febbraio, Liturgia

28 Febbraio 2019

28 Febbraio 2019 – Giovedì, VII del Tempo Ordinario – (Sir 5,1-8 (NV); Sal 1; Mc 9,41-50) – I Lettura: “Il sentimento della sicurezza di sé, non coniugato con la sottomissione alla volontà di Dio, genera la presunzione di potercela fare da soli, almeno per un certo tempo, cioè negli anni del nostro massimo vigore. La conversione, viene rimandata talvolta, proprio in nome di una falsa autosufficienza, che il Siràcide non esita a smascherare” (E. Cuffaro). Vangelo: La mano, l’occhio… sono tutti sinonimi di autosufficienza, attraverso questi organi l’uomo è capace di badare a se stesso e di fare grandi cose. Ma la salvezza non deriva dalle nostre opere ma dalla fedeltà e la collaborazione al progetto di Dio. Bisogna lasciare agire lui mettendo da parte noi stessi.

È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’ac-qua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».

Riflessione: «È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna». “L’8 dicembre 1854, quando il beato papa Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, Domenico Savio si recò dinnanzi all’altare dedicato alla Madonna per recitarle questa preghiera da lui composta: «Maria, ti dono il mio cuore, fa’ che sia sempre tuo. Fammi morire piuttosto che commettere un solo peccato. Gesù e Maria, siate voi sempre i miei amici». L’amore a Gesù Eucaristia ed alla Vergine Immacolata, la purezza del cuore, la santificazione delle azioni ordinarie e l’ansia di conquista di tutte le anime furono da quel momento il suo principale scopo di vita. Un giorno mamma Margherita, che era scesa a Torino per aiutare il figlio Don Bosco, disse a quest’ultimo: «Tu hai molti giovani buoni, ma nessuno supera il bel cuore e la bell’anima di Savio Domenico. Lo vedo sempre pregare, restando in chiesa anche dopo gli altri; ogni giorno si toglie dalla ricreazione per far visita al Santissimo Sacramento. Sta in chiesa come un angelo che dimora in Paradiso». Furono principalmente i genitori e Don Bosco, dopo Dio, gli artefici di questo modello di santità giovanile ancora oggi ammirato in tutto il mondo dai giovani” (F. Arduino). Il motto di san Domenico Savio riassume meravigliosamente questa pagina evangelica: il peccato, anche il più veniale, è sempre più brutto di qualunque altro male, perché rompe alla radice, sporca, deturpa la cosa più bella che abbiamo: l’immagine di Dio in noi. Ogni malattia o disgrazia, per quanto grave, non intacca lo splendore dell’anima, mentre il peccato, anche se apparentemente ci lascia esteriormente uguali, distrugge in noi la grazia.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Non seguire il tuo istinto e la tua forza – CCC 1809: La temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’one-stà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore (cfr. Sir 5,2; 37,27-31). La temperanza è spesso lodata nell’Antico Testamento: «Non seguire le passioni; poni un freno ai tuoi desideri» (Sir 18,30). Nel Nuovo Testamento è chiamata «moderazione» o «sobrietà». Noi dobbiamo «vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo» (Tt 2,12). «Vivere bene altro non è che amare Dio con tutto il proprio cuore, con tutta la propria anima, e con tutto il proprio agire. Gli si dà (con la temperanza) un amore totale che nessuna sventura può far vacillare (e questo mette in evidenza la fortezza), un amore che obbedisce a lui solo (e questa è la giustizia), che vigila al fine di discernere ogni cosa, nel timore di lasciarsi sorprendere dall’astuzia e dalla menzogna (e questa è la prudenza)».

Chiunque vi darà da bere… – Giovanni Paolo II (Discorso, 15 Settembre 1987): Il nome di Gesù è anche un grido di liberazione per tutta l’umanità. Ha il potere di confortare e guarire i malati (cfr. At 3,6; Gc 5,14-15), di scacciare i demòni (cfr. Mc 16,17; Lc 10,17; At 16,18), e di operare ogni tipo di miracolo (cfr. Mt 7,22; At 4,30). Ancor più importante è che nel nome di Gesù e per il suo potere i nostri peccati vengono perdonati (cfr. 1Gv 2,12). Il nome di Gesù è al centro del culto cristiano in questa cattedrale e in ogni chiesa nel mondo: “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Il nome di Gesù è al centro di tutta la preghiera cristiana: “tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo concede” (Gv 15,16). Ed è giustificazione della carità poiché come Gesù stesso spiega, “chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa” (Mc 9,41). Esso invoca il dono dello Spirito Santo, “il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome” (Gv 14,26).

… gettati nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue – CCC1034: Gesù parla ripetutamente della «geenna», del « fuoco inestinguibile», che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo. Gesù annunzia con parole severe: «Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno […] tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente» (Mt 13,41-42), ed egli pronunzierà la condanna: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!» (Mt 25,41).

Un appello alla responsabilità – CCC 1036: Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14). «Siccome non conosciamo né il giorno né l’ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti».

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Abbi timore della geenna, o uomo, e fa’ di tutto per renderti meritevole del regno. Non disprezzare l’invito che ti è stato rivolto. Non presentare giustificazioni [cfr. Lc 14,18], ricorrendo a questo o a quell’altro pretesto. Non riesco a frenare le lacrime, quando penso fra me e me al fatto che, scegliendo le opere turpi piuttosto che la sfolgorante gloria di Dio e abbracciando senza esitazione il peccato per soddisfare la tua libidine, escludi te stesso dai beni promessi sì da impedirti di contemplare i beni della Gerusalemme celeste [cfr. Ap 21,1ss]. Qui si trovano le infinite schiere di angeli, le moltitudini dei primogeniti, i troni degli apostoli, i seggi dei profeti, si ammirano gli scettri dei patriarchi, le corone dei martiri, si cantano le lodi dei giusti: fa’ nascere in te stesso il desiderio di essere annoverato anche tu in mezzo a tutti costoro, dopo esser stato purificato e santificato dai doni del Cristo” (Basilio il Grande).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù invita tutti gli uomini a convertirsi, ora convertirsi significa tagliare qualcosa: Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala… E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo… E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via… E siccome il tempo si è fatto breve (1Cor 7,29) bisogna decidersi con fermezza, senza tentennare: Non aspettare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno, perché improvvisa scoppierà l’ira del Signore e al tempo del castigo sarai annientato (cfr. I Lettura). Convertirsi è rivolgersi al Signore, mettere Lui al centro della propria vita, smettere di confidare nelle ricchezze; convertirsi è gettarsi tra le braccia della Misericordia, nutrirsi del pane divino del perdono e non essere così stupidi da credere che Dio è tanto buono da perdonare sempre, da perdonare tutto e tutti: “Non dire: «Ho peccato, e che cosa mi è successo?», perché il Signore è paziente. Non essere troppo sicuro del perdono tanto da aggiungere peccato a peccato. Non dire: «La sua compassione è grande; mi perdonerà i molti peccati», perché presso di lui c’è misericordia e ira, e il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Non aspettare a convertirti al Signore”. Tra i tanti mezzi per mettere in atto una seria conversione troviamo al primo posto la Parola di Dio: Accogliete la parola di Dio non come parola di uomini, ma, qual è veramente, come parola di Dio (Canto al Vangelo). Solo nella conversione, solo nel ritornare nella casa del Padre (cfr. Lc 15,18-20) vi è perfetta beatitudine, gioia piena e perenne giovinezza (cfr. Salmo Responsoriale).

Santo del giorno: 28 Febbraio – Beato Bosone, Monaco a Chiaravalle: “Il Beato Bosone è un monaco di Chiaravalle vissuto nel XII secolo. Era di nobile famiglia, e fu tra i primi convertiti da San Bernardo, che volle seguire nel monastero di Chiaravalle. Di lui non sappiamo nulla, c’è rimasta una sola citazione su di lui di Corrado abate di Eberbach. Nel suo “Exordium Magnum”, narra che il beato Bosone, parlando della morte felice di alcuni confratelli, gli confidò di aver sentito cantare  i cori dei beati spiriti mentre portavano in cielo l’anima del religioso defunto. In altri testi si narra che vennero gli angeli che intonarono cori intorno al capezzale di morte del beato Bosone. Si tramanda che sia morto verso la fine del XII secolo. Fin dal Quattrocento, il beato Bosone è stato inserito nel catalogo dei santi e beati del suo Ordine” (Mauro Bonato ).

Preghiamo: Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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