25 Febbraio 2019 – Lunedì, VII del Tempo Ordinario – (Sir 1,1-10 (NV); Sal 92[93]; Mc 9,14-29) – I Lettura: L’Autore del libro del Siràcide tratta abbondantemente della Sapienza nel suo libro. Si apre, infatti, con questi versetti che sono come un biglietto da visita dove è descritta la natura della Sapienza. Innanzitutto il sapiente non è colui che conosce molte cose, ma colui che sa vedere le cose alla luce di Dio e sa discernere ciò che è buono e fare scelte secondo il pensiero di Dio. La Sapienza, infatti, proviene da Dio e non si allontana da Lui, dove c’è la Sapienza, c’è Dio. Questa sapienza di Dio può essere riconosciuta da tutti perché Dio l’ha effusa in ogni sua creatura, ma la possiede solo colui che ama Dio e sta sempre con Lui. Vangelo: Dall’esperienza della Trasfigurazione, Pietro, Giacomo e Giovanni passano ad un altro scenario: scendendo dal monte trovano di nuovo l’uomo e tutta la sua povertà, la povertà di chi non sa riconoscere la presenza di Dio e vive nell’incre-dulità. Non solo la folla e il padre del ragazzo rivelano di avere poca fede, ma anche i discepoli che non erano riusciti a scacciare il demone dal ragazzo. La preghiera era l’arma per vincere quel genere di spirito impuro.
Credo, Signore; aiuta la mia incredulità – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, [Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni, scesero dal monte] e arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro. E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!». Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi. Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».
Riflessione: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». “Gesù è doppiamente onnipotente: perché Dio nella sua Persona divina, e perché pieno di fede in quanto vero uomo. I discepoli di Gesù non sono onnipotenti per natura. Lo sono per grazia, per poteri concessi loro da Gesù Signore. Quando però l’onnipotenza non è per natura, ma per grazia, essa dovrà essere chiesta a Dio di volta in volta con preghiera ininterrotta. I discepoli invece pensano che tutto avviene come se essi fossero onnipotenti per natura e per questo omettono di pregare… Gesù opera i miracoli attraverso la mediazione della sua natura umana e per questo sempre è in preghiera per chiedere al Padre ogni grazia, ogni virtù, ogni sapienza, ogni discernimento. Lui pronunzia un solo comando e lo spirito immondo deve lasciare il bambino per sempre. I discepoli si meravigliano di questo e chiedono perché a loro lo spirito non abbia obbedito. Semplicemente perché loro non hanno pregato. Non hanno chiesto a Dio la forza per poterlo scacciare. Si sono creduti onnipotenti per natura, mentre invece loro lo possono essere solo per grazia. […] Fede e preghiera sono le armi del cristiano. Usate bene, con esse si può rinnovare il mondo. La nostra odierna povertà consiste proprio in questo: nella carenza di fede e nell’assenza di preghiera. Crediamo poco. Preghiamo poco. Quale diavolo possiamo noi allontanare da questo mondo? Nessuno. Siamo senza alcun potere di salvezza, di redenzione, di santificazione” (Movimento Apostolico)
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede – CCC 1504-1505: Spesso Gesù chiede ai malati di credere. Si serve di segni per guarire: saliva e imposizione delle mani, fango e abluzione. I malati cercano di toccarlo; «perché da lui usciva una forza che sanava tutti» (Lc 6,19). Così, nei sacramenti, Cristo continua a «toccarci» per guarirci. Commosso da tante sofferenze, Cristo non soltanto si lascia toccare dai malati, ma fa sue le loro miserie: «Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie» (Mt 8,17). Non ha guarito però tutti i malati. Le sue guarigioni erano segni della venuta del Regno di Dio. Annunciavano una guarigione più radicale: la vittoria sul peccato e sulla morte attraverso la sua Pasqua. Sulla croce, Cristo ha preso su di sé tutto il peso del male e ha tolto il «peccato del mondo» (Gv 1,29), di cui la malattia non è che una conseguenza. Con la sua passione e la sua morte sulla Croce, Cristo ha dato un senso nuovo alla sofferenza: essa può ormai configurarci a lui e unirci alla sua passione redentrice.
