febbraio, meditazioni

26 Febbraio 2019

26 Febbraio 2019 – Martedì, VII del Tempo Ordinario – (Sir 2,1-11; Sal 36[37]; Mc 9,30-37) – I Lettura: La decisione di mettersi al servizio di Dio dimostra una grande fede e un amore particolare sia dell’uomo verso Dio che di Dio verso l’anima chiamata. Ma non si può considerare una simile risoluzione una méta, bensì l’inizio di un cammino di purificazione che avverrà attraverso la tentazione. Questa cercherà di far desistere prima di tutto il chiamato dalla sua scelta e poi di infondere sentimenti di sfiducia e desolazione, facendolo peccare proprio contro la fede. I consigli dell’Autore sono: animo retto, senza secondi fini; costanza per portare a termine i propositi fatti; docilità allo Spirito di Dio; fortezza per resistere alle seduzioni e non soccombere nei momenti difficili e di desolazione. Vangelo: La vicenda dolorosa di Gesù non è stata un incidente di percorso. In questo brano Gesù annuncia la sua fine usando un passivo: “Verrà consegnato”, forse alludendo al tradimento di Giuda, ma indica anche un disegno ben preciso del Padre che per il bene dell’umanità darà in sacrificio il suo unico Figlio. Un evento così tragico causerà smarrimento nei discepoli che ancora non avevano imparato ad affidarsi completamente a Dio, ma per Gesù che è completamente votato e risoluto a fare la volontà del Padre è il momento più atteso: non è il successo del proprio lavoro a realizzare chi si affida a Dio, ma il mantenersi fedele e fiducioso nel Padre malgrado prove e schiaccianti sconfitte.

Il Figlio dell’uomo viene consegnato. Se uno vuol essere il primo, sia il servitore di tutti Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Gesù e i discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Riflessione: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». “I discepoli non capiscono. Anzi, non volevano capire e, per timore di interrogarlo, avevano deciso di lasciar perdere, come a dire: «le cose si aggiusteranno da sole». Il timore chiudeva il loro cuore, chiudeva il loro cuore alla verità che Gesù gli stava insegnando. Il racconto evangelico prosegue e si legge che essi continuarono la strada, ma non in silenzio: i discepoli continuavano a parlare. Arrivati a Cafàrnao, Gesù chiede: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Nessuna risposta. Essi, infatti, avevano vergogna di dire a Gesù di che cosa discutevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro su chi fosse il più grande. Ecco, quindi, la contrapposizione: Gesù parla un linguaggio di umiliazione, di morte, di redenzione, e loro parlano un linguaggio da arrampicatori: «chi andrà più in alto nel potere?». Questa è una tentazione che avevano loro, erano tentati dal modo di pensare del mondo mondano, ma non solo loro! Anche la mamma di Giacomo e Giovanni, ha ricordato il Pontefice, andò da Gesù per chiedere che i suoi figli fossero uno alla destra e un altro alla sinistra, quando lui fosse arrivato al Regno (cfr. Mt 20,20-21). Proprio questo, infatti, è il pensiero del mondo: chi è il più grande? Perciò Gesù si premura di chiamare i dodici e di dire loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti». Quello di Gesù ai discepoli è un insegnamento che vale per tutti. Nella strada che Gesù ci indica per andare avanti il servizio è la regola. Il più grande è quello che più serve, non quello che si vanta, che cerca il potere, la vanità, l’orgoglio. Insegnamento necessario perché questa è una storia che accade ogni giorno in ogni comunità dove spesso ci si chiede: «Ma da noi, chi è il più grande?». Emergono le ambizioni, la voglia di arrampicarsi, di avere il potere” (Papa Francesco, Omelia, 17 Maggio 2016).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Preparati alla tentazione – Paolo VI (Udeinza Generale, 15 Novembre 1972): […] quale difesa, quale rimedio opporre alla azione del Demonio? La risposta è più facile a formularsi, anche se rimane difficile ad attuarsi. Potremmo dire: tutto ciò che ci difende dal peccato ci ripara per ciò stesso dall’invisibile nemico. La grazia è la difesa decisiva. L’innocenza assume un aspetto di fortezza. E poi ciascuno ricorda quanto la pedagogia apostolica abbia simboleggiato nell’armatura d’un soldato le virtù che possono rendere invulnerabile il cristiano (cfr. Rm 13,12 ; Ef 6,11;14,17; 1Tss 5,8). Il cristiano dev’essere militante; dev’essere vigilante e forte (1Pt 5,8); e deve talvolta ricorrere a qualche esercizio ascetico speciale per allontanare certe incursioni diaboliche; Gesù lo insegna indicando il rimedio «nella preghiera e nel digiuno» (Mc 9,29). E l’Apostolo suggerisce la linea maestra da tenere: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci nel bene il male» (Rm 12,21; Mt 13,29). Con la consapevolezza perciò delle presenti avversità in cui oggi le anime, la Chiesa, il mondo si trovano noi cercheremo di dare senso ed efficacia alla consueta invocazione della nostra principale orazione: «Padre nostro, … liberaci dal male!».

… lo uccideranno – CCC 1825: Cristo è morto per amore verso di noi, quando eravamo ancora “nemici” (Rm 5,10). Il Signore ci chiede di amare come lui, perfino i nostri nemici, di farci il prossimo del più lontano, di amare i bambini e i poveri come lui stesso.

E, preso un bambino… – Giovanni Paolo II (Messaggio per la Quaresima 2004): Il tema di quest’anno – “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5) – offre l’opportunità di riflettere sulla condizione dei bambini, che anche oggi Gesù chiama a sé e addita come esempio a coloro che vogliono diventare suoi discepoli. Le parole di Gesù costituiscono un’esortazione a esaminare come sono trattati i bambini nelle nostre famiglie, nella società civile e nella Chiesa. E sono anche uno stimolo a riscoprire la semplicità e la fiducia che il credente deve coltivare, imitando il Figlio di Dio, il quale ha condiviso la sorte dei piccoli e dei poveri. In proposito, santa Chiara d’Assisi amava dire che Egli, “posto in una greppia, povero visse sulla terra e nudo rimase sulla croce” (Testamento, Fonti Francescane n. 2841). Gesù amò i bambini e li predilesse “per la loro semplicità e gioia di vivere, per la loro spontaneità, e la loro fede piena di stupore” (Angelus, 18 Dicembre 1994). Egli, pertanto, vuole che la comunità apra loro le braccia e il cuore come a Lui stesso: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5). Ai bambini Gesù affianca i “fratelli più piccoli”, cioè i miseri, i bisognosi, gli affamati e assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i carcerati. Accoglierli e amarli, o invece trattarli con indifferenza e rifiutarli, è riservare a Lui lo stesso atteggiamento, perché in loro Egli si rende particolarmente presente.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «[Gesù] Non si serve del termine “bambino” pensando all’età in cui si manca di intelligenza, come certuni hanno ritenuto. E quando dice: “Se non diverrete come questi bambini, non entrerete nel regno dei cieli” [Mt 18,3], non bisogna interpretarlo scioccamente. In effetti, noi non siamo più dei bambini che camminano carponi, non ci trasciniamo più sul suolo come prima, alla maniera di serpenti rotolandoci con tutto il nostro corpo nei desideri irragionevoli; al contrario, tesi verso l’alto con la nostra intelligenza, separati dal mondo e dai peccati, toccando appena la terra con la punta del piede, pur apparendo presenti in questo mondo, conseguiamo la santa sapienza. Questa, però, sembra una follia [cfr. 1Cor 1,18-22] a coloro che sono orientati alla malvagità. Sono davvero dei bambini coloro che riconoscono Dio come unico Padre, semplici, piccolini, puri» (Clemente di Alessandria).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti – Gesù ancora una volta rovescia i modelli sui quali tanti maestri avevano costruito l’identikit del vero figlio della Legge (cfr. Lc 15,25-32). Nella casa di Pietro la persona che veramente conta non è il mercenario o chi abusa del potere: «Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce» (1Pt 5,1-4). Nella casa di Pietro il primo è colui che si fa servo, non chi dà ordini a destra e a manca; chi sa piegare le ginocchia e, come l’ultimo sguattero della terra, mettersi a lavare i piedi dei suoi amici e dei suoi nemici: «Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,12-15). Poi, la seconda manovra, il porre un bambino in mezzo a loro, spiazza del tutto gli Apostoli. I bambini sono i membri più deboli della comunità cristiana, i più bisognosi e i più dimenticati. Di essi deve farsi carico il discepolo di Gesù, come Lui si è fatto carico dell’umanità debole e fragile gemente sotto il dominio del peccato.

Santo del giorno: 26 Febbraio – Santa Paola di S. Giuseppe di Calasanzio (Paola Montal y Fornes), Fondatrice delle Figlie di Maria: “Il suo motto era «Piedad y letras». Il nome da religiosa di questa santa spagnola fu Paola di san Giuseppe Calasanzio. L’incontro con il carisma degli Scolopi, nel 1837, diede infatti una svolta alla sua attività di educatrice, che già aveva fondato due scuole: a Figueras (Gerona) e ad Arenys de Mar (Barcellona), dove era nata nel 1799. A Sabadell (Barcellona) questi istituti confluirono nelle Scuole Pie. Nel 1847 fece la professione religiosa come Figlia di Maria Scolopia insieme a tre compagne. Con la nuova congregazione fondò molte opere. L’ultima a Olesa di Montserrat, dove morì nel 1889” (Avvenire).

Preghiamo: Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù…

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