Ponziani, altrettanto ricco e nobile, nella sua casa nobiliare a Trastevere. Con semplicità accettò i grandi doni della vita, l’amore dello sposo, i suoi titoli nobiliari, le sue ricchezze, i tre figli nati dalla loro unione, due dei quali le morirono. Da sempre generosa con tutti, specie i bisognosi, per poter allargare il raggio della sua azione caritativa, nel 1425 fondò la congregazione delle Oblate Benedettine di Maria, dette anche Nobili Oblate di Tor de’ Specchi e, oggi, Oblate di Santa Francesca Romana. Tre anni dopo la morte del marito, emise ella stessa i voti nella congregazione da lei fondata. Morì il 9 marzo 1440. È stata canonizzata da papa Paolo V il 29 maggio 1608, diventando la prima santa donna italiana dal tempo di Caterina da Siena, ma anche la prima cittadina della Roma moderna a ottenere gli onori degli altari. I suoi resti mortali sono venerati nella basilica di Santa Maria Nova a Roma, popolarmente detta “di Santa Francesca Romana”, posti in una cripta sotto l’altare maggiore.
Preghiamo: Guarda con paterna bontà, Dio onnipotente, la debolezza dei tuoi figli, e a nostra protezione e difesa stendi il tuo braccio invincibile. Per il nostro Signore Gesù Cristo…