Talvolta ci rivolgiamo al Signore come ultimo rifugio – CCC 2732: La tentazione più frequente, la più nascosta, è la nostra mancanza di fede. Si manifesta non tanto in una incredulità dichiarata, quanto piuttosto in una preferenza di fatto. Quando ci mettiamo a pregare, mille lavori o preoccupazioni, ritenuti urgenti, si presentano come prioritari; ancora una volta è il momento della verità del cuore e del suo amore preferenziale. Talvolta ci rivolgiamo al Signore come all’ultimo rifugio: ma ci crediamo veramente? Talvolta prendiamo il Signore come alleato, ma il cuore è ancora nella presunzione. In tutti i casi, la nostra mancanza di fede palesa che non siamo ancora nella disposizione del cuore umile: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Esortazione alla perseveranza – «Per la nostra fede comune, per l’amore schietto e sincero del nostro cuore, esortiamo voi, che avete vinto l’avversario al primo attacco, di mantenere inalterata la vostra gloria con virtù salda e perseverante. Siamo ancora a questo mondo, siamo ancora in guerra, ogni giorno combattiamo per la nostra vita. Dovete operare con forza, perché dopo lo splendido inizio segua anche l’aumento e si perfezioni in voi ciò che felicemente avete cominciato. È poco aver acquistato alcunché; è più importante conservare ciò che si è acquistato; del resto la stessa fede e la rinascita alla salvezza vivificano non solo se accettate, ma anche custodite, e non è il primo conseguimento, ma il perfezionamento che salva l’uomo per Dio. Ce lo ha proposto il Signore nel suo insegnamento dicendo: Ecco, sei stato risanato: non peccare più, ché non ti succeda qualcosa di peggio (Gv 5,14)» (Cipriano di Cartagine).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il colloquio – Gesù incomincia, quindi, il colloquio con il padre; un esempio di pastorale dialogica. «Da quanto tempo ciò accade?». La domanda è molto semplice, quasi banale, ma è fatta con un tono cordiale che manifesta la partecipazione e che quindi scioglie il cuore del padre. Egli è appunto il grande protagonista della situazione, da tutti ignorato. E vediamo come il cuore del padre si scioglie. Da una risposta quasi monosillabica: «Dall’infanzia», passa, sentendosi capito, a dire altre cose. Incomincia a descrivere i sintomi del male del figlio, e poi dal suo cuore viene finalmente fuori ciò che è il nocciolo del problema: «Ma se tu puoi aiutaci, mosso a pietà di noi!». Siamo così giunti al momento in cui dal semplice rapporto con un ragazzo da guarire si è giunti ad un cuore che chiede, che si volge con umiltà al Signore per invocare aiuto. Gesù continua il colloquio e corregge, amabilmente, le parole troppo timide del padre, rimandando il gioco a lui: «Hai detto, se posso; ma tutto è possibile a chi crede!». In altri termini: stai chiedendo qualcosa che devi cominciare a fare tu stesso. Allora il padre comprende e grida: «Credo, aiuta la mia fede!». Siamo arrivati al centro, al nodo, al punto veramente difficile della situazione. Gesù, trascurando i dati esteriori della realtà, con gradualità e dolcezza, ha trovato il bandolo della matassa; comincia, cioè, a guarire l’incredulità di quest’uomo. Il grido del padre è molto bello nella sua semplicità. Dice: «Credo, aiuta la mia poca fede». Mostra l’apertura, il desiderio di essere aiutato, è un umile atto di fede, e insieme un riconoscimento di essere ancora molto indietro, di avere bisogno di qualcosa d’altro. Esso è il monito che nella comunità viene ripetuto agli esorcisti imprudenti e spavaldi: “Attenzione! ci vuole molta fede per operare tali grandi cose; non crediate di essere onnipotenti, ma riconoscete a fondo la vostra debolezza e chiedete aiuto”. Se l’episodio – nella catechesi della Chiesa primitiva – ha un riflesso primario verso gli esorcisti, ne ha anche uno nei riguardi della catechesi catecumenale. Il catecumeno, infatti, di fronte alle esigenze troppo grandi di Gesù, al mistero del Regno che comincia a vedere in tutta la sua povertà, la sua durezza, la sua aridità quotidiana, è tentato di non farcela più, di bloccarsi. Con questo episodio è invitato, invece, a non spaventarsi della sua paura, ma a manifestarla umilmente al Signore; è invitato a trarre vantaggio anche da questa sua sofferta povertà e debolezza, per farne oggetto di umile preghiera (Card. Carlo M. Martini, L’itinerario spirituale dei Dodici).
Santo del giorno: 25 Febbraio – San Gerlando di Agrigento, Vescovo: “Al vescovo Gerlando si deve la riorganizzazione della diocesi di Agrigento dopo la lunga occupazione musulmana che durò dall’829 al 1086. Secondo alcuni studiosi Gerlando era nativo di Besançon e fu nominato primicerio della «Schola cantorum» della chiesa di Mileto (Catanzaro) dal gran conte di Sicilia Ruggero I degli Altavilla. Dopo la riconquista di Agrigento dall’occupazione araba e il ristabilimento della gerarchia ecclesiastica nell’isola, Gerlando fu nominato dallo stesso conte, vescovo della città nel 1088. Venne consacrato a Roma da papa Urbano II. La sua opera di riorganizzazione della comunità cristiana di Agrigento, che oggi lo venera come patrono, lo portò in sei anni a costruire l’episcopio e la cattedrale, dedicati alla Madonna e a san Giacomo. A lui si deve la fortificazione del castello di Agrigento, che allora si chiamava Girgenti dal precedente nome arabo «Gergent». Partecipò al convegno di Mazara del 1098. Morì il 25 febbraio 1100” (Avvenire).
Preghiamo: Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù…