febbraio, meditazioni

18 Febbraio 2019

18 Febbraio 2019 – Lunedì, VI del Tempo Ordinario – (Gen 4,1-15.25; Sal 49[50]; Mc 8,11-13) – I Lettura: La storia, che è successiva alle origini umane, ci narra ancora di eventi di trasgressioni e di colpa. Al primo uomo peccatore, non poteva che seguire un’umanità altrettanto peccatrice. Questo brano vuole evidenziare il risultato e la manifestazione del male che sta alla radice: la rottura dell’uomo con Dio. Nonostante il modo sfacciato e impertinente di Caino («sono forse io…»), Dio non lo abbandona, anzi lo protegge dalla vendetta. Lontano da Dio e chiuso in se stesso, l’uomo rischia di non percepire più il senso dell’altro nella propria vita. Vangelo: Questo brano segue l’evento della seconda moltiplicazione dei pani. Ai farisei non bastano i miracoli di Gesù, gli chiedono un segno dal cielo, cioè un segno compiuto direttamente da Dio. In realtà a loro non interessa tanto un miracolo fatto da Dio, il loro interesse è provocare Gesù mettendolo alla prova. Gesù sottolinea che a causa della loro ostinazione, non avranno alcun segno, e proprio per questo motivo, non si incontreranno con la salvezza.

Perché questa generazione chiede un segno? Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

Riflessione: «… per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente…». Oggi siamo chiamati a contemplare questo gesto molto umano di Gesù: il suo “sospiro”. In realtà il verbo dice molto di più perché più che un sospiro è un gemito, quindi un sospiro di dolore. Già altre volte e in altre circostanze ritroviamo questo gemito del Cristo: per esempio nella guarigione del sordomuto che la liturgia ci ha fatto leggere qualche giorno fa. In quella circostanza, il gemito di Gesù era ascrivibile all’infermità umana: l’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, infatti, a causa del primo peccato si era ridotto schiavo della malattia e della morte per invidia del demonio (cfr. Sap 2,24) e il Cristo geme nel vedere la sua creatura, creata per udire la sua parola e proclamare le sue lodi, impossibilitata a realizzare il suo progetto di amore. Geme anche nell’attesa di restaurare l’uomo nuovo con la Redenzione. Nel brano odierno, il gemito di Gesù è una reazione alla malizia dei farisei: essi ascoltano e parlano, ma lo fanno non per lodare Dio, bensì per metterlo alla prova! Il sospiro si fa profondo ed è segno che a nulla servirà la Redenzione per chi si chiude a Dio.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il primo peccato dell’uomo – CCC 397-401: L’uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è consistito il primo peccato dell’uomo. In seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua bontà. Con questo peccato, l’uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità, l’uomo era destinato ad essere pienamente “divinizzato” da Dio nella gloria. Sedotto dal diavolo, ha voluto diventare “come Dio”, ma “senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio”. La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale. Hanno paura di quel Dio di cui si son fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative. L’armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell’anima sul corpo è infranta; l’unione dell’uomo e della donna è sottoposta a tensioni; i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all’asservimento. L’armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all’uomo. A causa dell’uomo, la creazione è “sottomessa alla caducità”. Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell’ipotesi della disobbedienza si realizzerà: l’uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto. La morte entra nella storia dell’umanità. Dopo questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera “invasione” del peccato… La Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano continuamente la presenza e l’universalità del peccato nella storia dell’uomo: quel che ci viene manifestato dalla Rivelazione divina concorda con la stessa esperienza. Infatti, se l’uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre anche inclinato al male e immerso in tante miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l’uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create.

