15 Febbraio 2019 – Venerdì, V del Tempo Ordinario – (Gen 3,1-8; Sal 31[32]; Mc 7,31-37) – I Lettura: Nella figura del serpente, la Tradizione sapienziale, il Nuovo Testamento e la Tradizione cristiana vi hanno riconosciuto il diavolo. Si può notare come il serpente agisce contro il volere Divino. “L’autore presenterebbe sotto forma di dialogo tra il serpente e la donna ciò che è il risultato di un processo umano” (Bibbia di Gerusalemme, nota). Vangelo: Gesù prepara l’ammalato alla guarigione con dei gesti, che per noi diventano simbolici. “Effatà = Apriti’’, è uno dei momenti simbolici eseguiti durante il Battesimo. Attraverso il rito dell’Effatà riceviamo la capacità di ascoltare e proclamare la parola di Dio.
Fa udire i sordi e fa parlare i muti – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Riflessione: «… gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua». I gesti che Gesù compie sono funzionali alla guarigione di un sordomuto: proprio per questa sua disabilità, questi non poteva ascoltare il Cristo, né esprimergli la fede in lui. Non può Gesù dire: «Sia fatto secondo la tua fede», perché il pover’uomo non può ascoltarlo e non può esprimersi. Quando le parole servono a nulla, vi sono molti altri modi per esprimersi, per comprendersi e instaurare un rapporto. Gesù aveva bisogno di istaurare un tale rapporto, perché l’infermo si potesse aprire alla grazia della guarigione, ma non poteva farlo tra la calca e la confusione della gente. Ecco perché «lo prese in disparte, lontano dalla folla», per poterlo guardare negli occhi; con un sorriso rassicurante, fargli capire che egli è lì per guarirlo, che egli vuole guarirlo e che egli può guarirlo! Pochi istanti di solitudine, di silenzio, che sono istanti di incontro personale, intimo, misteriosamente salutare. Gesù poteva con un solo atto di volontà donargli la salute, invece è lì, in silenzio, in disparte, a guardarlo negli occhi: e questo sguardo può benissimo essere ascritto tra i discorsi più belli del Cristo. Allo sguardo aggiunge dei gesti: tocca le parti che sta per guarire, così da rendere partecipe l’infermo di quanto sta operando, alza quindi gli occhi al Cielo, per indicare che «ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce» (Gc 1,17).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Per leggere il racconto della caduta – CCC 390: Il racconto della caduta (Gen 3) utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all’inizio della storia dell’uomo. La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori.
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici – Catechismo degli Adulti 391-392: L’uomo cede alle lusinghe del serpente, immagine dell’idolatria e in definitiva di Satana; non si fida di Dio; rifiuta di riconoscerlo come Signore della sua vita e norma del suo agire; non tiene conto dell’ordine sapiente, da lui posto nella creazione. Mangia il frutto dell’albero della scienza del bene e del male e così si fa legge a se stesso. Vuole sperimentare tutto e decidere da sé ciò che è bene e ciò che è male; pretende di realizzare, senza Dio e la sua grazia, il proprio desiderio illimitato di vivere; vuole essere praticamente un dio, autosufficiente e onnipotente. Ma l’uomo si ritrova nudo, misero e solo in una terra diventata ostile; si sente umiliato dalla vergogna, minacciato dalla morte, incapace di controllare gli istinti. Il rifiuto della comunione con Dio porta con sé la divisione tra gli uomini stessi. L’armonia originaria con Dio, con se stesso, con gli altri e con la natura è perduta; il ritorno al giardino è sbarrato dalla «fiamma della spada folgorante» (Gen 3,24). L’umanità prende a rotolare verso il basso. Il male dilaga da ogni parte, come il diluvio: «La terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza» (Gen 6,11). La società precipita nella confusione e nella disgregazione: non bastano tecnica e organizzazione a portare a termine la torre di Babele.
