febbraio, Liturgia

V Domenica del Tempo Ordinario (C) 10 Febbraio 2019

Antifona d’ingresso

Venite, adoriamo il Signore, prostrati davanti a lui che ci ha fatti; egli è il Signore nostro Dio. (Sal 95,6-7)

Colletta 

Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure: 

Dio di infinita grandezza, che affidi alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di portare agli uomini l’annunzio del Vangelo, sostienici con il tuo Spirito, perché la tua parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra. Per il nostro Signore Gesù…

 

Prima Lettura         Is 6,1-2.3-8

Eccomi, manda me!

Mentre il peccato fa sì che l’uomo si chiuda in se stesso, nei suoi desideri egoistici, la purificazione lo rende capace di ascoltare la voce di Dio che esprime il desiderio di mandare qualcuno a Israele. La reazione di Isaìa è immediata: «E io risposi: Eccomi, manda me!». La vocazione comprende dunque due movimenti: quello di Dio che si rivolge all’uomo e quello dell’uomo che si mette liberamente a sua disposizione.

Dal libro del profeta Isaìa

Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».     Parola di Dio.

Salmo Responsoriale        Dal Salmo 137 (138)

«Abbiamo in comune con gli angeli il compito di lodare Dio. Diciamo loro: Salmeggiate al nostro Dio, salmeggiate! E sentiamo che ci rispondono: Salmeggiate al nostro re, salmeggiate [Sal 46,6]. I vostri angeli vedono sempre il volto del Padre. Inviati in missione per noi, che siamo gli eredi della salvezza, essi portano in cielo le nostre preghiere e ci riportano la grazia» (San Bernardo).

 

Rit. Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:

hai ascoltato le parole della mia bocca.

Non agli dèi, ma a te voglio cantare,

mi prostro verso il tuo tempio santo. Rit.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:

hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.

Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,

hai accresciuto in me la forza. Rit.

Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,

quando ascolteranno le parole della tua bocca.

Canteranno le vie del Signore:

grande è la gloria del Signore! Rit.

La tua destra mi salva.

Il Signore farà tutto per me.

Signore, il tuo amore è per sempre:

non abbandonare l’opera delle tue mani. Rit.

Seconda Lettura        1Cor 15,1-11 (forma breve 15,3-8.11)

Così predichiamo e così avete creduto.

La risurrezione di Cristo significa che Dio ha riabilitato colui che era stato ingiustamente crocifisso, innalzandolo accanto a sé e donandogli una gloria senza fine. In lui è l’umanità intera che ritorna alla comunione con Dio. Il peccato è dunque vinto e quel regno di Dio che Gesù aveva annunziato durante la sua vita terrena è inaugurato.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! [A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.] Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. [Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.]     Parola di Dio.

Canto al Vangelo     Mt 4,19

Alleluia, alleluia.

Venite dietro a me, dice il Signore, vi farò pescatori di uomini.

Alleluia.

Vangelo      Lc 5,1-11

Lasciarono tutto e lo seguirono.

“Ci raggiunge sempre alla fine delle nostre notti, il Signore. Ci raggiunge alla fine dei nostri incubi, ci raggiunge quando siamo stanchi e depressi. Ci chiede un gesto di fiducia, all’apparenza inutile, ci chiede di gettare le reti dalla parte debole della nostra vita, di non contare sulle nostre forze, sulle nostre capacità, ma di avere fiducia in lui” (P. Curtaz).

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.  Parola del Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono – Giovanni Paolo II (Lettera, 25 giugno 1993): La povertà evangelica, prima di essere una condizione di vita, è scelta di fede. Gesù è stato autentico modello del povero, perché ha rimesso radicalmente la sua vita nelle mani del Padre. Solo così la sua povertà è diventata uno spazio sgombro in cui Dio ha potuto agire liberamente. Scelta per amore, la povertà diviene un segno molto apprezzato dai “nostri contemporanei che interrogano i Religiosi con particolare insistenza” (Evangelica testificatio 16). È necessario recuperare costantemente lo spirito della beatitudine evangelica, resistendo ad ogni subdola tentazione di efficienza umana. La povertà evangelica, lungi dal sottrarre risorse alla carità, piuttosto le moltiplica, mentre assicura quello stile di umiltà, semplicità e condivisione, che fa sentire i poveri non destinatari di assistenza, bensì fratelli che hanno diritto al nostro amore.