La proliferazione del peccato – CCC 1865-1869: Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice. I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l’esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano e san Gregorio Magno. Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l’avarizia, l’invidia, l’ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia. La tradizione catechistica ricorda pure che esistono “peccati che gridano verso il cielo”. Gridano verso il cielo: il sangue di Abele; il peccato dei Sodomiti; il lamento del popolo oppresso in Egitto; il lamento del forestiero, della vedova e dell’orfano; l’ingiustizia verso il salariato. Il peccato è un atto personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo: prendendovi parte direttamente e volontariamente; comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli; non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo; proteggendo coloro che commettono il male. Così il peccato rende gli uomini complici gli uni degli altri e fa regnare tra di loro la concupiscenza, la violenza e l’ingiustizia. I peccati sono all’origine di situazioni sociali e di istituzioni contrarie alla Bontà divina. Le “strutture di peccato” sono l’espressione e l’effetto dei peccati personali. Inducono le loro vittime a commettere, a loro volta, il male. In un senso analogico esse costituiscono un “peccato sociale”.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Gesù sospirò e disse: “Perché questa generazione chiede un segno?” – Il Creatore del mondo, il Padre, la cui arte è senza pari, ha plasmato da solo una statua vivente: l’uomo che siamo noi; mentre gli idoli sono soltanto l’opera stupida delle mani dell’uomo. Immagine di Dio è il suo Logos, il suo Verbo…, e immagine del Logos è l’uomo vero, lo spirito che è nell’uomo, di cui si dice, per questo motivo che è stato fatto “a immagine di Dio e a sua somiglianza” (Gen 1,26), paragonato al Verbo divino a motivo dell’intelligenza del suo spirito. Ricevete quindi l’acqua spirituale, voi che siete ancora nei peccati, purificatevi, aspergendovi dell’acqua della verità; vi occorre essere puri per salire in cielo. Tu sei uomo, ciò che esiste di più universale; ricerca dunque il tuo Creatore. Tu sei figlio, ciò che esiste di più personale; riconosci tuo Padre. Ma se persisti nel tuo peccato, a chi dirà il Signore: “Il Regno dei cieli è vostro” (Mt 5,3)? È vostro, se lo volete… Come salire in cielo, si domanda? La via, è il Signore (Gv 14, 16); via stretta (Mt 17, 13), che viene dal cielo; via stretta che conduce al cielo; via stretta disprezzata sulla terra, via larga adorata nei cieli» (San Clemente d’Alessandria).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Che cosa è il peccato? – Paolo VI (Udienza Generale, 12 Febbraio 1975): È il conflitto della nostra volontà, di esseri liberi e responsabili, ma nello stesso tempo di esseri creati e piccoli, con la volontà sovrana, buona e paterna di Dio. È un’azione sbagliata, vista nel suo aspetto religioso. È l’offesa, volontaria e cosciente, al rapporto che, volere o no, intercorre fra la nostra vita e la legge di Dio. Chi pensa e comprende questa trascendente ripercussione del nostro operare su la vigilante presenza giusta e amorosa di Dio, sa che cosa è il peccato; anzi ne avverte l’insondabile e abissale gravità; ricordate le parole del «figliolo prodigo» nella celebre parabola evangelica, vero specchio del dramma del peccato: «Padre, io ho peccato contro il cielo e contro di Te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio» (Lc 15,18-21). Il peccato è simultaneamente offesa a Dio e rovina di chi lo commette (cfr. S. THOMAE Summa Theologiae, I-IIæ, 55, 1 et 2). Una rovina, mentre ancora siamo nella vita presente, non totale; l’uomo resta uomo, cioè capace di ragionare, naturalmente inclinato al bene, debilitato però a perseguirlo con forze naturali intatte; l’esperienza del male, che tanti, anche educatori, credono utile alla formazione della coscienza umana, è come una malattia che, potendo, dovremmo risparmiare all’uomo, al giovane specialmente, già infermo per le conseguenze del peccato originale, e ancora inesperto nel ricorso alle risorse della coscienza morale.

Santo del giorno: 18 Febbraio – San Francesco Regis Clet, Martire in Cina: “Nato a Grenoble, Francia, nel 1748, è docente di teologia morale presso il seminario di Annecy (Alta Savoia). Ordinato nel 1773, a 25 anni, appartiene alla Congregazione della Missione, fondata a Parigi nel 1625 da san Vincenzo de’ Paoli. Francesco Régis diventa insegnante, e sui 40 anni i superiori lo chiamano a guidare il Seminario vincenziano di Parigi, dove vive la prima fase della Rivoluzione francese. Nel 1791, a 43 anni, chiede di andare missionario in Cina. Dopo cinque mesi arriva nella portoghese Macao, dove agli inizi del XVIII secolo i cattolici erano 300 mila, grazie ai primi imperatori manciù della dinastia Ching che hanno consentito le missioni. Ma quando arriva padre Francesco Régis si è diffusa la diffidenza verso l’Occidente, dal quale provengono i missionari. E tra il 1805 e il 1811 la diffidenza diventa persecuzione aperta che colpisce anche padre Francesco. Nel 1818 lo denuncia, per soldi, un cristiano rinnegato. È il giugno del 1819. Lui ha 71 anni, ma davanti al carcere e alla tortura non cede. Per questo verrà ucciso” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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