9 Febbraio 2019 – Sabato, IV del Tempo Ordinario – (Eb 13,15-17.20-21; Sal 22[23]; Mc 6,30-34) – I Lettura: Gli ultimi due versetti sintetizzano le linee teologiche della “Lettera agli Ebrei”. Il Dio della pace ha preparato un’alleanza eterna attraverso la risurrezione di Gesù, riconoscendo nel sangue dell’amore versato, un’alleanza eterna. Per noi che crediamo in Lui questa alleanza è impressa nei cuori e il nostro cammino opera i gesti della pace e della volontà di Dio mediante il Cristo. Vangelo: Anche per Gesù, come per ciascuno di noi, occorre a volte avere il coraggio e la forza di prendere le distanze da ciò che si fa, occorre uscire dall’agitazione delle moltitudini, dal rumore delle folle, da quel turbinio di occupazioni che rischiano di travolgerci per ritrovare nel silenzio quella forza che ci viene solamente da Dio.
Erano come pecore che non hanno pastore – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Riflessione: «… da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero». Se volessimo dare un titolo all’episodio evangelico oggi proclamato nella Liturgia della Parola, potremmo sintetizzarlo così: un progetto bello ma andato (forse) male! Tutto inizia con una compassione, quella di Gesù, dinanzi alla fatica degli Apostoli; e tutto finisce con la compassione dello stesso Cristo dinanzi alle folle. Gli Apostoli tornano stanchi dai viaggi intrapresi su mandato stesso del Maestro. Gesù comprende benissimo il loro bisogno di riposo e organizza un buon diversivo: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». E così, detto e fatto, partono: il progetto è bello, finalmente un giorno di quiete, per svuotarsi di tensioni umane e riempirsi di un po’ di silenzio e fraternità. Ma al loro arrivo, trovano la folla che li ha preceduti. E Gesù, detto fatto, cambia programma: dinanzi alle esigenze del prossimo non ci si può schermare dai programmi già fatti ma bisogna essere sempre pronti a stravolgere tutto. Pronti sempre a farci tutto a tutti (cfr. 1Cor 9,19-22), secondo il cuore di Dio.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Anche se vado… – Benedetto XVI (Udienza Generale, 5 Ottobre 2011): Chi va col Signore anche nelle valli oscure della sofferenza, dell’incertezza e di tutti i problemi umani, si sente sicuro. Tu sei con me: questa è la nostra certezza, quella che ci sostiene. Il buio della notte fa paura, con le sue ombre mutevoli, la difficoltà a distinguere i pericoli, il suo silenzio riempito di rumori indecifrabili. Se il gregge si muove dopo il calar del sole, quando la visibilità si fa incerta, è normale che le pecore siano inquiete, c’è il rischio di inciampare oppure di allontanarsi e di perdersi, e c’è ancora il timore di possibili aggressori che si nascondano nell’oscurità. Per parlare della valle “oscura”, il Salmista usa un’espres-sione ebraica che evoca le tenebre della morte, per cui la valle da attraversare è un luogo di angoscia, di minacce terribili, di pericolo di morte. Eppure, l’orante procede sicuro, senza paura, perché sa che il Signore è con lui. Quel «tu sei con me» è una proclamazione di fiducia incrollabile, e sintetizza l’esperienza di fede radicale; la vicinanza di Dio trasforma la realtà, la valle oscura perde ogni pericolosità, si svuota di ogni minaccia. Il gregge ora può camminare tranquillo, accompagnato dal rumore familiare del bastone che batte sul terreno e segnala la presenza rassicurante del pastore.
… riposatevi un po’ – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 3 Febbraio 1988): Gesù Cristo è vero uomo […]. Si tratta di una verità fondamentale della nostra fede. È fede basata sulla parola di Cristo stesso, confermata dalla testimonianza degli apostoli e discepoli, trasmessa di generazione in generazione nell’insegnamento della Chiesa: “Credimus… Deum verum et hominem verum… non phantasticum, sed unum et unicum Filium Dei” (Conc. Lugdun. II: Denz.-Schönm., 852). Più recentemente la stessa dottrina è ricordata dal Concilio Vaticano II, che ha sottolineato il nuovo rapporto che il Verbo, incarnandosi e facendosi uomo come noi, ha inaugurato con ciascuno e con tutti: “Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito, in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo… ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato” (GS 22). Già nella cornice della catechesi precedente abbiamo cercato di far vedere questa “somiglianza” di Cristo con noi, che deriva dal fatto che egli era vero uomo: “Il Verbo si fece carne”, e “carne” (“sarx”) indica proprio l’uomo quale essere corporeo (“sarkikos”), che viene alla luce mediante la nascita “da donna” (cfr. Gal 4,4). In questa sua corporeità Gesù di Nazaret, come ogni uomo, ha provato la stanchezza, la fame e la sete. Il suo corpo era passibile, vulnerabile, sensibile al dolore fisico. E proprio in questa carne (“sarx”) egli è stato sottoposto a terribili torture e infine crocifisso: “Fu crocifisso, morì e fu sepolto”. Il testo conciliare sopracitato completa ancora questa immagine quando dice: “Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo” (GS 22).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Valore della misericordia – “Dio ha tanta premura per la misericordia, che, fattosi uomo e vivendo con noi, non disdegnò e non ebbe vergogna di distribuire lui stesso ciò che serviva ai poveri. Sebbene avesse creato tanto pane e potesse fare, con una parola, tutto ciò che voleva, sebbene potesse allineare tutti insieme centinaia di tesori, non ne fece nulla; invece volle che i suoi discepoli avessero un borsello e che lo portassero appresso, per avere di che soccorrere gl’indigenti. Dio, infatti, fa gran conto della misericordia; non solo della sua, ma anche della nostra verso i fratelli; e fece molte leggi nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, che hanno per oggetto la misericordia in parole, in danaro e in opere. Di questa parla Mosè a ogni passo: questa a nome di Dio proclamano i Profeti – Voglio misericordia e non sacrificio [Os 6,6] -; gli Apostoli dicono e fanno la stessa cosa [Mt 9,13]. Non la trascuriamo, allora; non giova solo ai poveri, giova anche a noi; riceviamo più di quanto diamo” (Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù invita gli apostoli a stare in disparte con lui e a «riposare». Questa chiamata in un luogo in disparte non è una fuga, ma il tentativo di ritrovare un po’ di pace e di intimità in quanto la folla, che seguiva Gesù fin dagli inizi della sua predicazione, li pressava da ogni parte e non lasciava loro «neanche il tempo di mangiare» (Mc 6,31; cfr. Mc 1,33.37.45; 2,2; 3,20.32; 4,1; 5,21.31). Il tema del riposo, caro all’Antico Testamento e che richiama l’ingresso del popolo eletto nella Terra promessa (cfr. Dt 3,20; 12,10; 25,19; Gs 1,13.15), indica la partecipazione al sabato eterno, alla vita stessa di Dio (cfr. Eb 3,11-18; 4,3-11). Nel brano di Marco, anticipa l’immagine di Gesù come ‘buon pastore’ (Gv 10,1ss) che concede il riposo alle sue pecore (cfr. Is 65,10; Ez 34,15; Sal 22,2). Gesù invita ad appartarsi in un luogo solitario, questo luogo potrebbe far pensare al «deserto». Nella sacra Scrittura, il deserto è il luogo ideale dove Dio parla al cuore dell’uomo: il luogo «ove l’aria è più pura, il cielo più aperto, e Dio più familiare… per riposarsi nella preghiera, vivere con gli Angeli e per invocare il Signore e sentirlo rispondere: “Ecco sono qui” [Es 33,4]» (Origene). Ritirarsi con Gesù in un luogo desertico è esigenza essenziale e vitale per ogni comunità missionaria come lo era per Gesù che spesso si ritirava in intima comunione con il Padre. È importante che «Gesù e i Dodici abbiano il tempo per riposarsi, pregare, prender le distanze rispetto alla loro attività e ritrovarsi insieme. Si noti questa sollecitudine molto umana di Gesù. Il riposo, la distensione e anche il tempo di riflessione e di ripresa sono indispensabili a ogni uomo, compresi gli operai del Vangelo» (I quattro vangeli commentati). La solitudine dà ossigeno alla preghiera, ma sopra tutto dona all’apostolo-missionario nuove energie e nuove strategie per una feconda evangelizzazione.
Santo del giorno: 9 Febbraio – Beata Anna Caterina Emmerick, Vergine: Da bambina faceva la pastorella ed avvertì la vocazione a consacrarsi al Signore, incontrando però l’opposizione del padre. Durante la sua giovinezza Dio la colmò di grandi doni, quali fenomeni di estasi e visioni, ma a causa di ciò fu rifiutata da varie comunità. Nel 1802, a 28 anni, con l’aiuto dell’amica Clara Soentgen ottenne di entrare nel monastero delle Canonichesse Regolari di S. Agostino di Agnetenberg presso Dülmen. La vita in monastero fu per lei molto dura, perché non era della stessa condizione sociale delle altre e ciò le veniva fatto pesare, come pure le si rimproverava di essere stata accolta dietro insistenti pressioni. Inoltre soffrì di varie infermità ed in conseguenza di un incidente del 1805 fu costretta a stare quasi continuamente nella sua stanza dal 1806 al 1812. Da contadina riusciva a tenere nascosti i fenomeni mistici che si manifestavano in lei, ma nel monastero alcune suore per zelo o per ignoranza la fecero oggetto di insinuazioni maligne e sospetti di ogni genere. Nel 1811 il convento fu soppresso dalle leggi napoleoniche. Anna Caterina Emmerick si mise allora al servizio del sacerdote Giovanni Martino Lambert, nella cui casa, verso la fine del 1812, i fenomeni mistici si moltiplicarono e ricevette le stigmate. Per due mesi riuscì a tenerle nascoste, ma il 28 febbraio 1813 non poté lasciare più il letto, che diventò il suo strumento di espiazione per i peccati degli uomini, unendo le sue sofferenze a quelle della Passione di Gesù. Ebbe visioni riguardanti la vita di Gesù e di Maria, ma soprattutto della Passione di Cristo, da cui ha preso spunto per il suo celebre film il regista Mel Gibson. La mistica fece individuare la presunta casa della Madonna ad Efeso e il castello di Macheronte nel quale sarebbe stato decapitato san Giovanni Battista. San Giovanni Paolo II l’ha dichiarata Beata il 3 ottobre 2004.
Preghiamo: Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te…