La povertà evangelica – Paolo VI (Udienza Generale, 5 gennaio 1977): Possiamo accennare ad una classifica della dottrina di Cristo sulla povertà, senza pretendere d’aggiungere qualche cosa a ciò che tutti sanno. Ecco, punto primo, quello che si riferisce al criterio teologico del Vangelo sulla povertà. Perché la povertà? per dare a Dio, al regno di Dio, il primo posto nella scala dei valori che fanno oggetto delle aspirazioni umane. Dice Gesù: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33); e lo dice al confronto con tutti gli altri beni temporali, anche necessari e legittimi, che di solito impegnano i desideri umani. La povertà di Cristo rende possibile questo distacco affettivo dalle cose terrene per porre in vetta alle aspirazioni umane il rapporto con Dio. Secondo punto, il criterio ascetico: la povertà, come liberazione dai vincoli degli interessi temporali per dedicare le nostre facoltà alla sequela del Vangelo ed ai doveri della vita cristiana. San Francesco insegni. E terzo punto, il criterio benefico: «Date e vi sarà dato» (Lc 6,38; 11,41). Anche questo è ben noto: la povertà, cioè la privazione di qualche nostro avere, deve farsi pane per i fratelli. È la fonte sociale, che scaturisce dalla povertà, e che sa valorizzare il lavoro, il risparmio, la ricchezza, e la relativa generosa rinuncia per mantenere la carità, per sostenere l’amore fra gli uomini, l’assistenza fraterna. Questa lezione evangelica della povertà è oggi d’attualità! Che ciascuno l’ascolti appunto con cuore capace di amare, ripensando ad una parola di S. Paolo, ch’egli dice uscita dalle labbra di Cristo: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,25).

È più difficile rimanere poveri che diventare poveri – Card. Roger Etchegaray (Omelia, 2 maggio 1999): Il Vangelo riassume la vita cristiana nella scelta radicale tra due padroni: «Non potete servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24), dove mammona è la parola con cui Cristo arriva a personificare il danaro, quasi una sorta di anti-Dio. È più difficile identificare mammona che Dio, perché si presenta sotto abiti cangianti, intessuti di finzioni. Bisogna apparire per avere, ecco perché domina la menzogna; e bisogna avere per apparire, ecco perché regna il danaro. Un circolo vizioso nel duplice significato della parola, aggravato oggi dalla corruzione, questa peste dei tempi moderni. Cristo proclama: Beati i Poveri; tale Beatitudine ci è pervenuta in due versioni: una più realista («Beati voi poveri», secondo Luca), l’altra più spiritualista («Beati i poveri in spirito», secondo Matteo). Non bisogna però preoccuparsi troppo delle sfumature prima di aver compreso il pensiero di Cristo nella sua tranquilla pienezza e nella sua terribile nudità, soprattutto in un campo in cui l’illusione della buona fede è da temersi più che altrove. Va tutto bene finché non si tocca la nostra comodità e bastano così poche cose per essere ricchi! Basta un chiodo per appendere lo spirito della proprietà! Non c’è un solo tipo di povertà, uno stile definitivo di povertà. Non si è poveri in un modo determinato, non si è poveri una volta per tutte, ma ci vuole una disposizione dell’animo che ci rende liberi nei confronti di tutto, anche della povertà. È più difficile rimanere poveri che diventare poveri.

Preghiera dei Fedeli          (proposta)

Fratelli e sorelle, la missione di essere profeti, cioè di essere i portavoce di Dio, un giorno fu affidata a Isaìa, e Gesù l’affidò ai suoi apostoli. Oggi questa missione è affidata a tutta la Chiesa. Ogni cristiano è chiamato a essere testimone con la sua vita di Gesù e del Padre. Preghiamo insieme e diciamo: Donaci la forza di compiere la nostra missione, Signore.

– Per il Papa e i vescovi, successori degli apostoli, chiamati dal Maestro ad essere «pescatori di uomini»: non si scoraggino davanti alle difficoltà, ma continuino a gettare le reti della Parola. Preghiamo. Rit.

– Per coloro che Dio chiama al sacerdozio: chiedano ogni giorno a Cristo la forza per realizzare la loro vocazione di essere di Gesù in mezzo ai fratelli. Preghiamo. Rit.

– Per la nostra comunità cristiana: celebrando la morte e la risurrezione del Signore, trovi nuova forza per essere una comunità missionaria, aperta e accogliente. Preghiamo. Rit.

Celebrante: Signore Gesù, aiutaci ad essere missionari con la nostra vita. Aiutaci al annunciare che oggi è il tempo favorevole in cui Dio vuol essere nostro Padre e vuole che viviamo come fratelli e sorelle. Tu che vivi…

Preghiera sulle offerte

Il pane e il vino che hai creato, Signore, a sostegno della nostra debolezza, diventino per noi sacramento di vita eterna. Per Cristo nostro Signore.

Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario V       (proposta)

La creazione loda il Signore.

È veramente cosa buona e giusta renderti grazie e innalzare a te

l’inno di benedizione e di lode, Dio onnipotente ed eterno.

Tu hai creato il mondo nella varietà dei suoi elementi,

e hai disposto l’avvicendarsi dei tempi e delle stagioni.

All’uomo, fatto a tua immagine, hai affidato le meraviglie dell’universo,

perché, fedele interprete dei tuoi disegni,

eserciti il dominio su ogni creatura,

e nelle tue opere glorifichi te,

Creatore e Padre, per Cristo nostro Signore.

E noi, con tutti gli angeli del cielo, innalziamo a te il nostro canto,

e proclamiamo insieme la tua gloria: Santo…

 

Antifona alla comunione

Rendiamo grazie al Signore per la sua misericordia, per i suoi prodigi verso i figli degli uomini; egli sazia il desiderio dell’assetato e ricolma di beni l’affamato. (Sal 107,8-9)

Oppure: 

Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. (Mt 5,5-6)

Oppure: 

“Maestro, tutta la notte abbiamo faticato invano, ma sulla tua parola getterò la rete”. (Lc 3,5)

Preghiera dopo la comunione

O Dio, che ci hai resi partecipi di un solo pane e di un solo calice, fa’ che uniti al Cristo in un solo corpo portiamo con gioia frutti di vita eterna per la salvezza del mondo. Per Cristo nostro Signore.

Un po’ di pane per camminare

Al centro di questa Liturgia domenicale abbiamo la volontà di Dio di associare l’uomo alla propria missione salvifica.

All’interno di questo quadro troviamo due dinamiche: da una parte le letture ci descrivono l’azione di Dio nella vita dell’uomo come irruzione, che ci richiamano all’impegno che questa presenza richiede; dall’altra questa irruzione, nelle tre letture, rimanda alla reazione dell’uomo davanti a Dio, dove l’incontro col Dio trascendente rimanda l’uomo alla chiara percezione del proprio peccato, ciononostante permanga la missione da parte di Dio stesso.

Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio”. Nella traduzione di Lc non viene mai reso in italiano un verbo che troviamo spessissimo all’inizio dei suoi brani: “Eghéneto dè – ora avvenne”. Questo verbo sta ad indicare due cose: da una parte vuole suscitare l’attenzione del lettore davanti ad una manifestazione del Signore; dall’altra, in un’e-poca nella quale nello scrivere non si usava la punteggiatura, serviva come stratagemma letterario per indicare il passaggio da un brano all’altro.

La folla gli faceva ressa attorno”. Qui la traduzione italiana è certamente edulcorata. Lc usa il verbo “epíkeimai – giacere su o sopra, riposare su, essere posato o messo su; metaf. di uomini: fare pressione su”. In questo caso, se volessimo tradurre in maniera letterale, dovremmo scrivere che la folla “giaceva sopra”; Lc insiste sulla presenza e sull’attenzione delle folle alla predicazione di Gesù. Il fatto è impressionante e sorprendente, soprattutto se osservata attraverso il confronto con il popolo religioso del nostro tempo.

Gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio”. L’espressione “o lógos tou Theou”, espressione già usata nel prologo lucano per indicare la parola di Dio come la Parola per eccellenza (cfr. Lc 1,2), vuole mostrare Gesù come l’Inviato di Dio, che parla a posto suo. Attraverso l’azione di mediazione divina di Gesù, anche coloro che ascoltano la parola possono divenirne dei portatori. La folla fa ressa per ascoltare la Parola di Dio; è affamata di Parola. Non per vedere miracoli. Hanno compreso dall’evi-denza dei discorsi di Gesù, dall’autorità e dalla sapienza di Lui, che Egli è il profeta atteso, mediante il quale Dio stesso parla la Parola sua divina.

Conosciamo l’Opus Matris Verbi Dei

Capitolo 8

La formazione specifica dei candidati al sacerdozio

Art. 166 – Nelle modalità di ammissione sia ai ministeri che agli ordini sacri si seguano le seguenti fasi:

– colloquio del candidato con il Responsabile dello Studentato;

– domanda redatta e firmata personalmente dal candidato (cfr. Can 1034);

– parere espresso per iscritto dal Responsabile e dalla comunità formativa;

– autorizzazione previa del Responsabile Generale con il consenso del suo Consiglio per l’ammissione agli ordini sacri.

 

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