Ignorare che l’uomo ha una natura ferita… – Caritas in Veritate 34: La sapienza della Chiesa ha sempre proposto di tenere presente il peccato originale anche nell’interpretazione dei fatti sociali e nella costruzione della società: «Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi». All’elenco dei campi in cui si manifestano gli effetti perniciosi del peccato, si è aggiunto ormai da molto tempo anche quello dell’economia. Ne abbiamo una prova evidente anche in questi periodi. La convinzione di essere autosufficiente e di riuscire a eliminare il male presente nella storia solo con la propria azione ha indotto l’uomo a far coincidere la felicità e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale. La convinzione poi della esigenza di autonomia dell’economia, che non deve accettare “influenze” di carattere morale, ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo. A lungo andare, queste convinzioni hanno portato a sistemi economici, sociali e politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Non c’indurre in tentazione – «“E non c’indurre in tentazione” Signore. C’insegna forse il Signore a pregare di non essere mai tentati? Perché dice altrove: “L’uomo non tentato non è provato” [Sir 34,10; Rm 5,3-4] e di nuovo: “Considerate fratelli suprema gioia quando cadete in diverse tentazioni” [Gc 1,2]? Però entrare in tentazione non è farsi sommergere dalla tentazione. Infatti la tentazione sembra come un torrente di difficile passaggio. Alcuni che nelle tentazioni non si lasciano sommergere l’attraversano. Sono bravi nuotatori che non si fanno trascinare dal torrente; gli altri che tali non sono, entrati ne vengono sommersi. Così, ad esempio, Giuda entrato nella tentazione dell’avarizia non la superò, ma sommerso materialmente e spiritualmente si impiccò. Pietro entrò nella tentazione di rinnegamento, ma superandola non ne fu sommerso. Attraversò [il torrente] con coraggio e non ne fu trascinato. Senti ancora in un altro passo il coro di santi perfetti, che ringrazia di essere scampato alla tentazione. “Tu ci hai provato, o Dio, come l’argento ci passasti al fuoco. Tu ci hai spinto nella rete, tu hai posto sulle nostre spalle le sofferente; tu hai fatto passare gli uomini sulle nostre teste. Abbiamo attraversato il fuoco e l’acqua e ci hai sospinto verso il refrigerio” [Sal 66,10-12]. Vedi che parlano della loro traversata senza essere andati a fondo? [cfr. Sal 69,15]. E tu “ci hai sospinto al refrigerio”. Entrare nel refrigerio è essere liberato dalla tentazione» (Cirillo di Gerusalemme).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il termine «tentazione è reso in ebraico con nasah che significa “mettere alla prova” o “saggiare”. Quando è detto di persone, “significa provocare la reazione di qualcuno al fine di vedere che cosa egli possa fare o voglia fare. Tentazione nel senso comune del termine è l’esame della disposizione di una persona e della sua volontà piuttosto che delle sue capacità» (John L. Mckenzie). La tentazione è l’attività ordinaria del demonio il quale mira ad allontanare l’uomo da Dio mediante il peccato. Un’azione messa in atto solo se lo permette Dio e quasi sempre è imperscrutabile la ragione di tale permissione. Per il Catechismo della Chiesa Cattolica la tentazione «ha una sua utilità. Tutti, all’infuori di Dio, ignorano ciò che l’anima nostra ha ricevuto da Dio; lo ignoriamo perfino noi. Ma la tentazione lo svela, per insegnarci a conoscere noi stessi e, in tal modo, a scoprire ai nostri occhi la nostra miseria e per obbligarci a rendere grazie per i beni che la tentazione ci ha messo in grado di riconoscere» (2847). La tentazione è la condizione della Chiesa “militante”. Essa è già santa, ma bisognosa ancora di purificazione; è già gloriosa, ma ancora da riformare: per questa debolezza terrena essa «si dà alla penitenza e al rinnovamento» (LG 8). Penitenza, una parola che oggi suscita qualche perplessità ed in molte menti evoca fantasmi medievali. Per evitare tale disagio la si è cancellata, quasi del tutto, anche dal linguaggio cristiano. Al dire di Paolo Evdokimov, l’ascesi del nostro tempo «consisterà più che altro nel riposo imposto, nella disciplina della quiete e del silenzio, dove l’uomo ritrova la facoltà di concentrarsi per la preghiera e la contemplazione» e il digiuno, al posto «della macerazione inflitta, sarà la rinuncia gioiosa al superfluo, la sua spartizione con i poveri, un equilibrio sorridente, spontaneo, pacato». Occorre anche questo. Ora, l’uomo non deve convertirsi soltanto dalle notti sregolate passate al bar, ma, innanzi tutto, dal peccato. Non deve astenersi soltanto dal fumo o da qualche spettacolo indecente, ma deve fare molto di più: deve convertirsi dal peccato, rinunciare al male, riprendere la strada della santità. Spostare l’asse di attenzione sarebbe un enorme errore.
Santo del giorno: 15 Febbraio – San Claudio de la Colombiere, Religioso: “Nato a Grenoble, in Francia, il 2 febbraio 1641 era il terzo figlio di un notaio. Brillante negli studi entrò a 17 anni nel noviziato di Avignone della Compagnia di Gesù. A venticinque anni andò a studiare teologia a Parigi e a ventotto fu ordinato sacerdote. Il gesuita Claudio de la Colombière fu superiore del collegio di Paray-le-Monial e confessore delle vicine Suore della Visitazione. Tra esse c’era Margherita Maria Alacoque, propagatrice del culto al Sacro Cuore di Gesù, che sarebbe divenuta santa. Rappresentò una guida sicura per i fedeli, disorientati dalle dispute tra Francia e Roma a causa delle dottrine gianseniste. Venne poi mandato a Londra come cappellano della futura regina Maria Beatrice d’Este. Ma fu arrestato con l’accusa di voler restaurare la Chiesa cattolica in Inghilterra. Espulso, tornò a Paray-le-Monial, dove morì solo tre mesi dopo, il 15 febbraio 1682. È santo dal 31 maggio 1992” (Avvenire).
Preghiamo: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro…